Dalla pubblicazione dell’esito delle elezioni presidenziali del 2019, giudicato irreale anche dai sostenitori del regime Lukashenko, la Bielorussia è terreno di una rivolta in cui il ruolo della donna è particolarmente importante.
Le rivendicazioni politiche al centro della rivolta Bielorussia sono costanti. Le\i manifestanti chiedono le dimissioni del presidente illegittimo e la fine della repressione contro i civili da parte delle forze dell’ordine. Oltre che il rilascio dei prigionieri politici e nuove elezioni.
Gli oltre 13mila arresti, i metodi coercitivi delle autorità che minacciano licenziamenti, sequestrano figli, picchiano, aggrediscono e perseguitano, non sembrano avere effetti sulla voglia di libertà delle\dei bielorusse\i.
Se il regime pensava di spaventare i manifestanti con la violenza, questo tipo di repressione sembra sortire l’effetto contrario. E cioè spingere alla mobilitazione anche chi è ben lontano dall’essere un’attivista. Quella Bielorussa è una vera e propria resistenza di massa, che accomuna generi, classi sociali, età e religione nella lotta contro un nemico comune.
La grande presenza di donne nei cortei di protesta è una caratteristica distintiva di questa rivolta.
Perché la rivolta bielorussa è donna?
In un discorso pre-elettorale rivolto all’Assemblea nazionale, Lukashenko ha detto: «La Bielorussia è la mia amante. E per questo non la lascerò andar via».
Ad opporsi alla definizione di “amanti oppresse” abbiamo visto per prime le tre donne simbolo di questa rivolta. Tre donne che hanno deciso di far convergere le proprie campagne elettorali intorno ad una sola, per debellare la dittatura e attirare l’attenzione dei media mondiali.
Svetlana Tikhanovskaya, la candidata indipendente ufficiale, Maria Kolesnikova, musicista e art manager, responsabile della campagna presidenziale di Viktor Babaryko e Veronica Tsepkalo, IT manager e moglie del candidato Valery Tsepkalo, l’ex direttore dell’Hi-Tech Park costretto a lasciare il paese a causa delle pressioni contro di lui e la sua famiglia.
Dal giorno dopo le elezioni, Svetlana Tikhanovskaya, è in esilio a causa delle minacce di morte ma rappresenta i bielorussi sulla scena politica internazionale.
Anche Veronika Tsepkalo è stata costretta a lasciare il paese.
Maria Kolesnikova, invece, ha stracciato il passaporto al confine con l’Ucraina evitando l’esilio, ed è stata arrestata diventando l’eroina di un intero popolo.
Nel frattempo, le catene e le marce di solidarietà continuano ovunque ogni giorno. Donne di età diverse scendono in piazza senza leader che le mobilitino, strappando i passamontagna per identificare i poliziotti violenti o urlando inni di libertà per le esiliate e le prigioniere.
Le donne bielorusse hanno sicuramente costruito il loro spazio politico e sembrano pronte a lottare fino alla sconfitta del regime e al raggiungimento della libertà, non solo per le loro leader, ma per tutto il popolo.
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