Benvenuti nell’universo narrativo di Storyline. Il 6 luglio del 1907 nasceva in Messico Frida Kahlo. Alla famosa pittrice è dedicato il racconto di oggi. Per realizzarlo ci siamo ispirati a fatti della sua vita, alcune canzoni a lei dedicate e alla famosa lettera scritta da lei al poeta messicano Carlos Pellicer

Dal primo minuto che l’aveva vista in quella stanza di ospedale, Antonio Gimondi aveva capito che quella ragazza così sminuita da tutti aveva qualcosa di speciale. L’incidente che l’aveva portata qui ad inveire contro la sfortuna, quel busto ingessato e quelle gambe rotte gli avevano ricordato immediatamente la sua eroina tanto da scrivere nel suo diario: “L’ho trovata “. Un affermazione che fu per un paziente psicotico con un ginocchio fratturato a causa di una delle sue crisi fu una nuova spinta alla vita e all’adorata pittura mentre l‘amata Frida prendeva improvvisamente forma. Antonio si domandò se quella ragazza così sfiduciata avrebbe accettato quel ruolo mentre nella sua mente passavano le immagini degli amori passati. Brevi fotogrammi di una vita alla continua ricerca di quell’amore il cui significato era stato smarrito quando da bambino era stato costretto ad assistere alla stupro e alla morte della madre.

Sognando Frida, dolore e amore

Una delle canzoni che ha ispirato questo racconto, fonte Fio

Tre giorni dopo Antonio stava ultimando un suo dipinto dove vi era un suo autoritratto in stile surrealista ispirato dall’amata pittrice Frida Kahlo.Perchè dal lato sinistro del tuo ritratto c’è una bellissima radura e al lato destro c’è il fuoco?”, chiesa una flebile vocina dal letto della sua sinistra. “Sono Antonio Gimondi e mi diletto in pittura surrealista ed allegorica. Le diverse raffigurazioni a destra e a sinistra del mio ritratto raffigurano i diversi stati in cui è divisa la mia mente che si muove tra dolore e amore”. “Mi chiamo Sara e penso che nella mia vita c’era così tanta gioia che non la vedevo ora dopo che quell’idiota dell’autista dell’autobus su cui viaggiavo è finito furi strada ancora a meno”. “Metti gli occhiali”, asserì Antonio generando una buona risata collettiva. Ne seguì una chiacchierata piacevole e la nascita di una piccola e felice amicizia che fece dimenticare ad entrambi i loro problemi mentre si muovevano perfettamente nei ruoli di artista e spettatrice interessata.

Poi al culmine di questo gioco delle parti, qualche settimana più tardi Sara decise di farsi promuovere come pittrice. Una richiesta singolare che da un lato spaventò Antonio che pensò alle solite crisi capitate ogni volta che l’amicizia con una donna si intimizzava e si poteva trasformare, a suo dire, in qualcos’altro. Dall’altro la sua spasmodica ricerca di una Frida da amare lo spinse ad andare avanti. “Devi ricordarti innanzitutto che l’arte in tutte le sue forme è spesso una bugia per dire la verità e che è perciò un mezzo per raccontare noi stessi nel profondo”, disse a Sara dopo qualche attimo di esitazione. Poi le passo una matita ed un foglio da disegno. “Io non so da dove cominciare”, fece Sara improvvisamente impaurita. “Inizia da te stessa e da ciò che ti circonda”, la consolò Antonio

Yo te cielo

Uno scambio di sguardi dimostrò nei giorni seguenti che in un anonima stanza di ospedale stava nascendo un fiore che forse avrebbe potuto sbocciare. Antonio interpretò quelle giornate intense come un lungo sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi. Poi mentre cercava di dipingere un colibrì Sara gli chiese aiuto perchè non riusciva a dargli la forma voluta. Antonio prese inavvertitamente la mano di Sara ed iniziò a dipingere quando la giovane gli diede un bacio. Quel momento di tenerezza diventò purtroppo per Antonio l’inizio del terrore. In quell’istante infatti si accorse che lui era tornato. Quell’uomo che in una notte aveva distrutto la sua vita era di fronte a lui come se il tempo non fosse passato. “Non la toccare disse”, scostando improvvisamente Sara da se. La giovane rimase spaventata perchè quell’uomo non riusciva a vederlo mentre Antonio si colpiva da solo con un temperino in diverse parti del corpo.

Sara lo prese tra le braccia alzandosi a fatica dal letto per i postumi dell’incidente. Chiamò aiuto. Prima che lo portassero via Antonio le disse tra delirio e realtà: “Io ti cielo, affinché le mie ali si aprano a dismisura per amarti senza confini”. Più tardi Sara seppe che si trattava di una frase di Frida Kahlo di cui Antonio era appassionato e che ricercava in ogni ragazza che incontrava. Seppe anche del suo tragico passato e rimase qualche ora a pensare prima di prepararsi e cambiare, dietro consiglio della famiglia, ospedale. Eppure non riusciva ad andarsene e lasciare l’unica persona che a suo modo le avesse dato un po’ di felicità e una cosa difficile da ottenere come la speranza. Questo però stava sempre più prendendo la forma per lei di un dolce e fiabesco ricordo che strideva con l’uscita dell’ospedale e la realtà intorno a lei.

Epilogo

Antonio si stava lentamente riaprendo gli occhi mentre il mostro era ancora di fronte a lui a fissarlo. Poi senti una mano stringerli la sua mentre distinse sfocatamente una testa di ragazza sul suo petto. “Se tu sei cielo allora io sarò il sole che asciugherà le tue lacrime”, gli disse una voce che non poteva non riconoscere. Sullo sguardo di Antonio si dipinse lentamente un sorriso. “Frida”, disse mentre il mostro scompariva in un bagliore che lasciò spazio al bellissimo giardino su cui dava la finestra della sua stanza. Negli stanti seguenti Antonio si accorse Sara era ancora li e che lui finalmente aveva scoperto cosa volesse dire veramente la parola amore.

Stefano Delle Cave

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