Drammatico, violento, grottesco, profondo, esasperato, reale. Di aggettivi per descrivere The Last of Us Part II ne possiamo usare mille, ma alla fine ne basta solo uno: immenso.
The Last of Us: il ritorno del Canto del Cigno
Nel 2013 la Naughty Dog fece uscire The Last of Us, un gioco che lasciò milioni di gamers con l’amaro in bocca e il cuore distrutto. Era il Canto del Cigno dell’era Ps3 e la casa videoludica realizzò per noi fans la storia giusta per dire addio alla console. In questo 2020 la Naughty Dog l’ha rifatto, è stata recidiva. Ha voluto riprendere in mano proprio quel titolo lasciato in sospeso, sovrapponendo alle già tante domande, delle altre più crude e veritiere. Così ecco che lo studio che ha dato i natali a Nathan Drake, ha deciso di chiudere anche quest’epoca Ps4 con il dramma, lasciandoci nuovamente con il corpo e la mente violentemente scossi.
Certo, le critiche al titolo sono state tante, nonostante sia uscito solo da pochi giorni. C’è chi urla al capolavoro senza precedenti e chi alla bruttura, alla noia, al gioco trito e ritrito senza spessore (e qui l’esagerazione la fa da padrona. NdA). Sta di fatto che The Last of Us Part II rimarrà nuovamente nella storia, perché nel bene e nel male fa parlare di sé…E anche tanto.
Soprattutto me, che sarò poco obbiettiva forse, ma di seguito ci sarà la mia Recensione di Pancia, o di Cuore, o di Spirito, come volete chiamarla, ma sento il bisogno di buttare giù in parole le mille sfumature di emozioni che questo gioco mi ha fatto provare in questi ultimi tre giorni. E spero che molti di voi si ritrovino nelle mie parole.
La Storia
Senza Spoiler, potete stare tranquilli. Ma se non avete giocato al primo capitolo allora abbiamo un paio di problemi: il primo è che dovete recuperarlo, tipo ora e subito. Potete trovare la Remastered Edition, con il DLC Left Behind annesso, per Ps4 e vi passa la paura; il secondo, dovete saltare la sinossi e andare oltre. Mi spiace.
Sono passati quattro anni da quella fatidica decisione di Joel di non far sacrificare Ellie per cercare una cura al Cordyceps (l’infezione fungina che ha trasformato la maggior parte della popolazione mondiale in zombie o in creature dedite alla devastazione), quindi il mondo è ancora vittima di questo nefasto virus e la speranza di vederlo ritornare come prima è ormai sparita. I due ora vivono nel Wyoming, a Jackson precisamente, la comunità fondata da Tommy e Maria, che si è così ingrandita da dare la parvenza di essere una vera cittadina, di quelle che esistevano trentanni (e qualcosa) prima. Tutto va avanti nella totale normalità: lavori, bambini che giocano e percorrono i primi passi, amicizie, amori che sbocciano, il pregiudizio che ritorna a farla da padrone. Ma come al solito nulla è duraturo. Un nuovo gruppo irrompe nella vita di Ellie e Joel, capovolgendo tutto senza dare il tempo di ragionare. Sta di fatto che si intraprenderà un nuovo viaggio, una nuova ricerca, che porterà a dei nuovi incontri, nuove ideologie in contrasto, nuove illusione e disillusioni. Ma nonostante è tutto nuovo, ritorna anche qualcosa di vecchio: la paura, il terrore, la violenza primordiale, l’uomo…
L’essenza dell’Uomo in The Last of Us Part II
Giocando a The Last of Us ci si chiede fin da subito chi sia il vero nemico dell’umanità: il “mostro” creato dal virus a sua immagine e somiglianza o l’uomo nella sua infima e reale natura?
Anche perché è risaputo (e quest’anno ne abbiamo più volte avuto prova…NdA) che l’essere umano, per realizzarsi, tenta sempre di sopraffare il prossimo…nei peggiori dei modi.
Lo scopo è sopravvivere a qualunque costo, non aiutando gli altri, bensì ferendoli ed eliminandoli. Bisogna distruggere e non creare. Oppure sì, creare qualcosa in qualche modo, ma farlo sopra i corpi e le macerie di quelli che dovrebbero essere tuoi fratelli e poi si sono rivelati nemici (o si è voluto trasformali in tali per convenienza). Questa è la morale, sottile, ma potente come un cazzotto in pieno volto, di The Last of Us, che in questo secondo capitolo da sussurro si trasforma in urlo opprimente.
