Nei prodotti audiovisivi che parlano di zombie o in generale di post-apocalisse, il topos de “il vero nemico è l’uomo non il mostro” è ormai inflazionato. Sia che se ne parli letteralmente, come in The Walking Dead. Sia metaforicamente, come nei film del maestro Romero, colui che ha inventato lo zombie moderno e pop. Il merito di The Last of Us è, come già avevamo detto, quello di aver saputo attingere a questa idea e renderla completamente sua.

The Last of Us: il confine morale

The last of Us: David in uno dei momenti più intensi dell’episodio

In questo ottavo e penultimo episodio di The Last of Us questo concetto viene espresso divinamente. Ciò a cui viene messa di fronte Ellie non è solo la sua sopravvivenza, ma è il concetto stesso di sopravvivere. Dove si traccia il limite tra giusto e sbagliato? Fino a dove può spingersi moralmente l’uomo per vivere? Il confine tra predatore e preda è labile, ci insegna The Last of Us. E la nostra Ellie passerà dall’uno all’altro molto velocemente.

Il primo atto dell’episodio ci introduce la comunità di David e James (interpretato da Troy Becker, il Joel originale). Agli antipodi con la società praticamente comunista di Maria e Tommy, la loro comunità è basata sulla fede e sull’autarchia di un pastore, David. Nel tentativo di aiutare un deperito Joel, Ellie incrocia le loro strade, salvo poi scoprire il turbine di follia che circonda il gruppo. Druckmann e Mazin utilizzano questo gruppo come espediente narrativo per affrontare due temi: la moralità e la fede. La bellezza di The Last of Us è proprio qui, nel saper affrontare queste tematiche senza mai prendere parti. Ci pone davanti ad un quesito senza mai esplicitarlo: ci mostra la pazzia e la brutalità di David, ma allo stesso tempo ci mostra di quanto sia spietato Joel pur di poter salvare Ellie. Chi è il vero cattivo in questa storia, in un racconto in cui, in fondo, tutti ricercano la sopravvivenza? E il concetto di fede viene affrontato perfettamente nella scena dell’interrogatorio tra David ed Ellie. La fede persiste in un mondo distrutto, assumendo forme diverse. Come quella religiosa di David. O quella cieca per Joel di Ellie. entrambe facce della stessa medaglia, che mettono in dubbio, ogni volta, le fondamenta di quello che consideriamo giusto. Sembra quasi una necessità per entrambi. Una speranza per due vite in cui quest’ultima è scomparsa molto tempo prima.

L’uomo e l’umanità

Quindi, trovando gli elementi di differenza tra il prodotto audiovisivo e quello videoludico, nel primo l’umanità è padrona della fabula e dell’intreccio. La non presenza di infetti di cui molti si sono lamentati è, a nostro avviso, giustificata nella misura in cui l’intera serie preferisce spostare la narrazione sull’estremizzazione dei temi umani. Questa stagione ha parlato di amore, di paternità, di fratellanza, della rinascita come comunità. E ora parla di fede e moralità. Il cordyceps è un contorno, più che una minaccia. È un espediente narrativo quando serve, ed è un alone costante di morte che avvolge tutto. E come nel monologo di David, anche un mezzo per poter parlare appunto, di giusto o sbagliato.

In un episodio che precipita all’interno della psiche umana, solamente un abbraccio di un padre può far ritornare la sicurezza e il conforto necessari. Ormai siamo alla fine, e forse solo questo episodio, il migliore della serie fin’ora, poteva introdurre il meraviglioso finale di The Last of Us.

Alessandro Libianchi

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