Palestina. Nel 2023 ci ritroviamo ancora, dopo 75 anni, ad avere ancora a che fare con il conflitto forse più complicato della storia del mondo. Un conflitto che, iniziato nel 1948, oggi sta attraversando probabilmente la sua fase più atroce. Da un mese è in corso un vero e proprio genocidio del popolo palestinese. Storicamente i vincitori scrivono la storia attraverso la loro percezione, ma attraverso l’arte gli artisti possono raccontare e mostrare le loro verità, la loro narrativa. Per la Rubrica Arte di oggi, vi parleremo di quattro artisti palestinesi contemporanei che nonostante appartengano a generazioni differenti, hanno tutti vissuto lo stesso dolore. Celebrando la loro arte speriamo di poter restituire loro un po’ della visibilità che meritano.
L’arte palestinese contemporanea: quattro artisti
Il primo artista di cui vogliamo parlare è Silman Mansour. Artista palestinese, nato nel 1947, è considerato una figura di spicco tra gli artisti palestinesi contemporanei. Con le sue opere tra realismo e immagini metaforiche, mantiene in vita l’identità del suo popolo oppresso. La sua arte è stata persino censurata, con alcune sue opere andate perdute o distrutte. Lui, in un’intervista, definisce così la sua arte:
“Non definisco la mia arte come arte di resistenza, traggo le idee per la mia arte da ciò che vedo e vivo. Quando il tuo occupante ti dice che non esisti e che non hai una storia, questo ci fa arrabbiare e così molti dipinti riguardano l’identità. Per i sionisti è più facile negare la tua esistenza, perché così sarà più facile per loro prendere la tua terra, ucciderti, renderti rifugiato e imprigionarti. Così, rappresentare la nostra identità è un modo per difenderci”. thedailycases.com
Le opere che abbiamo scelto rispecchiano proprio questo. In particolare “A woman carrying Jerusalem” del 1979.
“Il modo in cui la donna abbraccia il cuore della patria palestinese somiglia alla resilienza e alla forza del popolo palestinese, che porta avanti la propria causa ovunque vada. Il modo in cui persone di diversa estrazione e nazionalità si riuniscono in tutto il mondo per esprimere il loro rifiuto della carneficina di Gaza dimostra che la causa palestinese è nel cuore di ogni persona con un seme di umanità, e lo porterà con sé finché la Palestina non sarà libera”. Profilo IG
Cambiano le generazioni ma il dolore è sempre uguale
Facciamo un salto generazionale non da poco, per arrivare ad una giovanissima artista nata e cresciuta nella Striscia di Gaza, dove è già sopravvissuta a quattro attacchi sionisti. Nata nel 1999, Malak Mattar è il volto fresco dell’arte contemporanea palestinese. Non è facile essere un artista in Palestina. I materiali sono difficili da reperire, alcuni colori non sono ammessi. I pochi materiali che si trovano sono costosi e soprattutto la censura esercita un grande potere sulle decisioni artistiche. Malak, però, ha reso il dolore e la resilienza i protagonisti dei suoi dipinti. Con la sua arte ha voluto soprattutto dare un volto alle donne di Gaza, alla lotta per i diritti umani e alla speranza di ricongiungersi alla propria terra.
Torniamo indietro di 69 anni e parliamo di Ismail Shammout, famosissimo artista palestinese che ha concepito e istituito il Dipartimento delle Arti dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Nato nel 1930 a Lydda, nel 1948, lui e la sua famiglia erano tra i 25.000 residenti espulsi dalle loro case dall’occupazione israeliana. La famiglia si è trasferita nel campo profughi a Gaza. Quando nel 1950 Shammout andò al Cairo e si iscrisse al College of Fine Arts, intraprese la sua brillante carriera artistica. Dopo essere tornato a Gaza nel 1953, tenne la sua prima mostra, che fu un grande successo. Il compito della sua arte è quello di raffigurare la sofferenza delle condizioni di vita dei palestinesi, degli orfani, dei padri che combattono e cadono sul campo, rappresentare il ruolo degli anziani nella comunità. Morto nel 2006 ha dichiarato:
“…non posso rinunciare alla Palestina, alla sofferenza della Palestina, alla gioia della Palestina…la vita è bella e dobbiamo viverla..l’ uomo palestinese è superiore alla sofferenza che vive perché ama la vita”.
Palestina, l’arte come strumento per esistere e resistere
L’ultima artista che vi presentiamo è Laila Shawa. L’artista “islamo-pop”. Morta l’anno scorso, all’età di 82 anni, è considerata la “madre dell’arte rivoluzionaria araba“. Conosciuta per la sua fusione tra arte e attivismo, della sua arte ha dichiarato:
“La mia ispirazione sono le mie esperienze dirette. Di solito è quello che vedo, quello che mi circonda, quindi è contemporaneo. Preferisco fare il presente, ora, con questioni che sono molto rilevanti… la mia opera d’arte è un processo creativo, una miscela di processi intellettuali, osservazioni“.
Shawa è una delle artiste più affermate della Palestina e il suo lavoro continua ad influenzare la scena artistica contemporanea. I suoi lavori includono dipinti, sculture, serigrafie, attraverso le quali l’artista riflette, e fa riflettere, sulla politica del suo paese, mettendo in particolare evidenza le ingiustizie e le persecuzioni subite e percepite.
L’Arte è da sempre un veicolo per la storia. Non è solo bella da vedere. A volte è anche uno strumento per sopravvivere ed un modo per affermare la propria identità. L’arte, come in caso di artisti che hanno vissuto in periodi storici di grandi conflitti, può essere un mezzo per distaccarsi dalle atrocità vissute o per testimoniarle. L’arte è un potente mezzo che può permettere a chi la produce di mantenere viva la memoria su di sé e sul proprio mondo. Con questa piccola selezione di artisti contemporanei, originari della Palestina, vogliamo omaggiare, a modo nostro, questa terra e questo popolo che non trova ancora pace. Non servirà a riportare in vita le migliaia di persone uccise brutalmente. Non servirà ad alleviare le pene di chi è sopravvissuto. Servirà però a celebrare la bellezza di un popolo che vuole esistere e attraverso i suoi artisti rivendica il diritto di vivere in pace.
Ilaria Festa
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