Romania: il Parlamento approva un emendamento per bandire gli studi di genere da scuole e università

Palazzo del Parlamento di Bucarest

La proposta è arrivata da un piccolo partito di centro destra ed è stata sostenuta anche dai Socialdemocratici. L’obbiettivo? Vietare il diffondersi di teorie sull’identità di genere. L’emendamento, approvato in parlamento, dovrà essere approvato dal presidente Klaus Iohannis prima di entrare in vigore, ma è già stato contestato da numerosi istituti educativi. Docenti e studenti ritengono inaccettabile che una disciplina accademica sia censurata dalla legge. Questo andrebbe contro la stessa Costituzione rumena nonché contro le convenzioni internazionali di cui la Romania fa parte.

La Romania non è l’unico paese in Europa a demonizzare le teorie di genere. Più in generale a cercare di impedire l’esercizio di diretti civili ai membri della comunità LGBT. Con queste misure la Romania si avvicina ai paesi più autoritari dell’Unione Europea, Polonia e Ungheria. Solo poco più di un mese fa il premier ungherese Orban – dopo aver ottenuto poteri eccezionali per contrastare l’emergenza sanitaria e sociale conseguente al diffondersi dell’epidemia di Covid-19 – ha approvato una legge che impedisce alle persone transgender di cambiare il loro genere giuridico.

Romania, deriva autoritaria e pericoli per i diritti civili

La situazione di eccezionalità determinata dall’epidemia di Covid-19 ha offerto ai governanti la possibilità di accrescere il proprio potere. Il tutto con il pretesto di offrire risposte più efficienti all’emergenza sanitaria. Risale a pochi giorni fa l’approvazione da parte della giunta della Regione Umbria di una riforma, inserita nelle nuove linee guida sanitarie per il coronavirus, che ripristina l’obbligo di ricovero ospedaliero di tre giorni per le donne che decidono di effettuare l’interruzione di gravidanza, rendendo di fatto più difficile l’esercizio di un diritto garantito dalla legge 194.

Che i movimenti autoritari in Europa si siano accompagnata ad una forte opposizione verso la concessione di diritti civili per le persone LGBT non è di certo una novità, ma il rafforzamento degli esecutivi derivante dalla situazione che stiamo vivendo ha dato nuove armi ai capi di governo, che per questi mesi sono stati di fatto gli unici a prendere decisioni. E il primo passo per l’instaurarsi di un regime antidemocratico è sempre l’abolizione dei diritti civili e sociali.

E l’Europa?

Mentre il potere dei leader autoritari cresce, le risposte dell’Unione Europea appaiono timide. L’Europa si è sempre mostrata più aggressiva per quanto riguarda le questioni economiche, mentre sul fronte dei diritti civili le reazioni sono sempre state poco incisive. Seppur l’Unione si dichiari promotrice dei diritti umani, di fatto il dislivello giuridico e culturale tra i 27 stati che la compongono è notevole. Una vera unione non può prescindere da un’omologazione in questo senso. Iniziative legislative come quella rumena non dovrebbero essere tollerate: censurare gli studi di genere, oltre a essere una limitazione del diritto all’istruzione, delegittima il punto di vista della comunità LGBTQ+ e rallenta notevolmente il processo di democratizzazione della società.