L’iconografia del codino: tanti auguri Roberto Baggio!

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Di Andrea Mari

Roberto Baggio, tanti auguri: compie gli anni uno dei calciatori più forti che l’Italia abbia mai prodotto. Carriera e quel sogno americano infranto dagli undici metri: il “Divin Codino” ha segnato un’era calcistica.

Il calcio è passione, un fenomeno d’aggregazione di massa talmente vasto da coprire continenti interi, sfiorando anche le più remote isolette, perse nel grande blu di un oceano. La gioia indescrivibile, retaggio di una fanciullezza mai sopita, di correre dietro ad un pallone assemblato, nella sua sferica forma, con qualsiasi materiale disponibile: il nobile cuoio rifinito con finissime cuciture e stemmi colorati, la plastica oppure ammassi di carta e cartone tenuti assieme da quantità industriali di nastro adesivo. Tifosi si nasce, calciatori si diventa per passione!

Lo stesso desiderio di calcare, un giorno, le orme tacchettate del tuo personale idolo, il semidio nato per emozionarti. Esistono tantissimi calciatori in grado di farci sobbalzare dalla sedia: i portieri impenetrabili, il difensore rude ma elegante, il mediano passionale e proletario capace di  sputare sangue in campo oppure il centrocampista altolocato e spocchioso che sintetizza il suo estro sovrannaturale in una giocata. Senza dimenticare il bomber implacabile.

Poi c’era Roberto Baggio, il “Divin Codino“. L’uomo, il calciatore in grado di conquistare i confini nazionali a suon di giocate poetiche. L’Italia era un troppo piccola per contenere le gesta di un fuoriclasse come Roberto: il suo codino sbarazzino divenne, nel tempo, il segno tangibile delle beatificazione sportiva del suo talento immane, un’iconografia dipinta a livello mondiale.

Baggio, un codino…d’oro

Un marchio di fabbrica impossibile da non riconoscere e venerare. Tutti, dai 25 anni in su, hanno avuto il privilegio di ammirare, con gli occhi strabuzzati, le magie di Baggio nel rettangolo verde di gioco. Fortunati noi, un po’ meno chi può apprezzare le giocate dell’ex numero dieci azzurro attraverso i freddi dvd. Le registrazioni contengono certamente emozioni forti ma aspettare ‘90° minuto‘ oppure recarsi allo stadio per assistere dal vivo ai sonetti calcistici di Roberto, era tutt’altra storia.

Un ragazzo semplice, introverso, educato e leale: Baggio, anche grazie al suo carattere, divenne rapidamente la star del bellissimo calcio italiano degli anni ’90: la vittoria del pallone d’Oro nel 1993, infatti, consacrò definitivamente l’inimitabile talento del ragazzo di Caldogno passato dalla Fiorentina alla Juventus di Agnelli.

Baggio e la cavalcata di USA ’94

Un insulto, vera ingiustizia sportiva! Baggio, il nostro Baggio, ha vinto in carriera un pallone d’oro come Owen, Sammer e Papin. Grandissimi calciatori, vogliamo paragonarli, forse, al ‘Divin Codino’ italiano? Non scherziamo, non è il caso di giocare con i sentimenti. Un eroe diviene immortale nelle sue vittorie, nelle sue gloriose affermazioni. Baggio, forse, è stato controcorrente anche in questo: Pasadena, finale di Coppa del Mondo: l’Italia di Arrigo Sacchi trascinata, coccolata e viziata dal dieci con il codino.

Doppietta alla Nigeria negli ottavi di finale, goal qualificazione contro la Spagna nei quarti e doppietta fantascientifica nella dura semifinale contro la Bulgaria di Stoickov che aprì agli azzurri le porte del paradiso. La finale mondiale. l’Italbaggio all’assalto del Brasile. Quel paradisiaco sogno, però, sfumò ai calci di rigore: errori dagli undici metri per Baresi e Massaro ma lo sbaglio decisivo, quello che consegnò la coppa ai verdeoro, fu proprio del numero dieci. Un torneo magnifico, gettato via da un banale calcio di rigore. Uno schiaffo alla tecnica sopraffina di Baggio che, assieme al pallone calciato alto sulla traversa di Taffarel, vide volare via i sogni di una vita: il titolo di campione del mondo.

Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore…”

Baggio e quel rigore maledetto

La strofa del celebre brano di Francesco De Gregori (“La leva calcistica del ’68“) sembra esser stata scritta per Roberto Baggio. In questo Paese, infatti, la memoria storica sembra non attecchire nelle menti labili degli italiani, l’errore dagli undici metri dell’azzurro portò acqua al mulino dei suoi detrattori. Quanti calciatori eccezionali non hanno vinto molto in carriera nonostante fossero illuminati dal Dio Calcio? Totti, legatosi alla maglia della Roma oppure vogliamo parlare di Platini? Un fenomeno con il cruccio di non aver condotto la Francia sul trono del mondo, nonostante le numerose vittorie con i vari club ed il titolo europeo conquistato proprio con i transalpini.

Baggio, le magie in Serie A

La stessa irriconoscenza che subisce Messi in questi anni, il più forte calciatore del globo che non riesce ad affermarsi con la maglia della sua Argentina. Non provate a farmi cambiare idea, non ci riuscireste mai. Siete in torto, sappiatelo. Un fuoriclasse del genere non può essere criticato, le magie gratuite che ci ha regalato in mezzo al campo non hanno valore. Un quadro di Van Gogh, una sinfonia di Beethoven, la Divina Commedia dantesca del football: Baggio in carriera ha vestito le maglie più pesanti del nostro calcio (Juventus, Inter e Milan) ma, nella sua timida ed educata pacatezza, non ha snobbato le casacche di Bologna e Brescia.

Regalare gioie ai tifosi abituati ad ammirare i campioni nelle altre società, donare lo stupore di una giocata straordinaria: i supporter meno fortunati potevano fieramente imperversare per lo stivale tricolore cantando: “Ce lo abbiamo solo noi, Roby Baggio!”

Baggio, il campione della gente

Signore con i piedi e con il cervello. Uomo spesso frenato dai suoi cronici problemi al ginocchio che, regolarmente, hanno tormentato la sua carriera; Baggio col codino strafottente ma estremamente sensibile. Appese gli scarpini al chiodo fra gli applausi scroscianti di quel “S.Siro” che non era mai stato perfettamente in sintonia con il suo calcio. Il palcoscenico perfetto per concludere una carriera scintillante, amministrata dalla normalità, oggi così difficile da riscontrare. L’umiltà del silenzio.

Lo stesso silenzio con il quale si accomiatò dalle poltrone della FIGC dopo tre anni di lavoro. Oggi Baggio compie cinquantadue anni. Grazie per ogni singola rincorsa, grazie per le meravigliose giocate ma soprattutto: grazie della tua semplicità. Il calciatore del popolo, ecco chi era Roberto Baggio. Tanti auguri campione, in molti ti ricordano sconsolato, con le mani sui fianchi dopo quel maledetto rigore calciato alto contro il Brasile.

La mia reminiscenza è legata al magnifico goal siglato al “Delle Alpi” di Torino con la maglia del Brescia. Stop volante a seguire per tagliare fuori van der Sar, portiere olandese della Juventus, e pallone in rete. Applausi. Iconico, unico e fenomenale Roberto, tanti auguri. La nostalgia è tanta per fermarsi sognanti davanti a ricordi o vecchi video. Grazie, “Divin Codino”.

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