Secondo gli inquirenti, l’ingente patrimonio di 120 milioni di Euro di Calogero Romano, noto imprenditore operante nella Sicilia Occidentale, sarebbe il frutto di un reiterato appoggio alla mafia di Agrigento.

Maxi sequestro nel territorio di Agrigento, dove la Guardia di Finanza ha provveduto a dare esecuzione al congelamento di un patrimonio di 120 milioni di Euro di proprietà del noto imprenditore siciliano Calogero Romano e di presunta provenienza illecita.

L’enorme patrimonio sequestrato, su provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Agrigento con richiesta della Procura di Palermo, è formato da immobili, conti bancari e numerose società. Tra le imprese figurano la Romano s.r.l. e la Mediterranea cavi s.p.a., dedite alla produzione e posa di cavi, settore in cui l’imprenditore siciliano è molto conosciuto; la Romano telecomunicazioni s.r.l., la Program group racing engineering s.r.l., proprietaria dell’autodromo della Valle dei Templi.

Calogero Romano era già stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa

La misura di prevenzione non giunge come un fulmine a ciel sereno, in quanto Calogero Romano era già stato condannato nel 2016 per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa ad una pena alla reclusione di 6 anni e 6 mesi.
Ciò che gli inquirenti prima, e i giudicanti poi, hanno appurato, è che l’imprenditore siciliano, partito da un’azienda produttrice di calcestruzzo, ha nel tempo ceduto alla pressione di Cosa Nostra. Calogero Romano avrebbe acconsentito ad alcuni membri della criminalità organizzata siciliana di entrare in affari con lui, addirittura di essere soci occulti delle sue società, per poter curare i propri interessi. In cambio, l’imprenditore, ora leader nel settore della fibra ottica, avrebbe goduto di enormi vantaggi che hanno portato la sua attività a crescere incessantemente.

Fondamentale l’aiuto di due pentiti divenuti collaboratori di giustizia

L’ingente sequestro è stato possibile anche grazie alla collaborazione di due pentiti: Maurizio Di GatiIgnazio Gagliardo. I due hanno deciso di collaborare dopo aver cominciato a beneficiare del programma di protezione per i collaboratori di giustizia.
Maurizio Di Gati ha raccontato che Calogero Romano “si mise a disposizione per assumere personale indicato da noi. Gli accordi erano che saremmo stati soci occulti, sia nella ditta di fili elettrici sia nella società che doveva realizzare l’autodromo a Racalmuto. E avremmo diviso i guadagni“.

Il patrimonio dell’imprenditore siciliano sarebbe quindi il frutto anche di reiterate attività illecite, tanto da essere reale il rischio di un suo reimpiego in progetti del sodalizio criminale.

Di Lorenzo Maria Lucarelli