Film del 2015 diretto da John Welles e scritto da Steven Knight. “Il sapore del successo” segue il filone di tutti quei film ambientati nel retrobottega di una cucina di lusso. Un’esplosione di stelle, di Hollywood e Michelin, a partire dal protagonista Adam Jones, interpretato da Bradley Cooper a Sienna Miller, Uma Thurman e –udite udite– Riccardo Scamarcio.
Il sapore del cliché, perché questo film- secondo noi- non funziona?
Film che vai, cliché che trovi. Era inevitabile: il cliché dello chef stellato, duro e intransigente (Cracco style) fa gola ai più. Aggiungeteci anche una buona spolverata di ‘indottrinamento da tubo catodico’, colpevole di aver reso appetibili dei palinsesti televisivi ‘culinari’. Orrende sfilate di fornelli, spadellamenti, programmi ‘stampino’ da creare confusione e caos alla sola vista. Adam Jones, Bradley Cooper (regà, Cooper, BRADLEY COOPER, cioè: ma ve lo immaginate a fare cucina sperimentale, uditivo-sensoriale? Al massimo che addenta una bistecca infarcita di salsa barbecue e birra annessa)- dicevamo– Jones è uno chef stellato che ha distrutto la sua carriera a causa di una forte dipendenza dalle droghe, dal sesso, coadiuvato da una buona dose di brutto caratteraccio.
Dopo aver espiato le sue colpe pulendo un milione di ostriche sotto i rubinetti della Louisiana (perché?) torna a Londra. Determinato a riconquistare il suo mondo e ottenere la tanto agognata coppa tre stelle Michelin, che ascende tutti i cuochi del mondo all’Olimpo della cucina. Un film ben costruito e intelligentemente scritto. La linea narrativa segue le diatribe sentimentali e lavorative di Adam, le frustrazioni, uno stream of counsciousness che culmina con un gratificante riscatto personale. OK, ma il cibo dov’è? Ad essere onesti i piatti, che dovrebbero essere le portate principali del film, occupano una posizione molto marginale. La telecamera è tutta concentrata a catturare lo stato d’animo del protagonista, dimenticandosi di riprendere, qualche volta, le pietanze che vengono servite in tavola.
La delusione c’è. Specialmente per tipe come me, abituate a vedere film come ‘Semplicemente irresistibile’ del 1999, dove le portate vengono sezionate con chirurgica precisione. Insomma, se il vostro intento è quello di godervi un film che parli di arte culinaria e ricette mai assaporate: non è quello che troverete.
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