Ma davvero i politici spendono per comparire sulle “Home” dei social?
Oggi parleremo di politica ed i costi pubblicitari ad essa collegata, focalizzandoci sullo strumento di nuova generazione: i Social Network.
A dirla tutta, rispetto ai costi che avevano una volta le campagne elettorali quando erano su carta o sulle televisioni erano più elevati. Data la maggior selettività del target ed una platea da cui esso attinge maggiore, oggi essi sono decisamente più contenuti.
Analisi dei dati
Facendo fede ai dati di Open, si nota come principalmente siano focalizzati sulla persona, cui immagine rimanda in sé ad una precisa idea politica. Questo per l’appunto è il caso sia di Matteo Salvini che di Silvio Berlusconi. I due insieme hanno speso un ammontare pari a 163 mila euro a partire da Marzo 2019 per mostrare le proprie inserzioni. Per Salvini, una buona parte è stata spesa per il nuovo concorso “Vinci Salvini”, lanciato pochi giorni fa nella sua seconda edizione. Per quanto riguarda invece Silvio Berlusconi, il tentativo è quello di emulazione del format pubblicitario del 1994, leggermente più al passo coi tempi. Atteggiamento contrario è invece quello del PD, che predilige un immagine di partito rispetto a quella del proprio candidato, Nicola Zingaretti.
Sorprende invece come il M5S sia risultato il partito che ha speso meno soldi per le sponsorizzazioni, per un totale di 701 euro spesi da Marzo 2019 ad oggi. Logicamente il dato è però viziato dalle sponsorizzazione sui siti di informazione esterni, che non risultano in questi conteggi. Inoltre, siccome la politica ed i suoi costi (pubblicitari in questo caso) sono sempre sulla bocca di tutti, per il loro elettorato meno risulta dichiarato e migliore è l’uscita.
Il nuovo campo di battaglia
Questa tendenza evidenzia però il nuovo campo di battaglia sulla quale si combatte la guerra delle preferenze, ossia i Social Network. Incentrando di conseguenza tutte le proprie forze sull’approvazione dettata dai “Like” piuttosto che dalle condivisioni, dato anche il divenire virale delle stesse. Competere significa di conseguenza apparire per comparire e, di conseguenza, pagare spazi pubblicitari, per la gioia soprattutto di Mark Zuckerberg.
Forse era meglio prima, quando queste spese entravano nelle casse di aziende e società italiane, piuttosto che nei meandri del Fisco Irlandese. Tuttavia, non essendoci noi imposti a livello nazionale ed internazionale con un valido sostituto, ciò dobbiamo accettare.
Adesso, giunti alla fine della campagna elettorale, bisognerà vedere se le croci messe sulle schede elettorali combaceranno davvero con i “Like” che sono stati messi su Facebook.