Nel tentativo di parlare di The Bear, inevitabilmente, ci si scontra con un’ostacolo piuttosto grande. Di cosa parlare? Dell’estrema capacità della serie creata da Christopher Storer di raccontare la redenzione? Dell’enorme leggerezza con cui si affronta il lutto, l’amore e l’eredità con una semplicità a tratti disarmante? O come la cucina sia protagonista assoluta e allo stesso tempo il semplice MacGuffin da cui nascono le meravigliose storie del The Beef? O, ancora, di una scrittura incredibile che, in poche pagine di sceneggiatura (di media 30 ad episodio, se non meno) riesca a condensare, senza fronzoli, temi esistenziali e rapporti umani mai banalizzati? Oppure di un montaggio che ormai trascende le salde regole televisive per ascendere a prodotto altro, a narrazione delle piattaforme, inserendo il concetto di eredità e passaggio anche nella sua stessa grammatica? Ecco, quello che tenteremo di fare nelle seguenti righe è condensare questi temi e provarli ad analizzare tutti, attraverso una lente specifica.

E questa lente è, in realtà, un episodio della seconda stagione di The Bear, uno dei più intensi. Il settimo episodio della stagione due, intitolato Forks (forchette), è, oltre che uno degli esempi di eccellenza seriale più grande degli ultimi anni, il perfetto sunto di tutto ciò che The Bear ha da offrire al pubblico. La summa massima di tutto il suo realismo e di tutti quei piccoli gesti che rendono The Bear una serie gigantesca. L’episodio si concentra su Richie e la sua ricerca di uno scopo nella vita durante una settimana di apprendistato in uno dei più prestigiosi ristoranti di Chicago. Mentre tutti gli altri membri dello staff dell’ormai defunto The Beff stanno trovando le loro vie personali e lavorative, Richie sembra l’unico che incapace di allontanare gli spettri del passato. E sarà proprio questa settimana ad essere rivelatoria e gli permetterà di trovare la sua Love Story personale.

The Bear: alla ricerca di uno scopo

The Bear: il cugino Richie

E proprio da Love Story di Taylor Swift è necessario partire per analizzare la sfaccettata figura di Richie. Cugino frustrato, distruttivo e polarizzante del protagonista Carmy, fatica ad adattarsi con i nuovi metodi di lavoro del ristorante. Il caos, la disorganizzazione e l’instabilità sono i suoi terreni fertili, che celano, in realtà, una profonda paura del cambiamento. L’eredità del ristorante e della famiglia sono le uniche cose che tengono Richie ancora in vita, nella vana speranza che quel tempo possa tornare. Così come possa tornare quel rapporto con la ex-moglie Tiffany e sua figlia Eva. Ed è proprio Taylor Swift quel collagene che tiene saldo il rapporto disfunzionale papà-figlia, il gesto simbolico per riallacciare definitivamente con Tiffany e Eva. E sarà proprio Taylor Swift il motore, ancora simbolico, che porterà alla conclusione il viaggio di Richie alla riscoperta di sé stesso. Ma ci arriveremo.

Fin dal primo episodio della seconda stagione, Richie mette in discussione il suo ruolo e si interroga sul suo scopo nella vita. Diventa sempre più evidente, con l’andare avanti della stagione, che Richie sia il personaggio più in difficoltà riguardo il cambiamento completo del ristorante. Anche nell’episodio sei, un lungo flashback ambientato cinque anni prima, Richie si dimostra tanto voglioso di fare e capace di lavorare con gli altri, quanto poco avvezzo ai cambiamenti e al trovare, da solo, uno scopo. E nel settimo episodio, il cugino Richie viene spedito a pulire forchette. Solamente pulire forchette per giornate intere. E l’inizio di puntata è esplicativo di come Richard si senta e di come trasporti lo spettatore in quelle sensazioni. È stanco, fatica anche a salire in macchina per andare a fare un lavoro per cui, ovviamente, non trova una motivazione. Ma quello in cui entra è un mondo diverso, una tana del bianconiglio fatta di ordini e legge marziale. Di perfezione, di greatness e di cura maniacale.

Come Richie raggiunge la cucina, viene colpito da una targa posta all’entrata che recita: “Every second counts”, frase simbolo che regola il lavoro all’interno del ristorante. Richie inizia il suo lavoro svogliato e frustrato, alla ricerca di una motivazione. Per giorni continua a pulire forchette finché non crolla con Garrett, il caposala. In un meraviglioso dialogo, in Richie qualcosa cambia.

Because I love this, Richie. I love this so much, dude. Did you know that when this restaurant opened 12 years ago, it won the best restaurant in the world the same year? It’s retained three stars because we have a waiting list that’s long. Five thousand people waiting at any given moment long. Do you see their faces when they walk in here? How stoked they are to see us and how stoked we have to be to serve them? It takes 200 people to keep this place in orbit. And at any given moment, one of those people that is waiting in line gets to eat here. They get to spend their time and their money here. I’m sorry, bro, but we need to have some forks without streaks in them. Every day here is the freaking Super Bowl. You don’t have to drink the Kool-Aid, Richie. I just need you to respect me. I need you to respect the staff. I need you to respect the diners. And I need you to respect yourself.

Non solo ogni secondo, ma ogni elemento conta. Ogni minimo dettaglio, anche il più insignificante, come pulire delle forchette già pulite, è fondamentale per raggiungere la grandezza e rendere indimenticabile il tempo passato nel ristorante. C’è bellezza nella precisione, nel prendersi cura degli altri, del farli sentire speciali. Non è solo una questione di guadagno, ma di ospitalità, di perfezione e motivazione. E Richie vuole essere questo, vuole prendersi cura degli altri come, in fondo, ha sempre fatto. Forse solo nel modo sbagliato.

