Colpo di Stato in Sudan. Il Paese sta vivendo forti momenti di tensione e di disordine. Il premier Abdallah Hamdok è stato arrestato assiema ad alcuni membri del Governo, il suo portavoce e il governatore della capitale Khartoum. I responsabili della cattura non sono ancora stati identificati. La notizia arriva questa mattina dall’Agenzia Italia AGI.
Sudan: colpo di Stato. Non identificati i responsabili degli arresti del premier e degli altri membri del Governo
Il Sudan è stato vittima di un colpo di Stato. Il premier Abdallah Hamdok è stato arrestato e insieme a lui anche alcuni membri del Governo: il ministro dell’Industria Ibrahim al-Sheikh, il ministro dell’Informazione Hamza Baloul e il consigliere per i media del primo ministro, Faisal Mohammed Saleh. Sono stati arrestati anche il portavoce del consiglio sovrano del Sudan, Mohammed al-Fiky Suliman, e il governatore della capitale Khartoum, Ayman Khalid. I responsabili degli arresti sono un gruppo armato non ancora identificato.
Secondo quanto riportato dall’AGI, alcuni gruppi pro democrazia sudanesi avevano messo in guardia il Governo da un possibile colpo di Stato, durante una conferenza stampa che alcune persone non identificate hanno cercato di impedire. Delle proteste contro gli arresti si stanno svolgendo nella capitale Khartoum. Dei manifestanti stanno dando fuoco a diversi pneumatici. Alcuni uomini in uniforme militare hanno bloccato le strade principali che conducono alla capitale. Internet è fuori uso in tutto il Paese e la televisione trasmette canzoni patriottiche.
La politica di transizione del Sudan sta attraversando dei momenti difficili da ormai due anni. Dall’estromissione del presidente Omar al-Bashir nell’aprile 2019, il Paese è stato investito da profonde divisioni politiche e lotte per il potere. Dall’agosto del 2019 un’amministrazione civile-militare è stata incaricata di controllare il Sudan e di guidarli verso un governo civile stabile. Da dieci giorni si stavano però già svolgendo delle proteste contro il governo sudanese di transizione. I manifestanti avevano infatti circondato l’area del palazzo presidenziale, sede dell’esecutivo. “Un esercito, un popolo” è stato lo slogan degli ultimi dieci giorni attraverso cui i gruppi di protesta hanno chiesto una presa di potere da parte dell’esercito. «Siamo pronti a restare qui anche un mese se serve – affermano i manifestanti – vogliamo un consiglio militare, né civili né altri».