“La Formula 1 è in forte crescita, sia negli Stati Uniti che a livello globale. Rispetto al passato, ora la situazione è cambiata, e va presa in considerazione”, aveva dichiarato non molto tempo fa Mark Rushbrook, direttore di Ford Performance. Bene, detto, fatto: dopo più 20 di assenza l’Ovale Blu, spinto dal corso sempre più elettrificato del Circus, torna in F1 per essere protagonista come lo è stata in passato. Il nuovo regolamento power unit che entrerà in vigore nel 2026 (più importanza al motore elettrico e carburanti sostenibili al 100%) unito alla crescita della popolarità della F1 negli Stati Uniti hanno convinto Ford a tornare in Formula 1 a partire dal 2026 in qualità di fornitore di tecnologia legata alle power unit, una fornitura che andrà a vantaggio della Red Bull la quale in occasione della presentazione della RB19 questo pomeriggio ufficializzerà la partnership. “Questo è l’inizio di un nuovo entusiasmante capitolo della storia motoristica di Ford, iniziata quando il mio bisnonno (Henry Ford) vinse una gara che contribuì a lanciare la nostra azienda – le parole di Bill Ford, presidente esecutivo di Ford Motor Company – Ford sta tornando all’apice di questo sport, portando la sua lunga tradizione di innovazione, sostenibilità ed elettrificazione su uno dei palcoscenici più visibili del mondo”. Nel tweet attraverso il quale Ford ha annunciato il ritorno in F1 – categoria da cui mancava dal 2004 quando terminò l’avventura con la Jaguar – il brand del Michigan ha sottolineato che i fattori che hanno fatto la differenza per il ritorno nel Circus sono stati l’innovazione, la sostenibilità, l’elettrificazione e la visibilità mondiale.
Perché è il momento giusto per Ford di puntare sulla F1
A portare Ford a decidere di rimettersi in pista sono stati, senza dubbio, la possibilità di sfruttare il palcoscenico dei GP che è in continua crescita in tutto il mondo negli ultimi anni, ma oltre l’aspetto pubblicitario c’è che quello tecnico. Le monoposto della F1 moderna, basate su elettrificazione, sostenibilità e l’utilizzo dei carburanti sintetici, sono un laboratorio perfetto per lo sviluppo di soluzioni per i modelli di serie in piena fase di transizione energetica. Senza contare che, con la governance USA di Liberty Media, l’assenza di un Costruttore statunitense nella classe regina delle corse faceva molto rumore.
Ford ha firmato quello che a conti fatti è il motore di maggior successo della storia della Formula 1, il Cosworth DFV. V8 derivato dal precedente quattro cilindri, da cui deriva l’acronimo Double Four Valve, questo propulsore fu impiegato dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta da larga parte dello schieramento della F1, fatti salvi i costruttori veri e propri – come Ferrari, Alfa Romeo, Renault e BMW – che sviluppavano e producevano i propri motori. Non solo: varianti di questo propulsore furono impiegate in altre categorie, dalla Formula 3000 ai prototipi. Dalla sua introduzione sulla Lotus 49 nella terza gara del mondiale 1967, il DFV si impose in ben 155 GP, portando alla vittoria di dieci mondiali costruttori e di dieci titoli piloti. Gli iridati con il Cosworth DFV furono Graham Hill, Jackie Stewart, Jochen Rindt, Emerson Fittipaldi, James Hunt, Mario Andretti, Alan Jones, Nelson Piquet e Keke Rosberg. Se le evoluzioni successive – DFY, DFZ e DFR – ottennero invece risultati più modesti, l’ HB V8, introdotto nel 1989, regalò a Michael Schumacher il primo titolo mondiale in carriera con la Benetton nel 1994, l’ultimo per la Ford in F1.
Dopo aver fornito motori a scuderie clienti fino alla fine degli anni Novanta, Ford nel giugno del 1999 decise di creare un proprio team ufficiale in F1, scegliendo però di utiizzare il marchio Jaguar, all’epoca di sua proprietà. Una volta rilevata la Stewart, fu deciso di rinominare la scuderia Jaguar, utilizzando però i soliti motori Ford-Cosworth, sulla falsariga di quello che vediamo oggi con l’Alpine-Renault. Questa scelta si rivelò decisamente controproducente, visto che in Ford, dopo qualche stagione senza grandi successi, decisero di interrompere il progetto a fine 2004, proprio perché non portava un ritorno di immagine al marchio principale a fronte di investimenti ingenti. A nulla era valsa, un paio di anni prima, la scelta di coinvolgere Niki Lauda in un ruolo dirigenziale. L’avventura si concluse con soli due podi conquistati. E, ironia della sorte, la Jaguar fu acquistata proprio dalla Red Bull con cui Ford, oggi, è pronta a convolare a nozze.