A dispetto delle sue piccole dimensioni, la nostra penisola custodisce un inesauribile patrimonio culturale, con la musica a ricoprire un ruolo da protagonista. Riccardo Muti assolve da tutta la vita il ruolo di ambasciatore italiano nel mondo, tenendo sempre ben stretti i legami con la propria terra d’origine e arricchendoli di respiro internazionale attraverso quell’assoluto linguaggio universale che è la musica. I piedi ben piantati nella tradizione e lo sguardo proiettato verso il futuro, il Maestro oggi compie 79 anni e non potrebbe essere più giovane nell’animo.
La formazione
Riccardo Muti nacque a Napoli e visse a Molfetta fino ai 16 anni per poi ritornare nel capoluogo campano diplomandosi con lode al Conservatorio San Pietro a Majella. In seguito, proseguì la formazione al Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano dove conseguì il diploma in Composizione e Direzione d’Orchestra.
A soli 26 anni gli fu assegnato all’unanimità dalla giuria il primo posto al Concorso “Cantelli” di Milano. Da quel momento in poi la carriera di Muti è stata un susseguirsi di traguardi raggiunti e riconoscimenti.
Sul podio delle maggiori orchestre e i riconoscimenti
È stato direttore del Maggio Musicale Fiorentino dal ’68 all’80. Negli anni’70 ha anche diretto la Philarmonia Orchestra di Londra. Gli anni tra l’80 e il ’92 lo videro alla testa della Philadelphia Orchestra. Già nel ’71 aveva dato vita a un sodalizio con il Festival di Salisburgo, al quale si esibisce ancora oggi con i Wiener Philarmoniker. La sua direzione del Teatro alla Scala di Milano è stata la più duratura: dall’86 al 2005, periodo durante il quale riuscì a proporre, accanto ad opere di fama internazionale, anche autori meno conosciuti (pensiamo al grande lavoro di riscoperta del ‘700 napoletano).
Ed ancora ha diretto i Berliner Philarmoniker, la New York Philarmonic, l’Orchestre Nationale de France e dal 2007 è Direttore della Chicago Symphony Orchestra.
Sarebbe lavoro davvero troppo lungo stare ad elencare tutti i riconoscimenti che il Maestro Muti ha ricevuto nella sua lunga carriera. Basti pensare alle 20 lauree honoris causa che Università da tutto il mondo gli hanno conferito. O ancora le onorificenze da parte dei maggiori capi di stato, dall’Italia al Regno Unito, alla Francia, alla Russia. Ma sarebbe, appunto, un mero elencare fine a sé stesso.
La cultura come passaporto e la formazione di giovani musicisti
L’impegno di Riccardo Muti è da sempre caratterizzato dalla ferma volontà di diffondere la cultura e in particolare l’idea di musica come linguaggio di armonia e condivisione, in grado di azzerare le distanze ed appianare i contrasti. In quest’ottica, in più di un’occasione, il Maestro ha puntato il dito verso la scarsa attenzione della politica nei confronti dell’argomento, criticando aspramente i ripetuti tagli al settore culturale.
Coerentemente a questo pensiero, Muti ha orgogliosamente fondato nel 2004 l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, formata da giovani strumentisti scelti da una commissione internazionale. E il 2015 ha visto la prima edizione della Riccardo Muti Italian Opera Academy per giovani direttori d’orchestra.
“I giovani sanno che la musica può lenire le sofferenze e dare speranza, perché la bellezza non deve soccombere!”
Un figlio del Sud cittadino del mondo
“Sono italiano al 100 per cento, ma del Sud al 200 per cento”
Riccardo Muti si sente un uomo del Sud. Canta le lodi del Teatro San Carlo, il più antico teatro d’Opera d’Europa e del mondo ancora attivo, “costruito in soli nove mesi”. Il Maestro ricorda che persino Mozart in una lettera al padre scriveva dell’incomparabile emozione di un’esecuzione a Napoli che “ne vale cento in Germania”.
Il 31 luglio si concluderà la VI edizione della sua Accademia a Ravenna e uno dei due concerti finali sarà Cavalleria Rusticana, nella quale il Maestro ritrova le proprie radici:
“Quando si canta ‘O che bel mestiere, fare il carrettiere’, ripenso ai carri dei contadini che di notte passavano sotto le mie finestre a Molfetta per andare in campagna. Io vengo da lì, sento un’aderenza a questi temi, una familiarità che riflette la cultura in cui sono cresciuto”.
Ed è dal Sud che Muti ha voluto simbolicamente ripartire dopo i terribili mesi di pandemia che hanno paralizzato il nostro paese e il mondo intero: con un concerto al Parco Archeologico di Paestum in cui ha diretto L’Eroica di Beethoven.
Ma più in generale, Riccardo Muti infonde il proprio impegno nel restituire la giusta interpretazione al patrimonio artistico italiano e tramandarlo alle generazioni future.
Con la ferma convinzione che la musica sia una “necessità dello spirito” e soprattutto il linguaggio universale che permette di abbattere le barriere fra i popoli. Riflettendo anche sui movimenti migratori e sull’influenza che hanno sempre avuto e continueranno ad avere sulla cultura:
“Le migrazioni sono come un fiume che si arricchisce e porteranno a fondersi culture musicali diverse, il Sudamerica, l’Oriente, l’Africa: sarà linfa nuova e avremo un linguaggio più vicino alla comprensione della gente”.
Emanuela Cristo
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