Cinema

“Ricky e Barabba”: “A champagne quanto ‘a fate?”

“A champagne quanto ‘a fate?”. Il bon ton ha la finezza di Renato Pozzetto e Christian De Sica, che stasera in tv sono “Ricky e Barabba“. Il cameriere del cinque stelle Monty Python è impallidito: un’alitata di Barabba nel bicchiere, e una passata di tovagliolo, e ci si può specchiare.

“Du magnum, una pe’ me e una pe’ autista”. Barabba (De Sica) non bada a spese. Ma con i soldi di Ricky (Pozzetto). Sette generazioni di barboni alle spalle, ma l’amico per dargli un tono, lo presenta come poeta dialettale amico di Bob Dylan. Ma l’unica ‘aria’ che gli esce dalla bocca, è un boato proveniente dallo stomaco. È il clochard di origine romana; berretto lungo di lana che gli fa da manto sulla capigliatura, e i soliti vestiti malconci, anche per andare al ristorante stellato.

Bonaseraa all’amico di Bob Dylan

Fernando Cerulli, vecchio attore de “L’arte di arrangiarsi“, veste la livrea del maitre al ristorante di lusso. Con la sua voce flebile ma chiara e armoniosa, e quella divisa che lo sfina ancora di più. “Pommes aux amandes scandinaves“, recita il sofisticato, francesizzato menù, alla voce antipasti: 55 mila lire per una risicata porzione di ‘Mele alle mandorle scandinave‘. “Che me dai l’atlante??”, e sulla carta si leggono le altre pietanze: Insalata L. 35.000; Cocktail di gamberi L. 40.000; Aragostine alle erbe L. 32.000; Fois gras delle lande L. 40.000. E per tutti i presenti al ristorante il saluto di Barabba: “Bonaseraaa“. Il lussuoso locale è in realtà Villa Appia, in Via Appia Nuova 244 a Marino (Roma). E la scena ricorda molto quella nel film “The Blues Brothers”, di John Landis: in cui Jake ed Elwood vanno a cena al ristorante di Faboulus. E la scena alla Borsa di Milano è molto simile a quella della Borsa di New York di “Una Poltrona per Due“.

Ci deve pur essere qualcosa di bello nella povertà, altrimenti non ci sarebbero così tanti poveri!”. Dice Ricky, che viaggia con Barabba per raggiungere Montecarlo. Con dei mezzi di fortuna, a bordo di un camioncino carico di maiali. La coppia è ormai unita. Il caso volle, che mentre Ricky Morandi (Pozzetto), finanziere sull’orlo della bancarotta, tenta il suicidio, Barabba (De Sica) lo salva miracolosamente sciogliendo la corda. Come avviene addirittura a Chaplin in “Luci della città“. Volti cari nel film, come Franco Fabrizi, alla sua ultima interpretazione, nel ruolo del suocero ingegner Salvetti; Silva Koscina e i caratteristi degli anni ’80 Bruno Corazzari, Marisa Merlini madre del senza tetto Barabba vhe vive anche lei, per strada a Piazza della Bocca della Verità, vicino il tempietto di Vesta; c’è pure Giovanni Lombardo Radice come gestore albergo Relais, la cantante Calandra, Enzo De Toma il barbone ai Navigli, Carlos Alberto Valles in un omosessuale vestito da azteca.

Se avessero scambiato ruolo

De Sica, regista di “Ricky e Barabba” del 1992, rivelò un aneddoto durante la puntata della “La valigia dei sogni” (rubrica sul cinema condotta da Simone Annicchiarico, figlio di Walter Chiari): inizialmente, in uno scambio di ruoli, la parte del barbone era assegnata a Pozzetto, quella dell’industriale decaduto a De Sica. Ma il comico lombardo chiese al collega di invertire le parti, non volendo indossare i panni dell’uomo di stada. Con la confessione di Christian, che, a suo dire, tale cambio alla stesura originale si rivelò un errore. Tuttavia De Sica, con la sua romanità, regala spontaneità alla ‘rozza figura’: la impreziosisce di quella cafoneria suo ‘cavallo di battaglia’, così naturale tanto da sembrare di divertirsi da solo. Un contrasto vincente con l’impassibilità e snobismo milanese da blasone, recitato da Pozzetto. Correvano gli anni ’90, e i vecchi yuppies, figli dei fiori, si stavano tramutando in figli di papà, maneggioni senza scrupoli. Anche questa atmosfera arriva nel film. 

Ero indeciso tra questa e una Panda: poi è capitata questa…”. Giustifica così l’acquisto della sua Rolls-Royce, il bauscia ‘lumbard’ Ricky-Pozzetto. Dal suicidio, passa alla comicità che gli strappa il vicino compare, l’impresentabile straccione Barabba-De Sica. La moglia fedifraga e in fuga (Francesca Reggiani) del miliardario in fallimento Ricky, in un tentativo fallito di remissione, dice: “Dai bacino a topino, topino“… e PozzettoNo, dò calcione a troione, troione“. E quando la signora si lamenta di non avere rapporti con il marito da mesi, lui risponde: “Vero, ma diamo un occhio alla qualità“. La caratura delle battute non teme concorrenza in “Ricky e Barabba”. Dove la scurrilità del vagabondo, è messa vicino a giacca e cravatta. De Sica rende italiano il cult di John Landis, “Una poltrona per due“, e si ispira anche, nella scena del ristorante, a “The Blues Brothers”, sempre di Landis. Influenze americane che impreziosisce con la sua ‘arte di arrangiarsi’ tutta di casa.

Un cartone per due..

Sei sicuro che viene bene la barba con la panna?“. La sontuosa villa, dimora di Ricky, sarà l’hotel La Posta Vecchia, a Palo Laziale, tra Ladispoli e Marina di San Nicola (Roma). Mentre la stazione di servizio Tamoil dove i due compagni di viaggio si fermano per fare benzina, e Barabba firma autografi scambiato per un famoso cantante, è l’area di servizio “Tirreno” di Santa Severa a Roma. La stessa in cui, 10 anni prima si girò la scena con i camion di Tirzan e dello slavo, in “Eccezzziunale veramente” di Abatantuono. L’attrice che interpreta la cameriera napoletana, che sgrida Ricky, è Nathalie Evalyne Guetta: sfodera un notevole accento partenopeo, ma in realtà, è francese, sorella maggiore del disc jockey e produttore David Guetta. La colonna sonora del film che sembrerebbe la rivisitazione di “Una Poltrona per Due” all’italiana, è composta dal fratello di De Sica, Manuel, che sceglie ritmi dance come musiche di accompagno.

Ricky per una notte, fa il vero barbone dormendo ai Navigli in un cartone, all’incrocio tra Viale GoriziaRipa di Porta Ticinese (Milano). Tra farsa e favola, a tirare quel rigido involucro come fosse una coperta. Nella capitale si pranzava alla mensa dei poveri, sita all’Istituto di San Michele in Piazzale Tosti. Mentre, quasi sognante è la scena, dopo la raccapricciante spalmata di caviale sulle tartine, ad opera della lunghissima unghia che De Sica fece crescere appositamente per il film. Ad onor del vero, come i barbieri di un tempo riconoscibili da un mignolo con estensione. “Na cafonata“, direbbe Christian, che solo lui poteva sopportare, immedesimandosi allegramente nel ruolo. Per qualunque altro attore ci sarebbe stato il trucco di scena.

Federica De Candia per Metropolitan magazine

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