Ogni azione, parola, o solo un semplice pensiero dei protagonisti, si muta in violenza primordiale. Perché ecco, c’è un ritorno all’essenza primaria delle cose: il mondo ormai è selvaggio, la natura si è ripresa tutto ciò che era suo e gli era stato strappato, e l’uomo non si è adattato, ha ritrovato il suo vero io, quello che aveva dovuto reprime per vivere in una società civile. Lo ha fatto inizialmente per difendersi dagli esseri che hanno infestato e invaso la sua casa, ma alla fine, per quanto pericolosi, questi ultimi sono diventati una contorno, una cornice della vita. Sono lì, deambulano, fanno versi, ma non sono più degli ostacoli.
Certo, la storia di Neil Druckman (che ritorna a riscrivere il secondo capitolo) è stata già letta, vista, sentita. Le storie su un Apocalisse Zombie in cui a lungo andare i mostri non sono più il nemico principale, sono tantissime. Quindi cosa ha di diverso The Last of Us Part II?
Le critiche principali si basano proprio su questo.
Beh, l’opera di Naughty Dog non vuole insegnare nulla, partiamo da questo presupposto. Non c’è dietro la favoletta con l’Happy Ending, non c’è la pace all’orizzonte o la cura a tutti i mali…
C’è la disperazione. C’è l’attaccamento alla vita con le unghie lacerate. C’è il bisogno del viversi il momento, perché potrebbe finire e non c’è certezza del dopo.
È uno specchio della realtà, imbruttito da “mostri con la faccia da fungo”, ma pur sempre realtà. E mai come in questo momento, che viviamo in un’epoca dove la violenza, quella vera, dilaga e fa paura, possiamo capire l’animo del gioco. E, soprattutto, il fatto che non abbiamo certezze assolute a cui aggrapparci.
Con The Last of Us Part II ti perdi in questi ragionamenti, più che nei luoghi desolati in cui capiti. Il giocatore è costretto a entrare in questo vortice orrifico di violenza, in cui deve capire e accettare l’essenza dell’uomo, ma non solo quello dei protagonisti, anche quello dei nemici. Perché a un certo punto, per comprendere davvero, bisogna entrare nei panni delle persone che sembrano non capirti, e all’improvviso tutto diventa più chiaro, e anche più confuso. E tu rimani lì, pensando che ci sarà altro, molto altro…
Narrazione, gameplay e tecnicismi reali
La lamentela che spesso leggo e sento su The Last of Us Part II è che non è un gioco, è un film. La giocabilità viene messa da parte per dare spazio alla storia (perché sì, in quasi 30 ore di gioco, la metà è composta tutto da essa). Ecco, io trovo che questo sia il dettaglio esclusivo del titolo: è diverso perché non solo lo si vive con il joypad, ma anche come il protagonista principale di una grande pellicola. Certo, potete dire: “Ma se avessi voluto vedere un film, mi sarei messo comodo sul divano con i popcorn…”. Giustissimo, allora potete giocare ad altro, a titoli più consoni al vostro stile, senza sparare a zero o offendere…
Perché ecco, offendere The Last of Us è una moda che persiste dal 2013.
Ma torniamo a noi. Ciò che rende reale il gioco è la combinazione perfetta tra una narrazione coinvolgente e dinamica (Non per nulla HBO, insieme a Druckman, lo trasformerà in una serie tv. NdA), un gameplay fluido (molto di più rispetto al primo) e un comparto tecnico magistrale. Quest’ultimo è dovuto alla ormai totale padronanza della motion capture della Naughty Dog, che rende i gesti, le espressioni e persino la pelle dei protagonisti vivi (gli ematomi sui volti, sono il dettaglio che più mi ha lasciato senza parole, perché con il tempo non solo sbiadiscono, ma diventano cangianti dal viola al giallo come quelli che si formano sulla nostra pelle! NdA). Inoltre è impercettibile il passaggio dalle scene cinematiche a quelle di gameplay; si passa dall’una all’altra senza che il giocatore se ne accorga, tanto che a volte si continua a muovere il personaggio anche quando in realtà fa tutto solo. E la vetta si tocca con le ambientazioni. I boschi innevati, i fiumi, la città di Seattle ormai distrutta, divorata e inglobata nel verde della natura, prendono vita, diventando quasi dei “personaggi” giocabili. Ogni luogo, negozio, abitazione o stanza visitata, acquisiscono dettagli che rasentano la maniacalità.
A tal proposito vi vorrei dare un consiglio: VISITATE TUTTO, ESPLORATE OGNI ANGOLO O FINESTRA APERTA. Si, ve lo scrivo in caps lock. Perché alcuni oggetti, armi o tecniche per costruire quest’ultime, si possono ottenere solo se vengono trovate e una volta perse, non si possono più recuperare.
