Pandemia: inizia con questo sostantivo la rubrica ClassicaMente, che tratterà gli insegnamenti e l’etica di quella cultura classica che tanto appartiene alla nostra penisola. In questo primo numero di ClassicaMente, si parlerà delle famose pandemie, visto il momento di emergenza sanitaria che sta verificandosi in Italia. Fra i maggiori nomi dell’antichità che trattarono tali argomentazioni: Tucidide e Lucrezio.
Pandemia: Tucidide, precursore della letteratura delle epidemie
Pandemia, epidemia, peste: sostantivi che fanno paura ancora oggi, e che furono il peggior male degli uomini vissuti nei secoli scorsi; esiste un vero e proprio filone letterario che riprende la descrizione di situazioni pandemiche. Fra questi, nomi come Saramago, Boccaccio, Camus. Ma il precursore della letteratura della pandemia, fu proprio lo storico greco Tucidide, la quale descrisse la peste di Atene del 431–430 a.C.
Lucrezio, poeta latino, prese spunto dalla pandemia letteraria trattata dal suo predecessore, e successivamente anche gli autori menzionati in precedenza. Tuttavia, è bene fare un confronto fra lo storiografo greco e lo scrittore latino. Entrambi descrivono la peste nelle proprio opere, rispettivamente: Le Storie di Tucidide, ed il De Rerum Natura di Lucrezio.
Pandemia ad Atene, confronto fra Tucidide e Lucrezio
Tucidide è l’inventore della storiografia. Lo storiografo greco si prefigurava di scrivere dei fatti come erano accaduti: descrivere la storia della guerra del Peloponneso fino alla caduta di Atene. La peste raccontata da Tucidide fa da sfondo ad avvenimenti più gravi che si esplicheranno durante la guerra: infatti, la pandemia, avrà delle implicazioni nello sviluppo degli eventi belligeranti. Nel testo tucidideo si riscontrano queste espressioni a riguardo:
”Dica pure, riguardo a questo argomento, ognuno, medico o profano, in base alle proprie conoscenze, quale sia stata la probabile origine, e quali cause ritiene capaci di procurare un siffatto sconvolgimento; io descriverò come (la pestilenza) si sia manifestata, ed esporrò chiaramente quei sintomi dai quali la si possa riconoscere, essendone informati, se colpisse di nuovo, perché io stesso ho avuto la malattia e ho visto gli altri soffrirne.”
Si constata, quindi, che l’intento di Tucidide fu quello di imprigionare fra le parole, nero su bianco, una fotografia della realtà stessa. Lo storiografo patì sulla propria pelle gli stenti e le miserie delle peste. Il suo scopo fu quello di scrivere per i posteri, affinché la sua opera potesse essere utile per un futuro in cui, una tale pandemia si sarebbe manifestata nuovamente.
Lucrezio: l’epicureo poeta che descrisse gli effetti psicologici della peste
L’accezione di pandemia, per il filosofo-poeta latino Lucrezio, è nettamente più complessa: segue fedelmente la storiografia del suo precedessore Tucidide, nella narrazione degli eventi. Tuttavia, vi aggiunge annotazioni che mirano a descrivere gli effetti psicologici che tali eventi traumatici suscitano.
Lucrezio prende in considerazione sia l’animo sofferente degli ammalati, che la popolazione che cerca di sfuggire al contagio. Così scrive nel De Rerum Natura:
“Quanti scansavano d’assistere i loro cari, ed amavano troppo la vita, e temevano troppo la morte, costoro lasciati lì, senza aiuto, poco di poi li abbatteva e li puniva l’incuria di mala morte e schifosa. Ma via contagio e strapazzi portavan chi li affrontava mosso dal punto d’onore e dalla voce implorante dei moribondi, dai gemiti ch’erano misti alla voce: subivano dunque una morte di tale specie i migliori … e contendeva la gente per seppellire nelle fosse altrui le schiere dei suoi: se ne tornavan disfatti per il cordoglio e il pianto: dalla afflizione gran parte poi s’abbattevano a letto: né si sarebbe potuto trovare alcuno che, allora, non fosse colto o dal male o dalla morte o dal lutto”
Gli effetti della peste sono chiari seppur diversificati da persona a persona: chi fuggiva in preda alla paura irrazionale, chi per pietà sfidava il contagio e la morte certa per assistere gli ammalati.