Renato Guttuso e Marta Marzotto si conobbero a Roma nel 1960, ad introdurli fu Rolly Marchi, curatrice delle mostre del maestro siciliano. La casa a Piazza di Spagna, prestata dal gallerista Romeo Toninelli, divenne poi la loro alcova. La contessa, modella irriverente e provocante, divenne un’icona di femminilità indiscussa, e non solo per Guttuso.  La signora –  sposata con il rampollo della nota dinastia tessile veneta – e il pittore (altrettanto sposato) iniziarono presto una collaborazione anche artistica.  Celebre lo scatto del fotografo Helmut Newton che la ritrae semi svestita con le tele del suo amato. E’ la sua musa e nelle sue opere le forme burrose e piacenti della donna seducevano come dal vivo.

La relazione tra i due durò a lungo, circa 20 anni di connubio artistico e intimo. La fine fu però improvvisa, a causa della morte della moglie di Guttuso. Mimise Dotti morì nel 1986, e nello struggersi di dolore il pittore rifiutò di vedere la sua ex adoratissima musa. Finì così un amore travolgente, quello che lei stessa definì  a suo modo, quindi senza girarci troppo intorno, “di un erotismo al limite della pornografia”.

Per vent’anni la loro relazione sarà incandescente. Siciliano ombroso lui, proletaria, anticonformista ma protagonista dell’alta società lei. Lui la dipinge ovunque, storpiando gli eventuali rivali amorosi. Le scrive cinque lettere al giorno.  Soffre come un cane quando lei lo tradisce con il saggista e fondatore de Il Manifesto Lucio Magri. In entrambi i casi non c’è stato il lieto fine. (di Nicoletta Tamberlich)
Guttuso la ritrasse più e più volte nelle sue opere, come la celebre serie delle Cartoline, 37 disegni che immortalano sentimenti e ricordi della sua amata. Marta Marzotto, morta a 85 anni, e Renato Guttuso si conobbero a Milano nel 1967. Il primo incontro l’anno in cui nacque il primo figlio maschio della contessa avuta dal marito Umberto, Vittorio. Entrambi erano sposati, lei divenne subito la sua musa. L’ex contessa ha rivelato che lui le scriveva frasi irresistibili, centinaia di lettere: “nuvola bionda, dove sei?” e la chiamava “libellula d’oro”. “Quanto ho pianto quando alcune di queste, dopo la sua morte, furono pubblicate da un settimanale, proposte brutalmente alla curiosità della gente”.

Marta Marzotto e quell’eredità tolta di Gottuso

A causa di quell’amore una sgradevole vicenda giudiziaria, iniziata il 18 gennaio 1987 alla morte di Guttuso, tra il figlio adottivo del pittore siciliano, Fabio Carapezza, e Marta. Una storia complicata legata all’eredità che si è conclusa solo con il pronunciamento della Cassazione a favore di Carapezza, cui negli anni la magistratura aveva sempre dato ragione.
Guttuso, gravemente malato e prostrato dall’improvvisa morte della moglie Mimise Dotti, lo aveva adottato nell’ottobre 1986 e, sul letto di morte, lo aveva designato suo erede legittimo.
Quella di Carapezza fu un’adozione lampo dichiarata senz’ombre dai giudici che hanno rigettato le denunce dei nipoti.
Marta Marzotto fu emarginata da Palazzo del Grillo, casa-studio a Roma del pittore, nei giorni dell’agonia di Guttuso e della sua improvvisa conversione. Inoltre, nel febbraio 2006, l’ex contessa fu accusata dalla magistratura di Varese di aver realizzato in concorso con lo stampatore, Paolo Paoli, senza l’autorizzazione dell’erede legittimo dell’artista 700 riproduzioni di opere del pittore siciliano negli anni della loro frequentazione. La Cassazione ha confermato le pronunce del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano a favore di Caparezza unico titolare dell’eredità Guttuso.