Hip-Hop old style e parole dure e aggressive che criticano aspramente la società americana. Dal 1987 in poi, i Public Enemy sono stati un punto di riferimento per chi si è riconosciuto come antagonista, secondi, forse, solo ai Sex Pistols. Abbiamo scelto 10 canzoni del periodo d’oro della crew (1987-1991) per analizzare i temi oggetto di critica.
Burn Hollywood Burn (1990)
Album: Fear Of A Black Planet
In questo featuring con Ice Cube e Big Daddy Kane tratto dal terzo album vediamo subito come Chuck D disprezzi lo status quo senza peli sulla lingua. In questo caso il titolo è già esplicito al massimo… anche se adesso Ice Cube ha una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Don’t Believe The Hype (1988)
Album: It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back
Un classico dei Public Enemy, sia per il beat che per le rime. Aspra la critica nei confronti dei media mainstream e delle false voci che mettono in giro.
Bring The Noise (1991)
Album: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black
La versione originale del brano era tratta dall’album dei P.E. del 1988, It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back. Il remix collaborativo è considerato una delle prime canzoni rap metal in assoluto grazie alla collaborazione con la band thrash metal Anthrax ed è stato incluso nell’LP dei P.E. del 1994, Live: The Island Years. Testo in prevalenza di Chuck D e di Flavor Flav, è una critica a destinatari generici che sottolinea la legittimità del rap come genere musicale, così come è già conosciuto e amato il rock.
Shut ‘Em Down (1991)
Album: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black (1991)
“I like Nike but wait a minute / The neighborhood supports, so put some money in it / All corporations owe, they gotta give up the dough / To my town or else we gotta shut ’em down”. Ritmo aggressivo come la critica dei Public Enemy nei confronti delle multinazionali americane.
Rebel Without A Pause (1987)
Album: It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back
“Yes – the rhythm, the rebel / Without a pause – I’m lowering my level / The hard rhymer – where you never been I’m in / You want styling – you know it’s time again” . Solo una lettera distingue il nome di questo singolo dal film cult Gioventù Bruciata (in inglese Rebel Without a Cause). Siamo di fronte a una palese presa di posizione della crew all’interno della società USA, condita da quel sound che li ha resi innovatori in ambito hip-hop.
Can’t Truss It (1991)
Album: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black
Qui la feroce denuncia dei Public Enemy apre gli occhi sulla dolorosa realtà della schiavitù. Nel video, Flav è un maggiordomo che avvelena il tè per il suo “padrone”, mentre Chuck è un operaio di fabbrica sfruttato. Alla fine del video, una donna di colore dà alla luce un bambino bianco, indicando che è stata violentata dai “padroni degli schiavi”, cosa che all’epoca, purtroppo, era comune.
Fight The Power (1989)
Album: Fear Of A Black Planet
Il video racconta l’attivismo della comunità nera americana contro il razzismo, grazie ai suoi continui passaggi su MTV dopo la sua uscita è diventato icona della rabbia contro la supremazia bianca. La canzone infatti attacca apertamente le istituzioni razziste, come le poste. Era un periodo pericoloso, oltre che difficile, per gli afroamericani, considerando gli elevati numeri di quelli morti per mano di mafie razziste (Michael Griffith, Willie Turks) e di poliziotti (Eleanor Bumpurs, Michael Stewart). Il regista Spike Lee ha pensato proprio a questi episodi quando ha scritto il suo terzo film, Do the Right Thing, includendo anche questa canzone nella colonna sonora. E girando l’iconico video per la crew.
Prophets Of Rage (1988)
Album: It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back
“With vice I hold the mic device / With force I keep it away of course / And I’m keeping you from sleeping / And on stage I rage / And I’m rolling / To the poor I pour in on in metaphors / Not bluffing, it’s nothing / That we ain’t did before / We played you stayed / The points made / You consider it done / By the prophets of rage…” . Un brano-manifesto dei Public Enemy, che hanno a lungo utilizzato in apertura dei loro live. Il titolo del brano ha dato nome a un supergruppo rap-rock americano formatosi nel 2016. La scia della rabbia non si è spenta.
By The Time I Get To Arizona (1991)
Album: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black
Un’accusa forte e diretta contro lo stato dell’Arizona per non aver riconosciuto il compleanno di Martin Luther King come festa nazionale. All’epoca della pubblicazione di questa canzone, nel 1991, L’Arizona e il New Hampshire erano infatti gli unici stati a non riconoscere questa festività.
Public Enemy No. 1 (1987)
Album: Yo! Bum Rush The Show
Finiamo con un brano che, cronologicamente, rappresenta l’inizio della storia della crew. “Well I’m all in, put it up on the board / Another rapper shot down from the mouth that roared / 1-2-3 down for the count / The result of my lyrics, oh yes, no doubt”. Finito quel countdown, si aprirà uno squarcio nella retorica del sistema capitalistico, che il rap politico dei Public Enemy inizierà a colpire da ogni angolo. E con un suono profondamente innovativo, che diverrà il loro marchio di fabbrica.
Francesca Staropoli
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