Il vescovo mons. Carlo Alberto Capella è stato arrestato nella giornata di ieri. L’accusa sarebbe di pedopornografia. Ennesimo scandalo al Vaticano.
Sono scattate le manette, nella mattinata di ieri, per monsignor Carlo Alberto Capella, vescovo della Santa Sede ed ex consigliere diplomatico della Nunziatura di Washington. Il vescovo sarebbe stato arrestato per pedopornografia, al culmine di un’indagine iniziata il 21 giugno dello scorso anno per volontà del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Una “possibile violazione delle norme” notificò il Dipartimento americano alla Santa Sede, 10 mesi fa, e che hanno portato ieri all’arresto di mons. Capella da parte della Gendarmeria Vaticana.
Nel comunicato stampa di ieri della Santa Sede si legge: “Questa mattina, su proposta del Promotore di Giustizia, il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha emesso un mandato di cattura a carico di Mons. Carlo Alberto Capella. Il provvedimento è stato eseguito dalla Gendarmeria Vaticana. L’imputato è detenuto in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria, a disposizione dell’autorità giudiziaria“. Il testo continua: “L’arresto giunge al termine di un’indagine del Promotore di Giustizia. Il Giudice Istruttore ha ordinato il provvedimento sulla base dell’articolo 10, commi 3 e 5, della legge VIII del 2013“.
L’illecito di pedopornografia sarebbe stato consumato a Washington durante un soggiorno del vescovo Capella nella capitale americana. Possesso e distribuzione di materiale pedopornografico sarebbe il reato. Un’inchiesta incrociata, quella che ha coinvolto l’ex consigliere diplomatico della Nunziatura di Washington, portata avanti non solo dal Dipartimento degli Stati Uniti ma anche da quello del Canada che ha mosso contro il vescovo accuse analoghe. Secondo quanto riporta il fattoquotidiano.it, un mese dopo gli Stati Uniti, anche i canadesi emisero un mandato di arresto per monsignor Capella con l’accusa di possesso e distribuzione di materiale pedopornografico. Un comunicato della polizia di Windsor informò che l’inchiesta era stata condotta sul web dopo una segnalazione del Centro nazionale di coordinamento contro lo sfruttamento dei bambini. Dall’indagine era emerso il serio sospetto che Capella avesse scaricato e poi diffuso materiale di natura pedopornografica mentre visitava un luogo di culto in Ontario, nel periodo tra il 24 il 27 dicembre 2016. La diocesi di London, sempre in Ontario, confermò di aver ricevuto una richiesta di aiuto per l’indagine e che l’assistenza era stata fornita in relazione alle possibili violazioni della legge sulla pornografia infantile commesse da monsignor Capella.
La vicenda che ha coinvolto la Santa Sede rappresenta una vera e propria macchia indelebile che attizza il focolare di sgomento verso il mondo cattolico. Risale agli anni 2009-2010, in particolar modo, la vicenda che mise in ginocchio la Chiesa di Roma, con lo scandalo dei preti pedofili che avrebbero abusato di minori all’interno delle diocesi, ma anche di vescovi e membri del clero, come il succitato mons. Carlo Alberto Capella, trovati in possesso di materiale pedopornografico.
Proprio Papa Francesco, pochi mesi dopo la sua elezione, si era fatto carico di emanare, in primis, norme penali più severe per chi si macchiava di reati di pedofilia e pedopornografia.
La legge VIII del 2013, citata nel comunicato stampa, prevede infatti per il comma 3 che “chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi precedenti, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, trasmette, importa, esporta, offre, vende o detiene per tali fini materiale pedopornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro duemilacinquecento a euro cinquantamila“. Per il comma 5 invece: “nei casi previsti dai commi 3 e 4, la pena è aumentata ove il materiale sia di ingente quantità”.
“E’ una questione grave. Speriamo che la Santa Sede fornisca maggiori dettagli“, auspicò al momento della denuncia il capo della Conferenza episcopale americana, il cardinale Daniel DiNardo.
Nato a Milano ma di origini emiliane, mons. Capella, 50 anni, si trova ora in stato di restrizione in Vaticano, ospitato presso il Collegio dei Penitenzieri. Il monsignore sarà presto ed inevitabilmente processato dal Tribunale penale della Chiesa di Roma che darà il proprio verdetto in considerazione delle accuse mosse dallo stesso organo vaticano.
Concetto Nardacci