Tra elefanti dalle gambe chilometriche e occhi tagliati a metà. Sogno o son desto?

Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo come realmente è: infinita.

Scriveva William Blake nel XVIII secolo. Le porte della percezione, che hanno ispirato The Doors un paio di secolo dopo.

The Doors, copertina
(foto dal web)

Aprire le porte della percezione per cogliere l’infinito ed avvicinarsi al mondo ultraterreno.

Lo facevano gli sciamani, in epoche antiche e meno antiche. Entravano in contatto con spiriti provenienti da un’altra dimensione. Ma per farlo era fondamentale ritrovarsi in quel famoso stato di trance, con la mente aperta e libera da costrizioni.

Per raggiungere questo stato utilizzavano allucinogeni, danze psichedeliche, sistemi di alterazione respiratoria.

Sciamano
(foto dal web)

Il desiderio di liberarsi dai limiti sensoriali è proprio di molte culture ed epoche differenti. È stato la chimera di scienziati, artisti, esponenti religiosi. Ne parlava William Blake, l’hanno messo in pratica i poeti maledetti nell’Ottocento, così come alcuni tra i più grandi musicisti della storia.

Generalmente, il mezzo per raggiungere lo scopo era costituito dall’assunzione di droghe o alcool. Ma serve comunque un’ispirazione verso quale dirottare questa apertura mentale. A volte, la vocazione è un dipinto, altre volte una storia o un paesaggio.

Edgar Degas, L’Assenzio
(foto dal web)

A volte sono i sogni.

L’interpretazione dei Sogni di Freud, pubblicato nel 1899, è stato il detonatore di Salvador Dalí. L’artista stesso definisce il testo come una delle rivelazioni fondamentali della sua vita, e attorno al quale sviluppa l’intera sua poetica.

Lo studio dell’inconscio, del mondo dei sogni, della dimensione onirica in cui vaghiamo una volta assopiti: scoperte che hanno stravolto la scienza contemporanea e aperto innumerevoli strade di approfondimento nei più svariati settori.

Sigmund Freud
(foto dal web)

Dalí rimane fin da subito affascinato dal mondo del subconscio, che gli permette di sviluppare un particolare modello di Surrealismo onirico, fondato sul metodo paranoico-critico.

La paranoia è l’inconscio, il delirio che si agita durante i sogni. L’artista ha il compito di immergersi in quella follia, per poi uscirne e, in maniera razionale, rappresentarla sulla tela (fase, appunto, definita “critica”).

Esempio ne è l’opera Il miele è più dolce del sangue, dove le varie figure assopite vengono rappresentate a fianco di altre immagini dal carattere puramente onirico. Il corpo dorme, sopra volano degli occhi, mentre il resto del dipinto è permeato da oggetti antropomorfizzati.

Salvador Dalí, Il miele è più dolce del sangue
(foto dal web)

Riunendo in un’unica tela elementi tra loro estranei, Salvador Dalí vuole sottolineare come realtà differenti entrino in contatto nel mondo dei sogni.

Stessa cosa accade anche, ad esempio, nel dipinto I primi giorni di primavera, dove è possibile riconoscere pesci, figure umane e insetti, collocati in uno scenario dal carattere metafisico e atemporale.

Salvador Dalí, I primi giorni di primavera
(foto dal web)

Peculiare, a questo punto, risulta essere una delle opere più celebri dell’artista: Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio. Una donna sta dormendo e sognando serenamente, mentre due tigri, simboli di un violento risveglio, stanno per attaccarla.

Salvador Dalí, Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio
(foto dal web)

La follia onirica di Dalí non si esaurisce sulla tela ma tocca anche diverse forme artistiche.

L’artista spagnolo ha, in effetti, prestato le sue visioni surrealiste anche al cinema, girando Un Chien andalou (famosa e raccapricciante la scena del taglio dell’occhio), e collaborando con Alfred Hitchcock al film Io ti salverò.

Salvador Dalí, Un Chien andalou
(foto dal web)

Ha disegnato gioielli e vari oggetti, come il Telefono afrodisiaco, dove un’aragosta è appoggiata sopra la cornetta, oppure il famoso divano Mae West.

Salvador Dalí, Stanza Mae West
(foto dal web)

Ha collaborato con alcuni grandi fotografi, come Philippe Halsman, di cui è celebre lo scatto Dalí Atomicus

Salvador Dalí, Dalí Atomicus
(foto dal web)

E, ovviamente, non poteva esimersi dal contaminare con la sua vena surreale anche il mondo della musica. Così, nel 1955, disegna la copertina del disco Lonesome Echo, di Jackie Gleason: attore, compositore e conduttore televisivo americano.

Il paesaggio è angosciante. L’immagine viene catturata sul tardo pomeriggio, quando le ombre delle figure sono lunghe e sottili. C’è la fragilità delle ali di una farfalla che si riflette sulla durezza della roccia a destra. C’è una donna che cammina e uno strumento musicale abbandonato. 

Jackie Gleason, Lonesome Echo
(foto dal web)

Elementi apparentemente scollegati tra loro, che possiamo però ricondurre all’immaginario onirico del pittore spagnolo.

Dopotutto, con la modestia che da sempre lo ha contraddistinto, fu Dalí stesso ad affermare “Io sono il Surrealismo”.

E a giudicare dai suoi famosissimi baffi e dal mausoleo che si è fatto costruire in casa, potremmo anche essere d’accordo con lui.

Laura Bartolini