Love Story

Dopo questo momento di profondo cambiamento nella visione del lavoro da parte di Richie, arriva il momento più buio nell’intimo viaggio dell’eroe. Nel tentativo di riconnettersi, ancora una volta, con la sua ex moglie invitandola al concerto di Taylor Swift, riceve una notizia che lo distrugge. Tiffany si sta per risposare con il suo attuale compagno.

Tiff: Hey. How are you?

Richie: I’m, uh, I’m good. I’m great, you know. What’s going on? Is Eva okay?

No, she’s great. She’s totally great. Um, yeah.

Richie: Oh, yo, uh, Jimmy… Um… I got those Taylor Swift tix.

Tiff: You did?! That’s ama… Oh, she’s gonna be so excited.

Richie: I know, right? That’s incredible Actually I got three if you wanna come, you know. You don’t have to.

No, no, no. It’s n… I-I… That’s so sweet. That’s so sweet. Um, I… I just, uh… I know you’re really busy, so I wanted to just tell you something, um, and it’s a little bit hard to say.

Okay. Are you alright?

Tiff: I’m fine. Yeah, I’m fine. Uh… I just want you to hear it from me. Frank proposed to me.

What did you say?

I said yes. He’s like a really good guy.

That’s great, Tiff.

Thank you. And, and I want you to know that nothing’s gonna change between us. You know. And… Um… I… Um… And I love you.

I love you.

È il momento più basso per Richie, il momento in cui tocca il fondo e non ha più niente da perdere. Non ha più una motivazione, nessun motore che lo faccia andare avanti. E proprio nel momento più buio, è il lavoro a farlo tornare in pista, a donargli nuova vita. Scopre che quel gesto di pulire forchette, di prendersi cura totale degli altri gli ha donato uno scopo, una motivazione. Familiarizza sempre di più con il sistema del ristorante, trovando un senso nei metodi della sala e facendoli suoi, intravedendone la bellezza e l’incredibile sensazione che dona prendersi cura del prossimo. E il momento di massima convinzione arriva quando, ascoltando il dialogo di una famiglia delusa per non aver provato la famosa pizza di Chicago, si catapulta a comprarla per rendere indimenticabile la serata di quel tavolo. Proprio lì riceve la conferma di quanto sia capace di rendere le esperienze degli altri speciali, uniche. Di quanto il suo scopo sia servire e rendere ogni momento indimenticabile.

Ed è proprio qui che Love Story di Taylor Swift inizia piano piano a sentirsi in sottofondo. Richie vede il potenziale in questo tipo di cura e dedizione. È qui che ritrova uno scopo, ritrova la sua via. E lo fa attraverso proprio quel simbolo che per tanto tempo aveva usato per riconciliarsi con la figlia e indirettamente con la ex-moglie, Taylor Swift. La sua personale Love Story è ora con il suo nuovo ruolo, con la sua nuova passione, non più con un passato che lo teneva ancorato e lo incatenava. E come festeggiare se non con un canto liberatorio a squarciagola, in macchina, proprio di Love Story, nel climax massimo della puntata e uno dei momenti più toccanti dell’intera serie. La riconciliazione con sé stessi, con la propria parte più pura e quella che ci dona linfa vitale, che ci dona uno scopo.

Non è mai troppo tardi

Richie è diverso, è motivato, si alza la mattina carico e pronto per il nuovo giorno. Si è reso conto, anche attraverso l’ennesimo, meraviglioso, confronto con Garrett che i suoi problemi possono trovare uno sfogo, una via d’uscita attraverso l’ospitalità e il servizio, invece che il risentimento e la rabbia. E nella parte finale di puntata Richie comprende a pieno cosa significhi fare qualcosa che si ama veramente, incondizionatamente. Nel suo ultimo giorno di lavoro, arrivato presto nel ristorante, incontra Terry, l’Executive chef. I due iniziano a chiacchierare e lei racconta di come, nonostante il suo enorme talento, abbia fallito innumerevoli volte.

Richie: When did that start?

Terry: Oh, I st… I tried to open a giant place years ago. I had all these accolades. I was younger, I was on fire. I was arrogant, and, uh… I tried to move too fast. I couldn’t keep the place open, and the market crashed and I got killed.

Public wipeout?

Oh, yeah. The most public wipeout.

So how’d this place happen?

Well, now, that was on my… My 38th birthday. Hmm. I was out walking all night, unemployed, angry, depressed. Blaming everybody else for all the time I’d lost and the money I’d lost, all of it. And it was raining. And I was walking through Lincoln Park. My phone had died. And so I stood under this awning waiting for the rain to stop. And I just stood there and stared. And eventually the sun came up and it turns out I was right there. And then I walked ‘round to the front and I saw the sign. It was an actual sign. It was a restaurant for lease sign. Never too late to start over.

Non è mai troppo tardi per cambiare la proprio vita. Non lo è mai, nonostante le circostanze e le persone, e c’è sempre spazio per il cambiamento e la redenzione. Per trovare uno scopo, una via da seguire, non è mai troppo tardi. E finalmente Richie riesce, infine, anche a dare un contesto a quella frase appesa al muro che recitava “Ogni secondo conta”. Quella frase, lascito del papà di Chef Terry alla figlia, come lei stessa spiegherà a Richie, non è solo un monito lavorativo, ma uno stile di vita. E riassume perfettamente quello che, sottilmente, The Bear vuole trasmetterci e che Forks riesce magnificamente a riassumere in 30 minuti di puntata. Non è mai troppo tardi per ricominciare, per cambiare. E si è sempre in tempo per trovare la nostra via, il nostro scopo, la nostra Love Story. L’importante è sapere che, nella nostra vita, “ogni secondo conta”.

Alessandro Libianchi

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