Settembre è ormai iniziato da qualche giorno e il “temuto” nono mese è alla fine arrivato anche quest’anno. Il suo inizio segna la fine della stagione estiva e con essa finisce il periodo della spensieratezza. Settembre è un mese che segna un passaggio, una transizione tra la fine dell’estate e il ricominciare. Forse proprio per questo è il mese più malinconico dell’anno e noi per il primo appuntamento della Rubrica Arte di questo mese, vogliamo celebrare la malinconia di Settembre attraverso l’arte di Egon Schiele che al meglio racchiude questo ambiguo sentimento.
Settembre e l’arte tormentata di Schiele
Settembre è il mese che coincide con l’inizio dell’autunno. E se pensiamo all’autunno, pensiamo ai suoi bellissimi colori caldi, alle foglie cadute, al mosto e a tutte quelle attività che da sempre hanno caratterizzato questa stagione di passaggio. Certamente ci vengono in mente tantissime tele d’autore che meravigliosamente hanno interpretato questo tema. Settembre, però, è anche il mese che segna una fine, un passaggio verso un periodo sicuramente più intenso dell’estate. E questo importante passaggio è segnato da un sentimento di malinconia e tristezza. Noi, oggi, vogliamo parlare della malinconia di Settembre e dell’autunno attraverso gli occhi del pittore espressionista Egon Schiele.
Pittore e incisore austriaco, pupillo di Gustav Klimt, Schiele è stato uno dei maggiori artisti figurativi del primo Novecento, considerato l’esponente assoluto del primo espressionismo viennese. Spesso pensato in relazione alla figura umana, il suo soggetto favorito quando incideva su carta, Schiele è stato anche un ottimo pittore di paesaggi. Se si considera la pittura ad olio, i soggetti paesaggistici rappresentano ben un terzo della produzione matura. Fin dalla tenera età, Schiele, avendo vissuto una vita tormentata, aveva cercato conforto nella natura. Le lunghe passeggiate erano il suo modo di fuggire da quella che chiamava la sua “scuola senza vita” e da una vita domestica diventata sempre più disturbata. Schiele si identificava strettamente con la natura, nella quale vedeva legami con gli stati emotivi umani.
L’autunno che angoscia la natura
Terre d’ombra, luci autunnali, radici, zone rossastre contro un cielo sfumato, privo di consistenza, alberi spogli in tensione costante. Questi sono i paesaggi autunnali ritratti da Egon Schiele. Nel 1911 l’artista intraprende una serie di “ritratti” di alberi antropomorfi, un progetto che persegue nel corso dell’anno successivo e, con intensità decrescente, per il resto della sua vita. Questi dipinti rappresentano l’isolamento dell’umanità in un ambiente ostile. Gli alberi sono tipicamente radicati nella terra fredda e arida e si stagliano contro un cielo vuoto e grigio. Deboli e fragili, hanno spesso bisogno di pali di sostegno e raramente portano più di poche foglie. L’inverno e l’autunno erano per lui le forze della morte contro le quali gli alberelli lottavano invano ma nobilmente.
“One experiences an autumnal tree in summer most profoundly. This melancholy I want to paint.”
“Questa la malinconia che voglio dipingere”. E questo senso di profonda malinconia, forse anche già angoscia, è il senso di questi dipinti insoliti sull’autunno. Ben lontani dai dipinti che siamo abituati a vedere quando cerchiamo delle tele che rappresentano l’autunno, ma non meno significativo e rappresentativo degli altri. La solitudine espressa dagli alberi spogli dell’autunno dà un senso di smarrimento, di perdita. D’altronde, è proprio così che si si può sentire quando l’estate finisce e tutto quello che avevamo messo in pausa ci piomba di nuovo addosso, richiamandoci alle responsabilità della vita.
Ilaria Festa
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