Roberto Rossellini, “anche la rabbia ben diretta è una forma d’amore”

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Di Federica De Candia

Chissà a cosa pensava quando pronunciava queste parole. Alla Magnani, o al cinema dopo la guerra. Di sicuro, è la frase passionale di un romantico, senza indebolirne l’uomo. Di quel genio avventuriero, dal baciamano per saluto, restano i vibranti ed intrepidi sentimenti. Sotto l’altisonante nome di Roberto Rossellini, la storia scriverà ‘padre del neorealismo’. Ma verrà ricordato per essere stato inseguito dai fotografi, per i suoi amori da prima pagina. Il mondo ha sospirato con lui, dietro le sue donne. Il migliore dei suoi film, il più riuscito, è la sua vita.

I suoi capolavori al cinema, come “Roma città aperta“, “Stromboli“, “Paisà“, sono osannati fino alla gloria. Alla fine della guerra, nel 1944, tutto era distrutto in Italia. Come ogni cosa anche il cinema. Dalle macerie e dalla mancanza di un’industria per i cineasti, qualunque progetto andava bene. Al minimo dei costi, ma abbondando in creatività, con la celluloide impregnata di “dialettale”. “Riprendi quel che hai voglia di vedere. Usa la macchina da presa come gli occhi. Piazzala su chi ascolta, se ti accorgi che è più importante di chi parla”. Questa la lezione di cinema impartita dal maestro Rossellini. Bisognava raccontare le cose così com’erano, senza orpelli, quasi nude. Dire, a voce bassa, solo ciò che il pubblico voleva sentire, su quello che aveva visto e patito nei duri anni di combattimento.

Rossellini: ‘St’inverno sembra che non debba finì mai’

Roma città aperta – “Ma esisteranno veramente questi Americani?”

“Finirà, Pina, finirà. E tornerà pure la primavera. E sarà più bella delle altre, perché saremo liberi”. La storia del cinema si divide in prima e dopo “Roma città aperta“. C’era anche chi non amava l’elogiato realismo del regista; Aldo Fabrizi, non certo eloquente nei suoi confronti, lo riteneva solo frutto del caso. Non c’erano abbastanza soldi per pagare qualcuno che tenesse le persone fuori dall’inquadratura, mentre si girava “Roma città aperta“. Mancavano anche le corde per non fare entrare i curiosi. Così, Roberto Rossellini, aveva deciso di riprendere tutti coloro che passavano per viale Giulio Cesare, che sostavano a guardare. Una casualità che fece il miracolo della scena più famosa, nel momento del grido e della morte della Magnani, con tutta quella gente intorno. La compagna del regista, viscerale, con quel suo slancio esistenziale proprio in quell’istante, fu il fuoco perfetto per quel film.

“Fiore de’ sabbia.. in petto schiatti dalla rabbia..“. Così cantava Anna Magnani in uno dei suoi stornelli di “Mamma Roma“. “Non può che esprimersi cantando“, diceva di lei Pasolini. Ma l’unica volta, nella sua carriera d’attrice, in cui non ha saputo essere credibile, fu dicendo “Lo faccio perché ci credo, non per far dispetto a qualcuno”. Aveva chiesto direttamente ad Hollywood, un film per lei, ambientato su di un cratere, magari delle Eolie. Perché il nuovo film promesso da Rossellini ad Anna, “Stromboli“, lo farà invece Ingrid Bergman. Una sfida a colpi di ciak. In realtà un finimondo, ‘la guerra dei vulcani’. In una storia, degna di colpi di scena, da sceneggiatura, l’attrice romana volle vendicarsi del doppio tradimento di Roberto, sentimentale ed artistico. Sbarcò a Vulcano. L’unico obiettivo era finire il suo film, prima di quello di Rossellini. E vi riuscirà, nel febbraio 1950.

Rossellini, due donne, due vulcani

Stromboli terra di Dio- Da YouTube

I moti dell’animo, sembravano trovare reale rappresentazione nell’ambiente circostante. Profetiche eruzioni. Fuochi e scintille dalla punta del cratere, come sgorgava la rivalità incandescente di due donne. Diverse, amate entrambe, immortali per il cinema, per la vita di Rossellini, e per quella ‘cometa’ chiamata storia. La Magnani sul set non faceva mistero della sua rabbia. Pare che, ogni sera, si mettesse sulla punta del promontorio da cui si scorgevano in lontananza le altre isole, a dedicare, non certo calme parole, in direzione dell’altro monte, idillio della storia tra Rossellini e la Bergman.

Tutto ebbe inizio, o fine, quando arrivò il telegramma della star svedese, al secolo la Bergman. Si narra che Rossellini fosse con Anna Magnani a tavola, all‘Excelsior, la loro dimora di allora. Rimane impressa negli occhi, meglio di qualunque descrizione, la scena del piatto di spaghetti finiti in testa al regista. La carica indomita della sua compagna non si intravedeva solo dallo sguardo. Ma si tramutava nell’istinto delle azioni. L’attrice svedese ‘che parla molto bene l’inglese, non ha dimenticato il tedesco, non riesce a farsi capire bene in francese e in italiano da dire soltanto ti amo’, fece breccia nel cuore di Roberto con un biglietto. Parole che non sembravano scelte o ricercate. Così la fatalità di certi corsi, avrà l’avvio da quattro parole spontanee, improvvisate e sincere.

Rossellini gira L’amore

Sembrava un fuoco di paglia da consumare al sole, ma sarà eterno. Anche oltre la sua effettiva durata; Rossellini e la Bergman hanno avuto 3 figli, e hanno girato 5 film, che però, non fecero discutere quanto la loro avventura. Il subbuglio, lo scandalo che la relazione provocò, fu memorabile. Il simbolo della madre di famiglia, sposata sulla carta, e della donna puritana, rinnegati definitivamente dalla Bergman. Una giovinetta irresponsabile, o forse santa, e poi ancora adultera. Alla stampa il divertimento di parlarne come della cultrice del libero amore, o lapidarla per le sue scelte controcorrente. Sembrava improvvisamente, che la depravazione avesse il volto candido e gli occhi chiari della Bergman. Non da meno Roberto Rossellini, che oltre la relazione con Anna Magnani, era sposato con un’altra donna.

Fino a quando Roberto, in India per girare un film, ritorna con un nuovo amore. Ingrid tornerà a vincere Oscar anche senza il suo amato consorte. Che richiamerà accanto, però, al suo capezzale. “A Robè, salvami sto morendo”. Questa fu la telefonata che partì dalla Magnani a Rossellini. Dopo averlo perso di vista per tanti anni, e dopo la notizia della grave malattia che l’aveva colpita. Il regista arrivò subito. E pochi giorni più tardi, volò con un aereo per New York, dove si vendeva un farmaco miracoloso. Giungendo solo in tempo al suo capezzale nella clinica romana. Due storie d’amore così diverse, che sembrano uguali nel finale. Ma Roberto Rossellini ha lasciato al mondo, ancora pagine e pagine da riempire con le sue vicende d’amore. In eredità non denaro, ma forse un patrimonio di conflitti, dove si possono scorgere anche poesie. Lacerante confrontarsi con lui: anche un discendente diretto temerebbe il paragone, impossibile e impavido. Ma, “Mr. Rossellini“, fu capace di far innamorare. Focose passioni e bollenti gelosie alla sua corte. Anticonformista in amore, forse solo appassionato. A lui il pregio di sconvolgere la società, solo con il potere dei sentimenti. Tutti, anche la rabbia.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema.