Renèe Vivien, il libero amore femminile e la struggente poesia

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Di Stefano Delle Cave

Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio nella Parigi bohemien della fine del diciannovesimo secolo. Parleremo di libero amore saffico, anticonformismo e culto della morte. Abbiamo dedicato questa puntata alla struggente poesia di Renèe Vivien

“Gli uomini non li amo né li detesto. Rimprovero loro di aver fatto male alle donne . Sono avversari politici”

Queste poche parole di Renèe Vivien, al secolo Pauline Tarn, fanno già capire come abbracciasse pienamente gli ideali di risveglio femminile dell’epoca. Infatti la poetessa inglese decantò il libero amore saffico , vissuto in prima persona, e attaccò secoli di società patriarcale. Consuetudini che non lasciavano la donna libera di seguire le sue inclinazioni come la Vivien ha fatto nella sua vita.

La donna e la poesia di Renèe Vivien

Renèe Vivien, Il canto delle sirene, fonte Michela Mazzarini

Nelle sue poesie, come si evince dalla sua famosa raccolta “Cenere e Polvere”, Renèe Vivien mette al centro dei suoi versi la donna. In questo caso non è quella decantata dall’universo maschile ma una donna diversa che vive liberamente la sua sessualità aldilà dei pregiudizi dell’epoca. A suo modo si può dire che la Vivièn tesse un vero e proprio idillio allamore femminile grazie anche alla sua diretta esperienza di vita. La poetessa inglese infatti amò fortemente due donne. Si tratta dell’amica d’infanzia Violette Shillito e della scrittrice americana Natalie Clifford Barney con la quale ebbe un’intensa relazione.

Il culto della morte

Dal 1901, con la morte di Violette e la tormentata fine della relazione con la Barney, il tema della morte prese il sopravvento nei versi della Vivien. La donna quasi dantesca, sin ad allora decantata, divenne un animale che infliggeva sofferenze alle sue prede. Questo culto della morte fu vissuto anche fisicamente dalla poetessa inglese attraverso l’uso di droghe, alcol e digiuni. Famoso il suo tentativo di suicidio effettuato ingerendo un’elevata dose di laudano e stringendo tra le mani, mentre riposava, un mazzo di violette, il fiore che tanto amava perchè ricordava l’amata Violette. Sopravvisse ma, a causa di un fisico ormai debilitato e della pleurite, morì successivamente a soli 32 anni.

Stefano Delle Cave