Chi era Vincenzo Muccioli e cosa ha rappresentato per l’Italia? “Sanpa“, docu-serie Netflix uscita il 30 dicembre, si pone la domanda e da più risposte. Lo fa alternando immagini di repertorio a testimonianze significative. Ripercorre una storia fatta di alti e bassi, quella di San Patrignano, la comunità più grande d’Europa per tossicodipendenti fondata da 1978 proprio dalla figura carismatica di Muccioli.
Ciò che si evince dai 5 episodi di “Sanpa: luci e ombre di San Patrignano” è l’indissolubile rapporto tra Vincenzo e la sua creazione, di come l’evolversi personale e quella della Comunità siano andati di pari passo. Muccioli è stato San Patrignano, ha rappresentato l’unico supporto che i tossicodipendenti e le loro disperate famiglie potessero avere nell’ultimo ventennio degli anni ’90, periodo in cui lo Stato sembrava ignorare il problema droga e le sue molteplici vittime.
La narrazione della docu-serie segue le atmosfere delle varie fasi in cui viene suddivisa la storia della Comunità. Si ripercorrono, così, i giorni dell’entusiasmo, quelli della nascita di una realtà vincente, uno spazio di rieducazione e di convivenza pacifica. L’idea di Muccioli è rivoluzionaria. Trasformare un’azienda agricola in uno spazio di inclusione, dove non arginare, ma bensì risolvere l’enorme fenomeno dell’eroina e dell’utilizzo di altre droghe, viene accolta il maniera trionfale dall’opinione pubblica.
La nascita di un idolo
La figura di padre benevolo e salvifico fa di Vincenzo una vera e propria star televisiva. Tutti i giornalisti lo vogliono nelle loro trasmissioni per intervistarlo, per capire quale sia la pozione magica per donare una vita nuova ad un tossicodipendente. La risposta per il fondatore di San Patrignano è semplice ed è l’amore. Attraverso l’accoglienza e ad una routine fatta di attività e lavoro si rieduca la persona a volersi bene e ad eliminare la dipendenza.
Vincenzo in questo momento è l’alternativa a chi voltava le spalle ai giovani con problemi di tossicodipendenza, a chi avrebbe preferito vederli morti piuttosto che vagabondi per le strade delle città. E’ proprio per questo che la sua opera è accolta con fervore dalle madri e dai padri che si trovavano impotenti di fronte alla malsana irrequietezza dei loro figli. Muccioli in questo momento è il bene in persona, il santone che ci sa fare e che si circonda di personalità imprenditoriali importanti che lo sostengono.
Il radiante periodo di nascita e di crescita della Comunità viene infangato da una serie di testimonianze che portano alla luce i metodi coercitivi utilizzati all’interno di San Patrignano. A questo punto lo spettatore si identifica con i protagonisti della docu-serie e si domanda insieme a loro fino a che punto la violenza possa essere tollerata all’interno della Comunità. Se le catene fisiche e morali imposte dal metodo Muccioli siano lo scotto da pagare per salvarsi dalla droga oppure quelle immagini debbano essere il campanello d’allarme per una situazione che stava già sfuggendo di mano.
Muccioli: santo o peccatore?
Nonostante l’opinione pubblica continui a sostenere il giusto e morale schiaffo di Muccioli a chi vuole scappare dalla comunità, in questo momento qualcosa cambia la visione che fino ad ora si era avuta di San Patrignano. L’intervento della magistratura rafforza l’idea che nella comunità non sia tutto oro ciò che luccica. Ma le accuse cadono perché è più importante il risultato finale rispetto alla violenza consumata per ottenerlo.
A livello di narrazione documentaristica iniziano ad alternarsi testimonianze a favore e contro il modus operandi di Vincenzo Muccioli. C’è chi approva completamente la sua figura e i suoi metodi, come si evince dal racconto del figlio Andrea, del presentatore Red Ronnie e dal medico Antonio Boschini e chi, invece, ha qualcosa da ridire sul marcio presente a San Patrignano. Ex ospiti della Comunità ricordano l’immagine di Vincenzo come quella di una persona dai buoni intenti mal sviluppati nel tempo.
Importanti le parole dell’ex addetto stampa di San Patrignano Fabio Cantelli, così come quelle della Walter Delogu, persona più che vicina a Muccioli. Entrambi sono ex. dipendenti che ce l’hanno fatta, che si presentano davanti a tutta Italia come copertina vincente per la comunità di San Patrignano. Il loro ricordo di Muccioli non è edulcorato, ma leale. Ci sono parole di ammirazione per il lavoro sociale svolto, così come critiche per un sistema che, viste le grandi dimensioni, aveva accentuato il suo essere megalomane.
Vi è anche una terza posizione nei confronti del padre fondatore della comunità di San Patrignano. C’è chi per Vincenzo Muccioli non ha buone parole, ma aspre sentenze. La “presunta” violenza sistematica all’interno della comunità è, per i parenti delle due vittime di San Patrignano, l’unica ragione di morte possibile. Su ciò indaga nuovamente la magistratura, ma i processi non condannano alcun colpevole.
Ai posteri ardua sentenza
“Sanpa” da tre possibilità allo spettatore, quella di identificarsi con tre tipi di testimonianze differenti. Vincenzo Muccioli e San Patrignano vanno difesi a spada tratta, condannati o semplicemente messi in discussione, tenendo conto del bene o del male? La risposta è dentro ognuno di noi e la molteplicità delle immagini mostrate inducano a pensare che il giudizio personale va oltre gli eventi accaduti. O forse qualcuno potrebbe pensare che il fatto è unico e inequivocabile, ma la volontà di rimanere fedeli all’immagine che si ha di un idolo sia più forte della verità.
Una cosa è certa, ancora oggi il tema San Patrignano divide. “Sanpa” ha avuto la lungimiranza di raccontare questa storia, permettendo al pubblico di rivivere o di conoscere per la prima volta una realtà così complessa. E’ parte integrante di quella Storia che difficilmente viene approfondita sui testi scolastici ed è un bene che sia disponibile su una piattaforma così conosciuta, quale è Netflix. La docu-serie affascina e incuriosisce, portando lo spettatore a interrogarsi e a volerne saper di più.
Marta Millauro
Seguici su