Orrore a Palermo: disabili maltratti fino alla tortura in una casa di cura. I militari della Guardia di Finanza hanno scoperto gravissimi episodi di maltrattamenti ai disabili assistiti nella casa di cura Suor Rosina.
Le indagini della Guardia di Finanza di Palermo
“Gli ospiti del centro sono sottoposti a un regime di vita che non è eccessivo definire contrario al principio di umanità e scontano quotidianamente la pena della loro disabilità con il loro essere sottoposti a torture sistematiche che aggravano la loro condizione mentale e ne devastano il corpo“
È quanto scrive il gip di Termini Imerese (Palermo) nell’ordinanza che dispone 35 arresti.
Solo dieci indagati sono finiti in carcere, per sette sono scattati gli arresti domiciliari, cinque sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno.
Nella residenza-lager i disabili venivano picchiati, segregati e rinchiusi per ore nella cosiddetta ‘stanza relax’, un locale vuoto e privo di servizi igienici, in cui sarebbero rimasti senza acqua e cibo.
Il dramma emerge soprattutto dalle intercettazioni
Ancora più drammatico ciò che emerge dalle intercettazioni effettuate nella casa di cura-lager del palermitano dove i pazienti venivano picchiati e insultati.
Nella sala «relax» venivano portati di peso, rinchiusi e presi a calci e pugni.
Poi venivano offesi: «Frocio», urlava un operatore e dopo l’ennesimo calcio chiudeva la porta.
«Devi buttare il veleno dal cuore» diceva un altro inserviente della struttura.
«Dottoressa mi faccia uscire. Avevamo detto cinque minuti, si mantengono i patti, i patti si mantengono».
L’intercettazione shock di alcune operatrici del centro di Palermo sui disabili picchiati
«Io ne ho certezza al 99% gli alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa… noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale ,diceva una donna al telefono. I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita».
Un’altra operatrice intercettata, parlando con una delle indagate, le contestava:
«20 mila euro, quello di parcelle tra lui e sua moglie, 60 mila euro lui e 70 mila euro l’anno sua moglie, senza che sua moglie a Castelbuono mettesse un piede, più tutti quello che tu hai sciupato che non vi spettavano, rimborsi chilometrici, rimborsi quando tua figlia se ne andava a Catanzaro all’università, i pannolini dei tuoi nipoti, i confetti, le autovetture».
E un’altra:
«Tu ce l’hai presente un manicomio? Uguale, identico, ci manca solo, gli ho detto che li legano ai letti e poi siamo a posto, siamo pronti per la D’Urso. Ci sono cose che sono oggettive. I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c’è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma. Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno».
Un problema ricorrente in vaie parti d’Italia che non riguarda solamente le case di cura ma a volte anche scuole materne. L’utilizzo di telecamere è fondamentale per evitare avvenimenti del genere .
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