Politica arte della Parola

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Di Redazione Metropolitan

Come l’imbastardirsi della parola sia elemento fondante della decadenza della politica stessa

Spesso e volentieri si critica alla Politica italiana una decadenza del registro di linguaggio. Sovente si indica come causa principale un peggioramento generale della lingua italiana. Altre volte, l’attenzione viene rivolta verso l’estrazione sociale dei politici i quali, a differenza della Prima Repubblica, sempre più spesso è popolare. Troppa poca considerazione è però rivolta alla decadenza degli ideali, che vivono e si nutrono proprio del linguaggio e della loro capacità intrinseca di essere espressi. Con il loro venir meno, anche il linguaggio non deve essere necessariamente forbito.
Politica come arte della parola. Tutto ciò però sposta il problema su un altra aspetto: siamo proprio sicuri che la lingua italiana sia il problema ultimo dei nostri parlamentari? Oppure è la carenza di idee che dovrebbe preoccuparci, cui lessico spiccio non è altro che espressione?

Dai discorsi di Craxi al “Vaffa” di Grillo

Tutti gli appassionati di politica non posso non conoscere a memoria il discorso tenuto da Craxi il 3 luglio 1992. Conoscendo perfettamente l’arte della politica come l’arte della parola, egli decise di trascinare con sé nel baratro della giustizia l’intero Parlamento. Il discorso tenuto è un perfetto esempio di come la parola sia lo strumento più potente ed al tempo stesso il più temuto, in grado di decidere le sorti di un Paese intero.
Con l’avvento della Seconda Repubblica e la “discesa in politica” di Silvio Berlusconi, il registro linguistico ha perso il suo fascino universitario, per lasciare spazio alla pragmaticità del mondo borghese. Ecco che, a questo punto, persino i suoi oppositori hanno abbassato il registro linguistico, affidandosi spesso e volentieri ai luoghi comuni, tanto cari tra i tanti a Pierluigi Bersani.

Con la nascita del Movimento Cinque Stelle e l’ascesa della Lega di Matteo Salvini si è quindi giunti ad un totale abbassamento di registro. Il linguaggio diviene popolare, a tratti quasi da strada. Per ottenere consenso forse, oppure solo perché non si conoscono adeguatamente dei registri più alti. E’ su questa scia che hanno trovato spazio i Vaffa Day di Beppe Grillo e più in generale l’intera dialettica pentastellata di opposizione. Un linguaggio che esce dalla pancia, un linguaggio per parlare proprio alla pancia delle persone.

Linguaggio scarso come sinonimo di idee scarse

Non soltanto in politica questa frase trova la sua espressione. Persino durante le interrogazioni agli studenti, quando il linguaggio diviene troppo colloquiale, il dubbio che non si sia studiata la lezione sovviene all’insegnante. Quando si tenta di girare troppo attorno ad un concetto, infatti, spesso e volentieri è perché lo si vuole evitare. Durante un comizio politico il significa è, in fondo, il medesimo.
Linguaggio scarno uguale ad idee scarse. Concetto tanto semplice quanto, generalmente, esatto. Il tutto però risulta preoccupante, soprattutto quando al centro dell’attenzione sono le persone che guidano il nostro Paese. Persone dalle quali ci si attendono spinte propositive maggiori.