“Rossana”, tratto da Kodomo no Omocha di Miho Obana, approdava su Tv Tokyo il 5 aprile del 1996. Appena ventidue anni fa, la rossa tutto pepe redarguiva i suoi compagni di classe, uno speciale in particolare, a suon di determinazione e divertente intraprendenza.
“Ma lo hai visto il nuovo cartone animato su BIM BUM BAM? E’ troppo bello! La protagonista, poi, ti fa morire dal ridere!E’ fortissima, guardalo!” Un classico suggerimento estemporaneo, proferito da mia cugina più grande, in un caldo pomeriggio di giochi, quando il problema più difficile a cui pensare gravava attorno ai primi lezzi ascellari. Rossana, sin dal primo episodio della sua messa in onda, ha inconsapevolmente ostentato il suo potenziale da icona indiscussa, correndo lungo il percorso preferenziale diretto al cuore di chi seguiva la sua evoluzione.
Il fatto che la traduzione letterale di “Kodomo no omocha” sia “Il giocattolo dei bambini” è oltremodo singolare per coloro i quali, oltre ad aver goduto della versione anime, si siano imbattuti nella storia senza censure di uno dei successi più acclamati dalla generazione cresciuta negli anni ’90.
Rossana, Sana Kurata, è la protagonista imperante del cartone animato che porta il suo nome. Trasmesso in Italia per la prima volta nel luglio del 2000, la debordante notorietà di cui fu investito lo ha consegnato di diritto negli elenchi racchiusi nel manuale leggendario stipato nei cassetti speciali riservati ai ricordi.
La briosa attrice undicenne, nota a tutti per la sua personalità vulcanica e la voce squillante, frequenta l’ultimo anno della scuola elementare. La trama iniziale, coerente nelle parole della sigla italiana che guai a dimenticarcela peggio de “la nebbia agli irti colli..”, si snoda tra i tentativi di Sana nel riportare l’ordine perduto nella sua classe. Il problema, catalizzatore delle marachelle compiute dai suoi compagni, è Heric: colui che tutto guida e tutto fa eseguire, dall’alto della sua espressione piatta e penetrante.
Un esordio rocambolesco, nascosto dietro una superficiale e goliardica situazione infantile, teso a mettere a confronto due anime tanto apparentemente stridenti quanto visceralmente affini. Gli episodi di “Rossana“, lungi dall’essere rievocati soltanto per la leggerezza che ne avvolgeva talvolta la facciata, erano intrisi di quella profondità indecifrabile e autentica che solo i bambini potevano realmente decodificare.
Temi forti, un passato doloroso e dei sentimenti delicati da proteggere sono parte integrante di un prodotto evocativo e sapientemente realizzato. La forza dei singoli giovani personaggi, esercitata da uno spiccato potere decisionale che prova ad aggredire le avversità, si palesa nelle scelte di ciascuno di loro.
La condizione priva di radici di Sana e l’artefatta allegria ostentata, il sacrificio della madre di Heric e la complessità del suo essere unico, il divorzio dei genitori di Terence e il modo di rapportarsi all’evento, l’evoluzione emotiva esponenziale di sentimenti acerbi; il tutto è parte integrante di una trama tesa a stuzzicare una riflessione ben precisa. La presa di coscienza di quanto maturi possano essere dei ragazzini, puri e smaliziati nella loro essenza, di fronte a situazioni oversize difficili da sollevare. Pedagogico, da qualsiasi punto lo si osservi.
L’anime, ennesima vittima di tagli inauditi tali da aumentare il moto circolare delle balls di appassionati convinti, ha omesso parentesi fondamentali, scene esplicative ed epiloghi da decantare. Ma, nonostante tutto, si appropria di un valore incalcolabile nella sua unicità.
Grazie, Obana!
ALESSIA LIO