Nota di merito a Gustavo Santaolalla. Anche in questo capitolo ci ha regalato perle. Le sue musiche non sono mai banali, anzi, accompagnano e cullano i sentimenti come se fossero dei bambini disperati, persino nelle scene più ansiogene avvolgano e proteggono. Anche questo dettaglio serve per catturare il giocatore e farlo fondere con l’avventura che sta vivendo.
The Last of Us, commenti personali sul gameplay
Ora potete dire che io sia una nabba, o che non ho le competenze adatte per poter parlare di ciò: è vero. Lungi da me il pensare di essere una gamer esperta, ma vorrei comunque scrivere le mie considerazioni a tal proposito.
Ho trovato il gameplay molto più facile e vivibile rispetto al primo capitolo o al DLC. I personaggi si muovono più facilmente, sono più silenziosi e le lotte contro i Runner, i Clicker (vi ho già detto quanto li odio? Mi innervosisce il loro verso… NdA), Bloater e due nuove tipologie di Infetti sono decisamente più facili (io ho giocato al livello intermedio. NdA). Anzi avevo letto che alcuni avevano avuto difficoltà a sconfiggere proprio le new entry, invece io sono morta meno volte del previsto (e io muoio facilmente per cose idiote…NdA). Sarà che ho trovato molto utile avere finalmente il coltello in dotazione, nel primo lo si poteva utilizzare massimo tre volte e poi se ne doveva cercare un altro, ed era difficile trovarlo. Anche perché questa volta il gioco è quasi tutto in stealth (o meglio, si consiglia di farlo così, ma potete utilizzare qualsiasi approccio vogliate. NdA), cosa che io amo, adoro totalmente, quindi averlo costantemente è un dono dal cielo. Per lo stesso motivo ho apprezzato l’aggiunta del silenziatore (E QUI RITORNO IN CAPS LOCK PER DIRVI DI ESPLORARE. NdA), perché tra uomini armati in ogni angolo e mostri che reagiscono al minimo suono, quest’ultimo è l’arma ideale se si vuole rimanere invisibile.
A questo proposito si è aggiunta la possibilità di far strisciare Ellie, in modo da rendere la ragazza quasi indistinguibile fra l’erba alta o per farla raggiungere posti che inizialmente sembrano impossibili. Ha finalmente imparato a nuotare, quindi l’acqua non è più un limite, e si possono usare delle imbarcazioni. In più, gli oggetti per craftare kit medici, bombe o migliorare le armi in possesso, sono molto di più rispetto al primo capitolo, quindi è più facile realizzare tutto. Ho trovato meno comodo il combattimento con le armi, meno intuitivo e stabile rispetto al precedente, ma alcune volte non siamo soli, avremo un compagno come spalla, e ciò migliora nettamente la situazione.
A proposito, nel primo capitolo, nonostante Ellie sbattesse contro i nemici, questi non riuscivano a rivelarla, ora invece il compagno è individuabile, questo a volte crea situazioni complicate.
The Last of Us, considerazioni finali
Il gioco ha i suoi difetti, ovviamente, non sono cieca e totalmente soggettiva. Ci sono situazioni standard che si ripetono; luoghi e situazioni in cui sai come muoverti perché già vissute nel primo; armi poco intuitive da utilizzare; mappa ampliata, labirintica a volte, perché anche se alla fine la strada è lineare, alla fine è complesso orientarsi (tipo Seattle). Insomma, non è perfettissimo, ma lo si sapeva e alla fine è anche giusto così. Se lo fosse stato, addio competizione o nuovi giochi da sperimentare, perché ormai con The Last of Us avremmo toccato il picco di ogni cosa e non avrebbe avuto senso giocare ad altri titoli.
Ciò non toglie che questo secondo capitolo è un gioco stupendo, con una narrazione all’altezza che ti cattura fin dalle prime battute e difficilmente vuole abbandonarti una volta terminato. Ha una giocabilità che diverte, perché non dimentichiamo che alla fine lo scopo di un videogioco è quello di farci divertire…anche nella disperazione più totale. Affronta temi e situazioni per adulti, che fanno riflettere e porre domande, per questo non è un gioco per bambini, non è facile, per nulla…
E la fotografia? Vogliamo parlare della fotografia? E’ arte, pura arte. Veramente nulla da invidiare a quella che ritrae persone o paesaggi reali.
Quindi se potete, provatelo, giocatelo, godetevelo fino alla fine, in ogni angolo, mostro, combattimento, lacrima.
Il mio Voto è 9.7, e non metto il 10 perché comunque sono consapevole di quei difettucci, davvero poco rilevanti alla fine.
Sarò poco obbiettiva sicuramente, ma io voglio provare emozioni quando gioco e The Last of Us Part II mi ha fatto prendere letteralmente a calci da quest’ultime. È stato doloroso, ma mi è servito.
VOTO 9.7
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Maria Francesca Focarelli Barone (BatMary)