Nel giorno del suo compleanno, una breve analisi su Patrick Ewing, stella e simbolo dei New York Knicks, ricordato troppo spesso come giocatore controverso e opaco, dimenticando i meriti di una carriera tra le migliori nella storia della lega.

Il talento non basta

(Photo credits : CGTN)

Dopo gli ottimi anni nel college di Georgetown, dove era considerato un ragazzo prodigio, Patrick Ewing viene scelto nel 1985 dai Knicks, franchigia in cerca di un simbolo e trascinatore. Il ragazzo è un centro atipico per l’epoca, dotato di una agilità superiore alla media, stupiva soprattutto per la velocità e dinamicità in corrispondenza di un fisico di 213 cm. La lettura di gioco e il rilascio del tiro erano anch’essi nettamente superiori alla maggioranza dei pivot visti sino a quel momento sul parquet. La grande sfortuna di Pat Ewing fu di incontrare durante il suo cammino delle leggende del gioco nei loro anni più luminosi. Nel 1989 i Knicks vennero eliminati dai Bulls di Jordan e Pippen. L’anno dopo fu la Detroit dei “bad boys” (poi campioni NBA) a interrompere i sogni dei knickerbockers. Nei tre anni successivi ci fu la grande rivalità con i Bulls del primo three peat, che però vide sempre gli uomini di Phil Jackson come vincitori. Nel primo anno dopo il ritiro di MJ, Ewing porta New York in finale, ma stavolta ci sono gli Houston Rockets di Olajuwon a interrompere la corsa degli arancio-blu. L’anno dopo ci fu il miracolo dei Pacers di Reggie Miller in Gara 7 e, dopo il secondo three peat Bulls, la finale persa contro gli Spurs. La sua carriera a New York termina tra le critiche e la poca riconoscenza per le 15 stagioni trascorse ai vertici della lega. Non vincerà mai un anello NBA.

Il Madison non perdona

(Photo credits: CBC)

Durante la sua permanenza nella grande mela ha dovuto affrontare diverse critiche dell’esigente pubblico newyorkese. Inizialmente veniva considerato un perdente, un giocatore straordinario non capace però di elevare la mentalità della squadra nei momenti più complessi del gioco. Ewing fu comparato per tutta la sua carriera al pari ruolo Olajuwon, quest’ ultimo considerato migliore e maggiormente efficace, capace di portare Houston al doppio titolo consecutivo. Il facile lay-up sbagliato in finale di conference contro Indiana in Gara 7 durante i Playoff del 1995, decisivo per l’eliminazione, non gli fu perdonato ne dai tifosi e neppure dalla stampa, spesso critica e severa contro Ewing. Un altro episodio controverso fu il raggiungimento della finale nel 1999, ottenuta dai Knicks con il centro infortunato, e un gioco divertente da parte della franchigia, segnale per alcuni che senza Ewing la squadra attingeva un gioco più veloce e imprevedibile.

Il ritorno a Georgetown

(Photo credits: SkySport)

Oggi Ewing è l’ head coach di Georgetown, college con cui ha vinto l’ NCAA da giocatore, squadra che attraversa un periodo non facile e in cerca di rilancio. Dopo il ritiro dal basket giocato ha curato lo sviluppo di alcuni centri esplosi in NBA nel primo decennio del 2000, in particolare Dwight Howard e il cinese Yao Ming. Il futuro non è facile saperlo, ma le sue ambizioni di sedersi su una panchina NBA sono note e New York non partecipa ai Playoff dal lontano 2013: magari un giorno lo vedremo tornare nello spietato Madison, che tanto l’ha amato e tanto l’ha odiato allo stesso tempo.

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