Ci siamo: 2 anni dopo l’uscita del primo Jurassic World, quattordici dall’ultimo Jurassic Park, abbiamo titolo e poster del nuovo sequel, il cui debutto è previsto per il 22 giugno del 2018.
E’ su twitter che la Universal svela l’arcano, infilando un sottotitolo ad effetto che non risulta affatto nuovo agli appassionati della saga : “life finds a way“- la vita trova il modo, frase pronunciata dal carismatico dr. Ian Malcolm nel capolavoro del ’93.
Quando la nonna, eccelsa cuoca di fiducia, ti propina un curatissimo e saporitissimo manicaretto, nell’apparente scontato atto del masticarlo, lo assapori con entusiasmo e lo trangugi con espressione estasiata. Sei sazio. O, almeno, pensi sia il caso di non ingerire altro al fine di evitare di ottenebrare un gusto così raffinato con altre pietanze che potrebbero non essere all’altezza. Ora: se Steven Spielberg è la nonna e il piatto prelibato e irriproducibile è il primo Jurassic Park, tutti i sequel a venire porteranno sul groppone il peso di tanta maestosità, perseguendo il rischio di sembrare insipidi.
E’ quello che è accaduto ai fans più accaniti della saga, agguerriti e affamati nell’approssimarsi al quarto capitolo, con la stesso spirito prevenuto di Joe Bastianich nel giudicare il lavoro di un povero disgraziato concorrente di Master Chef.
Dopo “The lost world: Jurassic Park” del 1997, diretto sempre da Spielberg, il secondo capitolo ispirato all’omonimo romanzo di Michael Crichton che ha ottenuto un notevole successo al botteghino e una discreta critica positiva, è stato “Jurassic Park III” , anno 2001,
ad aver disilluso gli spettatori gettandoli nell’oblio della diffidenza.
Una lunga pausa di riflessione, dall’ultima produzione cinematografica, viene interrotta dall’annuncio di “Jurassic World“, diretto da Colin Trevorrow dietro la supervisione della nostra amata nonnina (Steven, perdonami ndr).
Algido serioso e cattivissimo, nel giugno del 2015, il fandom si dirige a passo di marcia presso il cinema di fiducia, nell’intento di visionare l’ennesimo tentativo di dissacrazione del primogenito. Ed è lì che, oltre ogni aspettativa, la pellicola risulta essere non solo godibile ma distributrice randomica di feels vari ed eventuali con riferimenti diretti all’inarrivabile (dalla colonna sonora classica alla chicca delle vecchie jeep di Jurassic Park) creano quella sensazione consapevole del tipo: “è scontato machissene, taci”.
Un Chris Pratt bello e tamarro nel suo ruolo di “allevatore” di tre splendidi esemplari di Velociraptor, dal niente affatto mite temperamento, e l’affascinante redhead Bryce Dallas Howard, nei panni della genetista e manager delle operazioni del parco, dall’atteggiamento snobbish, sono i protagonisti della nuova avventura che ha curato un po’ i nostri cuori feriti.
Ultimo e non per importanza, l’Indomitus Rex, il dinosauro geneticamente modificato, che disseminerà il panico tra i visitatori contribuendo allo smaltimento della folla.
Con un incasso di 1,6 miliardi di dollari, “Jurassic World” getta le basi per il nuovo sequel che vedrà, nientepopodimenoche, Ian Malcolm nella schiera dei protagonisti, interpretato dallo straordinario Jeff Goldblum. Sembra che, tra le prospettive più alettanti, aleggi la possibilità di una produzione più spaventosa ed epica.
«E’ davvero immerso in quel tipo di paura, quella veicolata dagli occhi dei bambini, da renderci reciprocamente simpatici. Possiamo essere lo specchio l’uno dell’altro. È di gran lunga la collaborazione più soddisfacente della mia vita».
Le parole di Colin Trevorrow, sceneggiatore per questo nuovo capitolo, descrivono le intenzioni di Juan Antonio Bayona, il nuovo regista del sequel.
Ad un anno che ci separa dalla sua proiezione, ci auguriamo che il motto a cui la crew si ispirerà sarà quello del nostro vecchio John Hammond: ” qui non si bada a spese”.
Alessia Lio