Nell’intervista rilasciata a Le Iene da una persona che ha collaborato alle ricerche di Silvia Romano sono emerse nuove ed inquietanti verità sul rapimento.
Silvia Romano poteva essere liberata prima?
Silvia Costanza Romano, la giovane volontaria originaria di Milano che lavora per Africa Milele Onlus, fu rapita tra il 20 ed il 21 novembre 2018 in Kenya, nel villaggio di Chamaka. La ragazza è stata liberata, tra innumerevole polemiche, dopo 500 giorni di prigionia in Somalia, e lo scorso 8 maggio è tornata in Italia, ricongiungendosi finalmente con i familiari. Tuttavia, Le Iene hanno intervistato una persona che avrebbe partecipato alle ricerche della Romano, la quale sostiene che si sarebbe potuto riportare a casa quest’ultima molto prima: “Un mio contatto sapeva al 90% dove si trovava”, ha dichiarato ai microfoni di Matteo Viviani e Riccardo Spagnoli.
“C’erano troppe interferenze”
Perché, dunque, non è stato possibile far riabbracciare prima Silvia Romano ed i suoi genitori? Il testimone ha dato la colpa alle “interferenze”: ce n’erano troppe, e così, “chi doveva prendere una decisione non ha potuto farlo con serenità. Per la libertà di un ostaggio tutto è possibile, il “come” è un altro discorso”. La Iena ha poi domandato per quale motivo, ad un certo punto, si siano spenti i riflettori puntati sulla vicenda, ed è calato il silenzio; il testimone ha risposto: “Bisognerebbe chiederlo a chi effettivamente stava cercando Silvia”. Quindi sono ancora tante, troppe, forse, le ombre sulla triste storia della volontaria.
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