Nemmeno il mondo dello sport fu risparmiato dalle leggi applicate dal Nazismo contro gli ebrei. Ecco un terribile racconto: serva alle generazioni future per evitare altre tragedie similari. Gli orrori dilaganti della Shoah colpirono qualsiasi aspetto della vita quotidiana. Tutto ciò che era normale divenne, di colpo, da perseguire duramente. E lo sport, ovviamente, non fu risparmiato dall’escalation di orrori che cominciavano a macchiare di sangue tutta l’Europa. Il Nazismo di Hitler non ebbe alcuna pietà degli ebrei, di qualsiasi ceto sociale. Furono presi, imprigionati e moltissimi di loro, purtroppo, non sopravvissero alle brutture dei campi di sterminio. Anche il mondo del calcio, la disciplina più bella del mondo, dovette assistere, impassibile, alle oscenità dei regimi totalitari europei. Hitler e Mussolini capirono molto velocemente quanto il calcio, veicolo d’aggregazione di massa e sport molto praticato, potesse incidere sulle rispettive propagande di regime. I due dittatori trasformarono quel mondo avulso dagli orrori razziali in un vero e proprio strumento politico che rifocillò la persecuzione degli ebrei.
Shoah e calcio: una macchia di sangue indelebile
Simon Kuper è uno storico dello sport che ha scritto numerosi libri (tra cui “Ajax, la squadra del ghetto”) sul rapporto tra la Shoah ed il mondo del calcio. Una delle sue più celebri frasi recita: “Il calcio è stato il luogo in cui Olocausto e vita quotidiana si sono incontrati”. Ma che significato può assumere questa frase così enigmatica?
Per comprendere a pieno il senso di tale affermazione, dobbiamo analizzare i testi ritrovati dallo stesso Kuper negli archivi dello Sparta Rotterdam, una compagine olandese che attualmente milita nella Eredivisie, ovvero il massimo campionato di calcio dell’Olanda. Lo storico dello sport ha rinvenuto delle lettere con cui l’Ajax comunicò ai soci ebrei che, in virtù delle nuove leggi, il loro tesseramento sarebbe decaduto. Una delle prime conseguenze del processo di epurazione razziale varato dalla Germania nazista. Anche i calciatori dello Sparta non vissero momento felici: furono traditi dai compagni filonazisti e consegnati alle SS.
Tantissime personalità del mondo calcistico toccarono con mano le oscenità della deportazione e prigionia trovando, in molti casi, la morte nei lager. Eddie Hamel, ala dell’Ajax, morì ad Auschwitz insieme ai suoi tifosi il 30 aprile del ’43. Caddero nei campi di concentramento anche Han Hollander, radiocronista olandese innamorato del calcio e Julius Hirsch, primo calciatore tedesco ed ebreo ad aver indossato la maglia della Nazionale teutonica. Dopo aver imprigionato Kurt Landauer (presidente del Bayern Monaco ai tempi), Adolf Hitler cambiò il nome della società in Judenklub. Anche l’Italia fascista si macchiò di crimini osceni legati alle personalità del calcio: ad Auschwitz, nel gennaio ’44, morì di stenti Arpad Weisz, l’allenatore ungherese che vinse uno scudetto con l’Ambrosiana e due col Bologna.
Guai a dimenticare
Ogni aspetto della vita quotidiana fu intaccato dalla persecuzione nazi-fascista. Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria che ha il compito, importante, di tenere vivo il ricordo delle oscenità vissute dagli ebrei in passato. Un monito che deve scacciare ogni possibilità di replica. Fu colpito anche il mondo del calcio, come qualsiasi sfera della vita sociale. Se questo meraviglioso sport riuscirà a contribuire alla memoria delle vittime cadute ingiustamente nei campi di concentramento, troveremo un altro, grande, motivo per amare questa bellissima disciplina.
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