Era il 2 ottobre 1950 quando, negli Stati Uniti, apparvero per la prima volta i Peanuts, destinati a cambiare per sempre il mondo del fumetto. Si trattava della naturale prosecuzione di un lavoro precedente di Charles M. Schulz, Li’l Folks. La tavola domenicale si concentrava sulle vicende di un gruppetto di ragazzini dalle grandi teste e caratterizzati da una consapevolezza sproporzionata per la loro età . Protagonista assoluto era lo sfortunato Charlie Brown, in compagnia del fedele cagnolino Snoopy. L’artista pubblicò l’opera dal 1947 al 1950 su un giornale locale, il St. Paul Pioneer Press. Quando la società United Feature Syndicate notò il suo crescente successo, decise di spostarla su quotidiani più importanti, come il Washington Post e il Chicago Tribune.
Peanuts: storia di un successo editoriale
Il giovane disegnatore dovette sottostare a due condizioni. La prima, riguardava il formato della striscia, che venne modificata in quattro pannelli. La seconda, invece, in riferimento al nome. Per questioni di copyright, infatti, Lil’ Folks non poteva essere riutilizzato, e fu scelto peanuts; il termine indicava, in teatro, il settore con i posti più economici , ed era usato anche per indicare il pubblico composto da bambini. Schulz non fu felicissimo di questa iniziativa, come confessò, anni dopo, in un’intervista: «è un nome totalmente ridicolo, non ha significato, crea confusione e non ha dignità – e io credo che il mio umorismo abbia dignità ». Nonostante le riserve, accettò le modifiche e diede ufficialmente vita al microcosmo che tutti, nel tempo, abbiamo imparato ad amare.
Dopo un biennio in sordina, i Peanuts esplosero a livello nazionale. Nel 1952 finirono anche in libreria, nella prima delle numerose raccolte ad esse dedicate. I lettori si appassionano trasversalmente alle avventure di quei “piccoli adulti”, specchio delle emozioni umane, bambini nelle fattezze, ma con la mente riflessiva e a tratti malinconica di un adulto fatto e finito. Oltre diciassettemila strisce, tradotte in cinquantuno lingue su un totale di duemilaseicento pubblicazioni, sparse in ben settantacinque Paesi. Numeri da capogiro per l’autore, che aveva iniziato a lavorarci su ad appena ventisette anni.
Un amore lungo cinquant’anni
Schulz ha disegnato ininterrottamente la striscia per cinquant’anni anni, senza mai avvalersi di aiuto o di assistenti, neanche per i testi e per la colorazione. Solo nel 1999, ormai stando, ha deciso di ritirarsi a vita privata. Il saluto al suo pubblico, naturalmente, è stato in puro stile Peanuts e l’ingrato compito è stato affidato a Snoopy. Nell’ultima striscia, infatti, ha fatto scrivere all’aspirante romanziere a quattro zampe la seguente lettera:
«Cari amici,ho avuto la fortuna di disegnare Charlie Brown e i suoi amici per quasi 50 anni. È stata la realizzazione di tutte le ambizioni della mia infanzia. Sfortunatamente non sono più in grado di mantenere il ritmo di programmazione di una strip quotidiana. La mia famiglia non desidera che i Peanuts siano continuati da un altro perciò annuncio il mio ritiro. In tutti questi anni sono stato riconoscente per la correttezza dei nostri editori e il meraviglioso sostegno e affetto espressomi dai fan del fumetto. Charlie Brown, Snoopy, Linus, Lucy… come potrei mai dimenticarli…».
L’ultimissimo episodio realizzato risale al 3 gennaio 2000, ed è uscito il giorno dopo la morte dell’artista, avvenuta il 12 febbraio successivo.
I bambini di Charles Schulz, personaggi in cui identificarsi
Ma qual è il segreto di questi bimbi saggi e sognatori? Perché, nonostante siano trascorsi decenni dal debutto dei Peanuts, la loro allure non accenna a diminuire? La risposta al quesito, curiosamente, arriva dallo stesso fumettista. Come dichiarato nel lontano 1961 alla CBC, «Credo che Charlie Brown sia composto da qualcosa che è in ognuno di noi. E soprattutto da me. Charlie Brown sono soprattutto io. Sarebbe facile occuparsi dei vincenti, ma la verità è che non sono che un’esigua minoranza rispetto a tutti gli altri. La maggior parte di noi perde, e soprattutto noi meritiamo una storia».
Ogni personaggio nato dalla sua matita, ognuno in modo diverso, riflette paure, desideri e personalità in cui possiamo identificarci con facilità . L’ambizione di Snoopy, la filosofica parlantina di Linus, che però ha bisogno della sua copertina per sentirsi al sicuro, il carattere brusco, ma ingenuo, della frizzante Sally. E ancora Piperita Patty, ruvida ma buona, con la immancabile Marcie, che la chiama capo e vede in lei un punto di riferimento, anche se, tutto sommato, è lei a guidare l’amica o Replica, fotocopia del fratellone Linus, che scopre il mondo dal suo seggiolino.
I Peanuts siamo noi
Tutti abbiamo avuto la nostra “ragazzina dai capelli rossi” alla quale non siamo riusciti a dichiararci; tutti, da piccini e non, abbiamo avuto un Grande Cocomero in cui credere ciecamente; tutti, presto o tardi, ci siamo scontrati con un temibile Barone Rosso. Quando Charlie Brown confida «Penso di aver paura di essere felice perché, ogni volta che lo sono, succede qualcosa di brutto.», possiamo capirlo alla perfezione; quando Linus stringe forte a sé la sua coperta, vorremmo abbracciarlo ed essere a nostra volta abbracciati. Quando Lucy Van Pelt, probabilmente la più complessa tra le “noccioline” di Schulz, ripete il suo mantra «Quando sei in dubbio, attacca una lagna!» noi ridiamo, ma poi la vediamo sciogliersi davanti all’imperturbabile pianista Schroeder, e sappiamo che la sua corazza da acida e dura è solo una forma di autodifesa e che anche la “World’s crabbiest female” ha le sue fragilità e vuole soltanto un po’ d’amore, come chiunque altro.
Charlie, Lucy, Linus, Woodstock, PigPen; le loro storie, raccontate con maestria da Schulz, sono anche le nostre. I Peanuts, in fondo, siamo noi; imperfetti, spaventati dal mondo ma, nel profondo, irriducibili bambini con dei sogni nascosti in un cassetto che, prima o poi, speriamo di poter aprire.
Federica Checchia
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