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Ok Computer, da Freud a Kafka l’orrore sublimato in malinconia è bellezza

Inequivocabilmente, chiunque ha prestato ascolto almeno una volta alla musica dei Radiohead ha spontaneamente associato tale sonorità alle categorie della tristezza e della depressione. Ma ovviamente al suo interno giace una complessità tale che sarebbe difficile da descrivere persino in un romanzo. Inglobata temporalmente nel periodo storico antecedente il XXI secolo, l’opera di cui facciamo riferimento è innervata dal cosiddetto Pre-millennium tension. Uno stato d’animo caratteristico di quegli anni in cui paura, sogno, rabbia, malinconia, poesia e politica erano consustanziali nelle persone.

Non c’è un significato dietro a OK Computer. L’unico messaggio è il caos” – Thom Yorke

Per l’anniversario della nascita dello storico cantante e leader della band inglese, oggi parliamo del loro album probabilmente più rappresentativo, chiaramente Ok Computer.

Radiohead

L’elaborazione di Ok Computer dei Radiohead

OK Computer è il terzo lavoro in studio della band proveniente dall’Oxfordshire. I Radiohead dopo The Bends – in cui erano ancora assoggettati dall’aura britpop del periodo – si dirigevano ora verso testi introspettivi, astratti e di musica sperimentale. L’album, che dopo 23 anni dalla realizzazione è considerato uno dei migliori degli anni novanta, è stato inoltre la svolta cruciale per il passaggio verso un rock alternativo più melanconico ed atmosferico. Auto-prodotto con l’ausilio di Nigel Godrich e inciso tra Oxford, Bath e la storica mansione di St. Catherine’s Court; OK Computer ha venduto oltre 8 milioni di copie nel mondo, venendo considerato uno dei cd più importanti della storia della musica, “culturalmente, esteticamente e storicamente significativo” per la Biblioteca del Congresso e portando i Radiohead alla notorietà planetaria.

Il diabolico tocco di Brian Eno

Nel 1995 durante il tour dell’album The Bends, Brian Eno chiese ai Radiohead di realizzare un pezzo per la raccolta The Help Album in una compilation di beneficenza organizzata da War Child. Ciò che venne fuori dopo poche ore di sessione strumentale fu Lucky, singolo in seguito estratto dall’opera. Fu la miccia che fece divampare l’incendio. Sulla spinta di un “lirismo dovuto all’effervescenza irrefrenabile d’ogni parossismo emotivo” per dirla con Cioran in “Al culmine della disperazione“, l’ispirazione creativa dei Radiohead deflagrò in Ok Computer. Pubblicato il 21 maggio 1997 sotto l’etichetta Parlophone è tutt’oggi una delle pietre miliari dell’arte musicale dei tempi moderni.

I brani di un capolavoro che rimarrà immortale: l’orrore sublimato in malinconia è bellezza

Il senso di alienazione e di estraneità, individui singoli persi in metropoli immani e brulicanti, la percezione d’insignificanza dinanzi la struttura dell’apparato, la Tecnica e l’efficienza, disagio e inadeguatezza: l’orrore sublimato in malinconia è bellezza. Thom Yorke, Jonny Greenwood, Ed O’ Brien, Colin Greenwood e Philip Selway percepivano tutto ciò dall’ambiente di quegli anni, loro erano quegli anni. La fioritura di questa elaborazione è quest’opera immortale. Ok Computer si apre con Airbag, brano scritto per le angosce di Yorke verso le automobili, che lo stesso ci descrive con un delicato falsetto tra riff di chitarre brucianti doppiate da un violoncello e batteria e basso dal ritmo sincopato. Cosi descrive il suo turbamento organico verso l’essere in balia della macchina da parte dell’uomo.

“I’m amazed that I survived/ An airbag saved my life” –“Sono stupito di essere sopravvissuto. Un airbag mi ha salvato la vita”

Paranoid Android è un diamante unico. Seconda traccia dell’album, insieme a Creep uno dei brani dal successo più immediato dei Radiohead. Composta da tre movimenti ideati separatamente, viene in seguito assemblata interamente. Un intro acustico ed un testo sinistro con un’aspra critica alla società degli anni ottanta degli yuppies cocainomani. Chitarre acide e cambi repentini di tempo, la canzone è un rimando a Marvin, noioso e depresso robot di The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy di Douglas Adams, romanzo di fantascienza umoristica del 1979. I tre frammenti musicali sono perfettamente incastonati tra di loro. Il primo lento e malinconico giocato dall’intreccio tra due chitarre che accompagnano il lamento di Yorke, il secondo noise puro, convulso e distorto, ed il terzo solenne come un’invocazione alla pioggia simbolo di purificazione.

Il dispiegarsi d’un’opera esistenziale

Subterranean Homesick Alien, traccia onirica che fa il verso alla quasi omonima canzone di Bob Dylan, si manifesta con un etereo arpeggio di chitarra iniziale che ricama il concetto di alienazione protagonista dell’album e che prepara la successiva Exit Music (For A Film). Exit Music (For A Film) fu richiesta su commissione per il film Romeo+Giulietta di Baz Luhrmann per gli ultimi 30 minuti del lungometraggio. Un pezzo lancinante che fonde tristezza e rabbia ma delicato, dolce e raffinato al tempo stesso. Il dialogo di due amanti sostenuto da un crescendo d’archi che sembra illudere d’un esito felice, velandoci la perfida sorte. Utilizzato anche in Last Days per la biopic su Kurt Cobain con Michael Pitt ; trae ispirazione dalle atmosfere del mai abbastanza compianto maestro Ennio Morricone.

