Con un articolo pubblicato ieri sul Sole24Ore, il Ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e il Segretario Nazionale della FIM-CISL Marco Bentivogli lanciano un “Piano Industriale per l’Italia delle Competenze”.

Un dirigente d’azienda e un sindacalista, nell’accezione comune, dovrebbero trovarsi sempre su un terreno di scontro. Non è così per Carlo Calenda e Marco Bentivogli: uno è il Ministro dello sviluppo economico, l’altro il segretario dei metalmeccanici della CISL. Nessuno dei due è candidato alle elezioni. Forse per questo, sulle pagine del Sole24Ore, offrono proposte interessanti per il rilancio economico dell’Italia.

Partono dall’assunto che il 2018 potrebbe essere «un anno potenzialmente critico per la tenuta finanziaria del Paese», mostrando la realtà dei fatti e suggerendo un corpus di interventi sistemici per la prossima legislatura.

Il piano si fonda su tre pilastri: competenze, impresa, lavoro. Tiene conto della rivoluzione digitale, evidenziando dati preoccupanti sul divario digitale nella forza lavoro (solo un quarto di essa è in possesso di skills elevate) che posizionano l’Italia molto al di sotto della media UE. Quindi propongono di inserire la formazione direttamente nei contratti, riconoscendola come diritto soggettivo dei lavoratori.

Nonostante approvino gli interventi che hanno portato alla crescita di export (+7%) e investimenti industriali (+11%), mettono in luce la fragilità del tessuto produttivo. Della catena globale del valore fanno parte solo circa 1/5 delle imprese italiane. A questo si aggiungono le differenze di performance tra territori e tipologie di aziende, oltre che un contesto svantaggioso rispetto ai competitori internazionali (costo energia, accesso alla banda larga, mercato del lavoro troppo centralizzato).

Le azioni del piano

Il Ministro e il sindacalista propongono di partire dalle politiche degli ultimi due governi e delineare un sentiero virtuoso che porti crescita e opportunità per gli investimenti:

  • riduzione dei contratti nazionali  progressivo slittamento verso il decentramento contrattuale, creando contestualmente nuove tutele, soprattutto un salario minimo legale per settori esterni alla contrattazione collettiva
  • la strategia energetica nazionale deve puntare alle energie rinnovabili per creare una nuova specializzazione industriale, anche in vista dell’abbandono del carbone (previsto nel 2025)
  • nuove regole trasparenti di concorrenza sui servizi locali e concessioni (dalle autostrade alle spiagge), evitando proroghe e introducendo misure in difesa degli operatori più piccoli
  • investimenti sulla banda larga, attraverso l’ammodernamento della struttura esistente e l’affidamento a un unico operatore, garantendo però concorrenza e neutralità all’offerta retail
  • accordi di libero scambio, regole condivise sul commercio internazionale, recupero dell’attrattività dell’Italia con la contestuale difesa dell’interesse nazionale da azioni speculative o di acquisizione predatoria.
  • potenziamento del piano sul Made in Italy in direzione dell’e-commerce e dell’aumento delle imprese coinvolte

L’articolo stride con i toni di questa campagna elettorale, dove al grido “aboliamo tutto” i leader fanno a gara per accaparrarsi l’elettorato. Forse aveva ragione Kruscev quando diceva che «gli uomini politici sono uguali dappertutto. Promettono di costruire un ponte anche dove non c’è un fiume»

L’articolo completo sul sito del Sole24ore