Texas, nella città di Aledo, è avvenuto un episodio di razzismo nei confronti di ragazzi di colore. In un liceo, i ragazzi del primo anno avevano sulla piattaforma Snapchat una chat di gruppo intitolata ‘Slave Trade‘. In tale chat i ragazzini bianchi assegnavano letteralmente un prezzo ai compagni neri.
Texas, la chat dei liceali: ‘Slave Trade‘
Aledo, Texas è una cittadina non distante da Fort Worth, e secondo il censimento del 2010, la popolazione era di 2,716 abitanti, non certo una metropoli. In particolare si noti come in base agli ultimi dati ufficiali, tra i 499 studenti del primo anno di liceo, quelli coinvolti nella vicenda, 390 sono bianchi e solo 6 sono neri. Fare parte di una minoranza evidentemente rappresenta ancora una difficoltà.
Gli studenti in questione tuttavia hanno superato ogni sorta di limite. Fare parte di una una chat su Snapchat chiamata ‘Slave Trade‘, tratta degli schiavi, è già di per sé inconcepibile. Assegnare un prezzo ai compagni di scuola in quanto afroamericani è un atto criminale da condannare. La dinamica del gruppo era piuttosto semplice, si modificava di volta in volta la quotazione dei ragazzi in base ad abbigliamento, pettinatura, comportamenti.
Alcuni genitori hanno protestato facendo riferimento a razzismo e odio razziale. Tuttavia gli studenti bianchi del liceo del Texas ha subito solo provvedimenti disciplinari da parte dei vertici della scuola. La scuola, però ha liquidato l’episodio come “un incidente di cyber bullismo“.
Il New York Times ha riportato che nella chat uno studente veniva valutato ‘100 bucks‘, come si dice in gergo 100 dollari. Invece un altro ragazzo era quotato 1 dollaro: “Il prezzo sarebbe migliore se i suoi capelli non facessero così schifo“, il tutto condito con molteplici insulti razzisti. L’immagine del profilo del gruppo di conversazione era un emoji che raffigura un poliziotto bianco che punta la pistola contro un contadino nero.
Razzismo e cyber bullismo
L’atto più grave però è quello della scuola, punendo i colpevoli solo con un provvedimento disciplinare per quello che definiscono solo “un incidente di cyber bullismo“. Attenzione, il fatto rappresenta un gravissimo caso di cyber bullismo. Ma l’episodio è talmente grave che è lecito parlare di odio razziale oltre che di cyber bullismo. Questo ammesso che per razzismo si intenda ogni atteggiamento attivo di intolleranza, che in questo caso si è verificato con una violenza virtuale, piuttosto che fisica, la cosa lo rende meno grave?
“Il rispetto è essenziale e vuol dire avare attenzione, osservazione e saper ascoltare, in altre parole nessun pregiudizio, invece il razzismo è il contrario di tutte queste cose. Per lottare contro il razzismo, bisogna cominciare con il fare attenzione alle parole che si usano, alcune sono pericolose e vengono pronunciate per ferire le persone. Bisogna sapere che non si nasce razzisti, ma lo si diventa in seguito alle idee che si assorbono dall’ambiente in cui si vive; è importante pensare che la diversità non è un male ma è un arricchimento, inoltre ogni vita merita rispetto, nessuno ha il diritto di umiliare un’altra persona“, OMAIMA KISOUNI classe 3 A, dalla pagina dell’Istituto Comprensivo “G. Ferrari” di Momo.
Razzismo e cyber bullismo in questa vicenda si uniscono come poche volte capita di notare. Un’indagine promossa dall’UNICEF ha rivelato che un giovane su tre è vittima di cyberbullismo, la forma di bullismo che sfrutta le tecnologie per realizzare atti di prevaricazione. Nel caso specifico, Snapchat è stato il teatro di questa epitome di indegnità. Alla base della dignità umana, del rapporto fra gli uomini, alla base dell’amicizia, alla radice stessa della vita c’è il rispetto dell’altro. Da ricordare, infatti, che la propria libertà finisce quando lede la libertà altrui.
Giacomo Cattani