Tragica fatalità o responsabilità colposa dei medici e sanitari? Su questo gli inquirenti stanno indagando per verificare come e perchè la piccola Sofia abbia contratto la malaria, in un primo momento non diagnosticata come tale

La Procura di Trento ha aperto un’indagine sulla morte per malaria della piccola Sofia, la bambina di 4 anni morta dopo aver misteriosamente contratto la malaria, diagnosticata presso l’Ospedale di Trento.
Sofia, che era stata prima ricoverata presso l’Ospedale di Portogruaro in quanto affetta da diabete, si era poi recata una prima volta presso il nosocomio di Trento lamentando una faringite, ritornandovi una seconda volta, già in gravi condizioni, ormai con i chiari segni della malaria in stato avanzato, per entrare poi in coma dopo essere stata trasportate presso l’Ospedale di Brescia.

Tutto è iniziato il 16 agosto, e il periodo di incubazione della malattia corrisponderebbe ai giorni passati nei vari ospedali fino alla morte; proprio per questo le diverse equipe sanitarie stanno cercando di capire dove e come la bambina possa aver contratto la malattia, ormai debellata da anni in Italia, invece ancora presente nei paesi africani e dell’America Latina.

Decisiva potrebbe essere la considerazione che negli stessi giorni, seppur in un’altra camera della pediatria, erano ricoverati presso l’Ospedale di Trento anche due bambini africani provenienti da un viaggio nel Burkina Faso e che avevano contratto la malaria. Stessa cosa per la madre e il fratello più grande, ricoverati però in un altro reparto. A tutti e quattro era stata diagnosticata la malattia per tempo (fondamentale affinchè le cure vadano a buon fine) tanto da riuscire a sconfiggerla ed essere dimessi.

I sanitari stanno prendendo seriamente in considerazione la possibilità che tra la permanenza della famiglia africana e il contagio della piccola Sofia possa esservi un collegamento, ma ancora non è stato scoperto come sia stato possibile in quanto la malaria si contagia solo attraverso il sangue. Tre solo le ipotesi paventate:

  • Che una zanzara, proveniente dall’Africa, sia stata trasportata poi in Italia (si parla di “malaria da aeroporto o da viaggio”) e nell’ospedale abbia poi punto Sofia, trasmettendole la malattia;
  • Che una zanzara che si trovava nel nosocomio abbia punto qualcuno dei ricoverati della famiglia africana, diventando così vettore per la malattia e trasmettendola alla piccola Sofia dopo averla punta (si tratta però di un’ipotesi lontana in quanto le zanzare che si trovano in Italia non sono generalmente in grado di diffondere la malaria);
  • Che Sofia sia stata infettata dal sangue di qualcuno che aveva contratto la malaria (ad esempio uno dei membri della famiglia africana) dopo una trasfusione di sangue infetto o una puntura con un ago non sterile ma già usato. Ipotesi alquanto difficile dato che la bambina non è stata soggetta ad alcuna trasfusione o puntura, almeno ad una prima analisi.

Un’altra possibilità, invece, è che la bambina sia stata contagiata quando ancora si trovava in vacanza a Bibione o anche all’Ospedale di Trento ma da una zanzara che nulla aveva a che fare con la famiglia africana ricoverata. Anche quest’ultima ipotesi ancora non ha ricevuto alcun riscontro e risulta alquanto difficile: le trappole piazzate nella zona ospedaliera non hanno ancora catturato nessuna zanzara che possa dirsi vettore della malaria, seppur non può escludersi che ci possa essere stata nei giorni precedenti.

Sarebbe il “Plasmodium falciparum” il parassita che ha contagiato la piccola Sofia Zago, procurandole la morte per malaria. Resta da stabilirne il ceppo di appartenenza

Intanto le ricerche dei sanitari continuano, come afferma Nunzia Di Palma, direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento: «Abbiamo cercato di capire se abbiamo fatto degli errori nelle procedure, perché per un contagio ci vorrebbe un contatto di sangue, ma non lo troviamo. Abbiamo ripercorso l’intero percorso della paziente durante il ricovero. Non siamo preoccupati del fatto che possano avvenire contagi. Ma ci vuole una spiegazione per quanto accaduto e non so se saremo in grado di trovarla. L’isolamento, in caso di un paziente con malaria, non è previsto, perché ci vuole un vettore. Aggiungo che nella stessa stanza in cui la piccola era ricoverata per diabete c’era un bimbo di 3 anni, sempre col diabete,  rimasto per lo stesso periodo, dal 16 al 21 agosto, ma che non ha manifestato sintomi di malaria».

Dai primi riscontri scentifici sembra che il parassita che ha contagiato Sofia sia lo stesso ad aver contagiato anche i quattro provenienti dal Burkina Faso, rendendo verosimile che il contagio possa essere avvenuto in ospedale e “a causa” loro. Tuttavia, i dati non sono schiaccianti in questo senso perchè esistono diversi ceppi dello stesso parassita e solo «se dalle analisi in corso emergesse che il ceppo o variante di Plasmodium Falciparum che ha provocato la malaria nei due bambini ricoverati a Trento e nella piccola Sofia fosse lo stesso, allora il contagio della bambina sarebbe sicuramente avvenuto in ospedale ma resterebbe da capire in che modo. Risultasse invece differente, allora il contagio sarebbe avvenuto in un contesto diverso» – sottolinea il vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, Massimo Galli, ai microfoni dell’ANSA.

Intanto, la Procura di Trento ha aperto un’indagine contro ignoti per verificare che siano state rispettate tutte le procedure e i protocolli previsti dalla comunità scientifica. Il sospetto degli inquirenti è che sia stato utilizzato un ago infetto (quando invece è obbligatorio utilizzare strumenti monouso) che possa aver trasportato la malattia di un paziente con la malaria alla piccola Sofia.

Lorenzo Maria Lucarelli