Dopo il Tribunale di Padova è la volta di quello di Ascoli Piceno. Mentre nel primo caso, tuttavia, il procedimento è stato respinto oggi con un procedimento in via d’urgenza, nelle Marche, si tenta di avviare il primo procedimento di un privato cittadino contro il Green Pass.

Nel complicato mondo del Green Pass e dei suoi oppositori entra in gioco il diritto civile, quello dell’Unione Europea e, in caso di falsificazione, il penale. Analizziamo quindi insieme la vicenda e, partendo da essa, cosa rappresentano in Italia il Green pass e le sue violazioni.  

Prima causa pilota ad Ascoli Piceno, la vicenda

La prima udienza è fissata per il 20 dicembre presso il Tribunale Ascoli Piceno, sezione lavoro. Questa sarà di fatto la sede in cui verrà discusso il ricorso d’urgenza avviato da un uomo attualmente allontanato dal proprio impiego.  Pare infatti che, sebbene in possesso del Green Pass, l’uomo non avrebbe inteso esibirlo a soggetti espressamente elencati nel Regolamento UE 953/21 articolo 10.3. Le ragioni dell’uomo sembrerebbe fossero legate anche al trattamento dei dati sanitari. Questi ultimi, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento UE 679/2016 (“GDPR”) non possono essere delegati ad alcuni soggetti, tra cui anche i datori.

Sanità e sicurezza sul lavoro

I motivi alla base del ricorso, inoltre, risiederebbero nella sicurezza dei luoghi di lavoro, ai sensi della Direttiva UE 54/2000 circa il contrasto alla diffusione di agenti biologici. Stando alle ragioni del ricorso, infatti, consentire ingresso e permanenza a soggetti vaccinati senza esecuzione di tampone ed in assenza di una prova scientifica della loro non contagiosità, come affermato dal Consiglio D’Europa nella Risoluzione 2383/21 Paragrafo 8), sarebbe una violazione della direttiva e pertanto un grave rischio per la salute pubblica tale da giustificare la richiesta in via d’urgenza.

Nuovi argomenti a sostegno del lavoratore

Secondo gli avvocati del lavoratore Giuseppe De Santis e Mauro Sandri, «nelle more del giudizio sono sopravvenuti eventi che hanno rafforzato le tesi evidenziate dal ricorso». Ulteriori sostegni argomentativi sarebbero quindi l’aumento di casi di positività al virus Covid tra i vaccinati ed il parere del Garante per la Protezione dei Dati Personali in riferimento al D.L. 127/2021.  «Per cui – proseguono i legali – se il certificato COVID non può più essere considerato una misura di tutela della salute pubblica, nondimeno è consentito il trattamento di dati sanitari se la finalità sanitaria non viene raggiunta». Il gioco, quindi, non varrebbe la candela: i dati sensibili sarebbero messi in gioco per un certificato che non garantirebbe sicurezza.

Il diritto internazionale e dell’UE

Allo stato attuale del giudizio non è chiaramente prevedibile l’esito. Tuttavia occorre tenere a mente una decisione del Tribunale di Namur, in Belgio. In quel caso, infatti, il giudicante aveva disapplicato la normativa sulla base di un presupposto procedurale: il mancato consulto del Garante da parte del legislatore. È quanto suggerisce l’avvocato Giulio Marini (solicitor in UK e Counsel presso la Corte Penale internazionale dell’Aja, e collaboratore nella redazione del ricorso in urgenza). Già un tentativo processuale si era avuto presso il Tribunale di Padova. Lì, la questione era relativa alla validità di licenze dei vaccini e agli obblighi vaccinali. Ora la materia si complica e, per necessaria uniformità di pronunce, è indispensabile che il Giudice si pronunci in maniera uniforme. «Tuttavia – concludono i legali – in caso di dubbio, resta l’opzione di rinviare la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea».

Green pass: cos’è giuridicamente?

Si tratta di una certificazione intesa come atto giuridico in senso stretto. Con tale documento una parte indipendente e terza assicura per iscritto che un processo, prodotto, servizio, o persona è conforme a taluni specifici requisiti. Come atto giuridico costituisce dunque una dichiarazione di conoscenza di fatti, atti o qualità, rilasciata in forma scritta da un soggetto investito di determinate attribuzioni.

Green pass falso, quali conseguenze penali?

Chiarito cosa costituisca il green pass, occorre precisare quando “si va nel penale”. Ogni condotta penalmente rilevante in questo ambito rientra nei “reati contro la fede pubblica” che tutelano il bene giuridico della fiducia che la collettività ripone negli oggetti, segni e forme esteriori (ad esempio monete, emblemi o documenti). L’attività che caratterizza tali reati è la falsificazione. Falsificare il green pass, infatti, integra il reato di falsità materiale commessa dal privato ai sensi dell’art. 482 c.p. con pena di reclusione prevista dai quattro mesi ai due anni. L’uso di green pass falso integra, invece, il reato di cui al 489 c.p. ossia “uso di atto falso” con pena di reclusione da due mesi a due anni. Infine, utilizzare il green pass di un’altra persona rientra nelle ipotesi del 494 c.p., ossia il reato di “sostituzione di persona” la cui sanzione penale arriva fino ad un anno di reclusione.

Di Avv. Serena Reda