Con 198 voti a favore, 35 contrari e 104 astenuti la Camera dei Deputati approva definitivamente la legge che introduce anche in Italia il reato di tortura, facendo così seguito alle istanze internazionali nonchè a quelle garantiste già insite nella nostra Costituzione
Anche l’ordinamento italiano può dirsi ormai dotato del tanto richiesto reato di tortura. Erano anni, ormai, che l’Italia era chiamata a emanare una legge che contemplasse il reato di tortura, incredibilmente mancante in un paese garantista come il nostro.
Tantissime le disposizioni internazionali che “hanno costretto” il nostro legislatore ad attivarsi, l’ultima delle quali risalente ad un testo di più di 30 anni fa: era il lontano 1984 quando l’Italia firmò la Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite ma, fino ad ora, non era seguita alcuna legge nazionale.
Dopo cinque anni di lavori e un iter travagliato, ieri la Camera dei Deputati ha approvato il testo definitivo del reato di tortura, introducendo l’art. 613 bis del Codice Penale insieme ad altre disposizioni anche di carattere processuale.
Sarà punibile con la ” reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. La pena sale da 5 a 12 anni se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio“.
A differenza di quanto previsto dalla convenzione internazionale, il legislatore italiano ha strutturato il reato di tortuna come un reato comune e non proprio, cioè tipico di una categoria di persone, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che hanno in custodia una persona. Nel caso in cui a commettere il reato di tortura sia invece uno di questi soggetti è previsto un aggravamento di pena, dai 5 ai 12 anni di reclusione.
La pena è aumentata di un terzo anche se dalla tortura deriva una lesione personale grave, fino alla metà invece se la lesione è gravissima. Se ne deriva la morte la pena è aumentata di due terzi e se ciò avviene volontariamente è previsto addirittura l’ergastolo.
Dal punto di vista procedurale “le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili“.
Viene inoltre introdotto anche il reato di “istigazione alla tortura”, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, quando “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura“.
La legge che introduce il reato di tortura anche in Italia, permettendoci di seguire gli esempi di paesi quali il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Germania (e altri) e non la Turchia, l’Iran o l’Egitto (e altri) che, ponendo in essere pratiche di tortura non la vietano, non è stata approvata senza polemiche.
Da più parti, sia dalla sinistra non renziana che dalla destra piovono infatti numerose critiche.
“In Italia da oggi c’è il reato di tortura nel codice penale. Una legge da noi profondamente criticata per almeno tre punti: la previsione della pluralità delle condotte violente, il riferimento alla verificabilità del trauma psichico e i tempi di prescrizione ordinari” ha commentato l’Associazione Antigone che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale, prima depositaria nel 1998 di un disegno di legge sulla tortura.
Ciò che viene maggiormente criticato è la previsione del reato di tortura come reato comune mentre il diritto internazionale, dal quale è venuta la spinta a legiferare a riguardo, ne tratta come reato proprio dei pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio: è perseguibile per il reato di tortura, quindi, non solo il torturatore pubblico ma anche quello privato.
Secondo molti si tratta di una legge troppo soft che non permetterà in concreto la punibilità dei soggetti titolari della custodia penale di un detenuto: “Con rammarico prendiamo atto del fatto che la volontà di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti all’apparato statale, anche quando commettono gravi violazioni dei diritti umani, continua a venire prima di una legge sulla tortura in linea con gli standard internazionali che risponda realmente agli impegni assunti 28 anni fa con la ratifica della Convenzione”, facevano sapere l’Associazione Antigone e Amnesty International su “La Repubblica” poco dopo che la legge passò il vaglio del Senato.
Secondo altri si tratta di un intervento legislativo comunque necessario, da accogliere positivamente e che comunque sarà passibile di modifiche se sarà necessario.
“A 33 anni della Convenzione Onu, l’Italia ha una legge contro la tortura. Un risultato importante, il migliore possibile oggi in Parlamento“, commenta Annna Finocchiaro, Ministro ai Rapporti con il Parlamento; “E’ un passaggio decisivo, ma come sempre potrà essere il Parlamento, sulla base della concreta applicazione delle norme, ad apportare le modifiche che si dovessero rivelare necessarie” sostiene il Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini.
“Passa l’infamia del ddl tortura voluto dal Pd: una legge che non punisce la tortura ma serve solo a criminalizzare le Forze dell’Ordine” denuncia Giorgia Meloni che, insieme ad altri partiti di destra, hanno fortemente osteggiato il provvedimento legislativo in quanto, così strutturato, non punirebbe realmente chi tortura ma si rivelerebbe solamente un blocco all’attività legittima delle forze dell’ordine. Il richio è stato tuttavia limitato in quanto “non c’è tortura se le sofferenze sono risultate unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti“.
Il reato di tortura è finalmente legge, ciò permetterà di condannare le condotte spregevoli che vi rientrano, nonchè di evitare ulteriori condanne da parte della Cedu. A dirci se si tratta di una legge fatta bene sarà il tempo.
Lorenzo Maria Lucarelli