Il Tar del Lazio con una sentenza ha ordinato alla Rai di rivelare le fonti di un servizio di Report. Sdegno e coraggio nel commento di Sigfrido Ranucci che si oppone fermamente, ritenendo la libertà e l’autonomia dei giornalisti una condizione non negoziabile. Levata di scudi anche dalla Rai che si dice pronta a ricorrere contro il Tar al Consiglio di Stato.
Il servizio incriminato
Al centro del contendere vi è un servizio andato in onda su Report il 26 ottobre 2020. L’inchiesta mostrava un sistema di nomine non proprio cristallino all’interno della Lega lombarda a cui si sommava la gestione discutibile degli appalti durante l’emergenza Covid. Tra i personaggi finiti sotto la lente di ingrandimento c’è Andrea Mascetti, uomo definito da Report una delle figure “più misteriose” del mondo leghista. Classe 1971, Mascetti entra nella Lega negli anni ’90 dopo una gioventù in cui coltiva affinità con l’estrema destra. Report ne aveva mostrato una foto in cui l’avvocato faceva il saluto romano. Lo studio legale Mascetti è stato designato come ufficio di consulenza per gli affari legali della regione Lombardia. Mascetti avrebbe anche creato un’associazione che incassava fondi dalla Fondazione Cariplo, di cui fa parte lo stesso Mascetti. E poi il pezzo Forte. Un membro dell’associazione rivela che “Mascetti è entrato con gruppo forte, che a Varese contava un centinaio di medici e con questo è entrato negli ospedali, ed è in grado di influenzare le nomine nelle aziende sanitarie, mentre lui prende consulenze come avvocato”.
Il ricorso al Tar
Mascetti ha dunque avviato un ricorso al Tar del Lazio chiedendo di poter accedere ai documenti in mano alla Rai. Secondo l’avvocato, nel contesto del servizio in questione sarebbero state riportate “notizie false e fuorvianti” e, per questo, aveva chiesto “l’ostensione del materiale informativo necessario per poter promuovere iniziative a tutela del suo buon nome dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie e amministrative”. Fermo il diniego opposto della Rai. Ieri nella sentenza depositata dai giudici del Tar è stata concessa a Mascetti la visione della “documentazione connessa all’attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni riguardanti le prestazioni di carattere professionale svolte dal ricorrente in favore di soggetti pubblici”. Secondo i giudici il segreto delle fonti giornalistiche perde di rilevanza di fronte al fatto che i documenti riguardano l’interlocuzione intercorsa tra l’avvocato leghista e soggetti di natura pubblica.
Le implicazioni della sentenza
La sentenza del Tar sul caso Report porta con sè implicazioni di non poco conto e crea un precedente che potrebbe mettere a repentaglio l’autonomia e la libertà dei giornalisti. Ranucci ha definito la sentenza “gravissima e incostituzionale“, spiegando:
“Se dovesse passare il principio espresso dal Tar, quale fonte si affiderebbe più a Report o a un altro giornalista del servizio pubblico? Sono sicuro che la Rai impugnerà questa sentenza, perché l’esercizio dell’attività giornalistica è nella ‘mission’ del contratto di servizio e perché la Rai, nonostante gli attacchi, è un luogo di libertà“.
Secondo Ranucci anche la semplice ostensione dei documenti riguardanti un singolo trasferimento di denaro porterebbe al riconoscimento della fonte e conclude:
“È a rischio la libertà di stampa. La pronuncia del Tar viola la Costituzione e la tutela delle fonti, crea disparità tra giornalisti di serie A e B, del servizio pubblico e non. Il rischio è che a Report non scriva più nessuno: sono 78 mila le segnalazioni che riceviamo tra un ciclo e l’altro della trasmissione”.
La Rai
Sul piede di guerra al fianco dei giornalisti si schiera anche la Rai, contraria alla sentenza del Tar. I vertici dell’azienda di servizio pubblico hanno già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato e la redazione di Rai 3 ha fatto quadrato intorno a Ranucci:
“Il pronunciamento dei giudici del TAR del Lazio (…) costituisce un precedente gravissimo e un attacco all’indipendenza e all’autonomia dell’informazione. Rai Tre rinnova la sua assoluta fiducia a Sigfrido Ranucci e alla sua squadra, ribadendo che si batterà in ogni sede perché venga tutelato il diritto alla riservatezza delle fonti, caposaldo del giornalismo di inchiesta“.
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Giulia Moretti