Don’t get sentimental, it always ends up drivel / Non diventare sentimentale, finisce sempre in stupidaggini”. Una denuncia all’abuso del sentimentalismo dei media e degli spot pubblicitari pervade la traccia seguente: Let Down. Una fuga dal clima forzatamente funebre ed artificiosamente emotivo che deteriora l’introspezione, evocandola persino per promuovere dei biscotti. Let Down ci ricorda come stiamo inavvertitamente diventando analfabeti per i sentimenti più profondi e reali. Tra cinguettii elettronici la canzone comincia tranquilla per arrivare ad una stralunata euforia. In seguito la celeberrima Karma Police, feroce e surreale ironia di stampo beatlesiano derivata da un detto tra i membri della band, che di fronte ad un gesto deprecabile erano soliti esclamare:”se ne occuperà la polizia del Karma“.

Un album letterario, interdisciplinare per gli effetti prodotti e le influenze subite

Dopo i suggerimenti robotici di Fitter Happier si ritorna ad una sezione sperimentale che apre la seconda e culminante parte dell’album. Con Electioneering i Radiohead tornano all’uso di un rock grezzo, violento e spasmodico. Brano aggressivo e politicamente arrabbiato, Electioneering è figlio degli ascolti di Michael Stipe dei REM e Pablo Honey come delle letture di Yorke su The State we are in di Will Hutton. Chitarre lamentose e un taglio giornalistico fanno si che la canzone assuma il tono di un reportage di antiglobalizzazione. Due voci opposte che non si incontrano mai simbolizzano lo scherno a Tony Blair, allora prima ministro inglese e alla sua “Terza via“.

In Climbing Up the Walls i Radiohead raggiungono atmosfere tetre, cupe ed horror. In una sorta di suono letterario e cinematografico, l’espressività raggiunge il suo picco per l’appunto ‘espressionista’. Una voce rotta, distorta dal delay precede lo stratificarsi di moltiplicate vocalizzazioni a significare personalità multiple. Archi e loop digitali arredano un orizzonte Lynchiano. Ed il testo “And either way you turn / I’ll be there / Open up your skull / I’ll be there /Climbing up the walls” – “In qualunque direzione ti giri sarò lì/ stampatelo nel cranio, sarò lì a scalare il muro di casa tua”; ricorda la patologica sensazione di disagio e alienazione che Franz Kafka riporta nella trasformazione in un enorme insetto di Gregor Samsa ne La Metamorfosi. Parallelismo inquietante ed affine del delirio a cui arriva l’uomo disturbato dalla percezione della sua solitudine ed insignificanza, ad inizio Novecento come nel nuovo Millennio.

Il culmine di un album senza tempo

No Surprises è stata la prima traccia registrata e scritta nel ’95 durante il tour con i REM. Il videoclip diretto da Grant Gee è composto da un unico piano-sequenza con il volto fisso dell’enigmatico e laconico leader Thom Yorke in una boccia di vetro. L’ampolla si riempie lentamente d’acqua prima di svuotarsi nel finale, con un taglio claustrofobico in antitesi alla pacatezza sonora della canzone, della quale si percepisce comunque un’inquietudine nella voce tremolante dell’artista. Un placido anestetizzarsi delle emozioni che ci conduce alla “quiet desperation” di cui parlavano i Pink Floyd in Time ( pescando da Henry David Thoreau) nella contemporaneità.

Il bivio metafora di smarrimento e sdoppiamento

D’influenze psichedeliche e con rimandi ai Floyd sono anche le ultime due tracce che concludono l’opera. La già citata Lucky, una struggente e nota ballata post-romantica che sembra porre l’amore come balsamo forse illusorio di tutti i tormenti e le nevrosi dell’uomo moderno. Ed infine la stanchezza e la resa di The Tourist, dove le musiche di Johnny Greenwood e la sua chitarra dilatano il tempo congiungendo come in punto cardinale astratto, la fine del viaggio da dove era cominciato. “Hey man, slow down / Slow down.”. A curare la copertina l’illustratore Stanley Donwood che insieme a Yorke crea un’iconografia estremamente accurata. Uno scenario urbano e postindustriale dove una strada si biforca in un bivio, simbolo di smarrimento e sdoppiamento.

Radiohead, figli inconsapevoli del ritorno all’inorganico

Tra Lady Diana che muore nel Tunnel de l’Alma e Bill Clinton che persiste alla Casa Bianca, Ok Computer nel 1997 raggiunge la prima posizione nella classifica inglese e vince un Grammy come miglior album alternative rock. Un’opera che ha raccontato il malessere di una generazione come solo forse il grunge aveva fatto nella stessa decade oltreoceano. Un’esemplificazione artistica che ha messo in luce – trasportando in musica dalla letteratura e dalla psicoanalisi sulla scia di Sigmund Freud in Al di là del principio del piacere – la contrapposizione dualistica tra pulsione di vita o sessuale e pulsione di morte, di ritorno all’inorganico che la natura dell’uomo culla per se stessa in seno e la cui percezione la contemporaneità ha rinnovato, intensificandola sino alle estreme e disperate manifestazioni dell’emozione umana.

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