Il conto alla rovescia è partito venerdì. Gli Stati Uniti si aspettano che l’Iran effettuerà «attacchi contro molteplici obiettivi all’interno di Israele» in risposta al raid israeliano sul consolato di Damasco e che nell’operazione «potrebbero essere coinvolti alleati di Teheran». Lo hanno riferito alla Cnn un alto funzionario dell’amministrazione Biden e una fonte vicina all’intelligence Usa. Non è dunque più questione “se” ci sarà l’attacco, ma “quando”. Con il rischio di un’escalation dagli esiti preoccupanti e imprevedibili su tutto il Medio Oriente.

Le preoccupazioni per una minaccia «reale e fattibile» sono state espresse dal portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, senza fornire dettagli sui tempi dell’operazione militare, data però per imminente. Fonti riservate citate dal New York Times hanno spiegato che il regime degli ayatollah sta facendo il possibile per tenere coperte le informazioni, puntando non sull’effetto sorpresa, ma lasciando aperte numerose opzioni così da tenere le forze armate israeliane impegnate a prevenire una vasta gamma di opzioni, così da poter poi puntare su qualche smagliatura.

Già in mattinata tutte le principali cancellerie sembravano rassegnate. Numerosi Paesi occidentali hanno invitato i propri connazionali a non intraprendere viaggi verso Israele, Palestina e Libano. Il ministro degli Esteri italiano ha fatto sapere di una «lunga telefonata con il ministro degli Esteri dell’Iran sul Medio Oriente. Ribadita la posizione del governo in favore della pace e per la de-escalation. Ho esortato Teheran alla moderazione – ha spiegato Antonio Tajani sui social network –. Confermata la necessità di garantire l’incolumità delle forze militari italiane in Libano e delle nostre navi mercantili nel Mar Rosso».

All’Iran dunque sono state poste condizioni perché l’attacco contro Israele non innescasse eventi a catena dagli effetti incontrollabili. «I nostri nemici pensano di poter dividere Israele e gli Stati Uniti, ma è vero il contrario», ha rimarcato in serata il ministro della Difesa di Tel Aviv, Yoav Gallant, che davanti a una ipotesi data ormai per ineluttabile ha rassicurato la popolazione: «Siamo pronti a difenderci a terra e in aria, in stretta collaborazione con i nostri partner, e sapremo come rispondere». Le forze armate israeliane (Idf) e il Mossad, il servizio segreto per le operazioni all’estero, hanno approvato i piani per una risposta militare.

Israele e Usa avevano mostrato di essere d’accordo nel ritenere che un attacco iraniano, se diretto verso il territorio di Israele, sarebbe stato scatenato con diversi ordigni aerei per tentare di superare la barriera difensiva “Iron Dome”. In caso di attacchi simultanei da più lati e con diverse tipologie di arma, la “cupola d’acciaio” israeliana soffrirebbe le raffiche simultanee. Secondo l’intelligence occidentale Teheran stava pianificando il lancio di missili balistici, missili da crociera e droni d’attacco.

Israele resta in stato di massima allerta su tutto il territorio nazionale per il rischio di un imminente attacco da parte dell’Iran. Lo riferiscono le Forze di difesa israeliane (Idf). “Siamo pronti per l’attacco e la difesa utilizzando varie capacità di cui dispongono le Idf, e pronti anche con i nostri partner strategici”, ha dichiarato il portavoce delle Idf, il contrammiraglio Daniel Hagari. “Siamo in allerta, altamente preparati per vari scenari e valutiamo costantemente la situazione”.

Annunciando che “non vi è alcuna modifica alle istruzioni del Comando del fronte interno”, Hagari ha sottolineato che “un attacco dal territorio iraniano sarebbe una prova evidente delle intenzioni iraniane di aggravare la situazione in Medio Oriente e di smettere di nascondersi dietro i proxy”. “Abbiamo una capacità di difesa a più livelli che si è dimostrata valida durante la guerra, con migliaia di intercettazioni riuscite”, ha aggiunto il portavoce, pur ammettendo che “la difesa non sarà mai ermetica”.