Roar Uthaug, il regista del nuovo lungometraggio ispirato all’archeologa in computer grafica più famosa di tutti i tempi, ha ufficialmente annunciato la fine delle riprese del nuovo film che tratterà le origini del personaggio di Lara Croft. A prestarle il volto e la fisicità atletica sarà Alicia Vikander, la giovane vincitrice del premio Oscar come migliore attrice non protagonista in “the Danish girl”.
C’era una volta, tanto tempo fa, precisamente nel periodo di Natale del 1996, una mocciosa. La suddetta, nel gesto inconsapevole e innocente dello sfogliare una rivista a caso, si imbatte nella visione di una donna. Il personaggio di un videogioco, in verità. A colpirla è quella lunga treccia castana, gli inconfondibili occhiali da sole rotondi e il sorriso beffardo. Le pistole, che impugna una per mano, sono un valore aggiunto alla sua posa fiera, decisa e irreprensibile. Lei era Lara Croft. La mocciosa ero io e, con me, altri coetanei guardavano ammaliati quella che, di lì a poco, sarebbe diventata una delle icone più rappresentative dell’universo videoludico.
Tomb Raider, pubblicato a partire da quell’anno da Eidos Interactive e sviluppato da Core Design, assurge ai più alti riconoscimenti della critica, assicurando alla console che lo rendeva fruibile, la Play Station 1, il dominio incontrollato sul mercato dell’epoca. Un buon titolo che si rispetti, degno del suo nome, deve nutrire la lungimiranza e curare il presente, un modus operandi vincente che, in questa occasione, ha rivelato la sua efficacia.
. Diverse le innovazioni uniche a cui è possibile appellarsi, ad onor del merito, nell’intento di dimostrare i fatti:
– la giocabilità in terza persona, con la telecamera posizionata alle spalle della protagonista, un elemento che funziono’ da esclusiva ai tempi del debutto.
– il connubio perfetto tra azione, avventura e rebus da risolvere. Un agglomerato esplosivo che catturava i giocatori nel superamento di ogni singolo livello.
– la scelta di una donna (e che donna ndr) come eroina della storia narrata. Forte, fiera, combattiva, dotata di un senso dell’umorismo schietto, spicciolo e disilluso, carismatica, brillante e poliglotta che fa della sua passione per l’archeologia e i dubbi irrisolti, la ragione del suo spirito indipendente senza vincoli e inibizioni. L’aspetto seducente e lo sguardo penetrante hanno, poi, contribuito a conferirle il titolo di sex symbol virtuale.
Ma Lara ha dimostrato di non essere soltanto, per i profani, la semplice detentrice di un paio di tette generose: frutto, tra le altre cose, di un errore commesso in sede di programmazione da Toby Gard che, accidentalmente, aumentò le dimensioni del seno del 150%. Un fail che, da tutti i colleghi accettato e mantenuto, fu uno degli elementi di riconoscimento del suo personaggio. Fornita di un background credibile e appassionante, la ricca ereditiera inglese, poco avvezza agli agi che il titolo nobiliare le conferisce, non si risparmia nei viaggi che la portano ad esplorare il mondo, cimentandosi in avventure pericolose e adrenaliniche. Con savoir faire e leggiadria si lascia trasportare da salti nel vuoto vari ed eventuali, duelli con dinosauri irascibili e villain megalomani e rompiscatole come Jacqueline Natla.
La prima serie di capitoli, prodotta sempre dalla Core Design, vanta 6 uscite: si parte con Tomb Raider e si giunge a The Angel of Darkness, un titolo che ha fatto molto discutere la critica, negativamente parlando, portando la casa produttrice originale a lasciare il comando alla Crystal Dinamics. Evoluta nell’aspetto dall’avvento della Next Generation, siamo nel 2006, 10 anni dopo la prima uscita, quando Legend congeda l’attesa. La trilogia, costituita da Anniversary (il titolo remake ispirato al primo capitolo della saga) e Underworld, chiude il suo cerchio nel 2008. Una pausa solo apparente. Dopo aver seminato, in questi anni, un incredibile successo in adattamenti di ogni sorta, dai fumetti ai libri, la prima trasposizione cinematografica ufficiale risale al 2001, seguita dal sequel “La culla della vita” del 2003, e a vestire i panni della donna alpha tutta pixel è stata la dea Jolie (Angelina per gli stolti. ndr), in una indimenticabile e canonica interpretazione.
Nel 2013 l’acquisizione della Eidos da parte della Square Enix ha reso concrete le intenzioni di fare un reboot della serie. Affamati e a digiuno come prima del cenone di Capodanno e, al contempo, inaspriti e scettici come la signorina Rottermeier al cospetto di Heidi, gli appassionati più spietati hanno accolto con questo spirito contradditorio l’uscita del nuovo Tomb Raider. La Lara Croft ventunenne che ci viene presentata è irriconoscibile, agli antipodi rispetto all’originale: insicura, fragile e ansiosa, con sospiri angoscianti da cardiopalma che fanno da sfondo ad un’avventura, sicuramente, avvincente, visivamente accattivante e contornata da un paio (“com’è umana lei!” ndr) di colpi di scena. Ambientata all’interno del Triangolo del Drago, un capitolo che, come previsto, ha spaccato la pubblica opinione. I puristi vintage, oltre la consapevolezza di essersi imbattuti in un reboot annunciato, non riconoscono l’autorità di miss Croft in questa donnina insipida, di poco conto, con dei tratti somatici acerbi e non convincenti. I gamer new age, invece, si aggrappano al significato stesso del reboot e in quello che rappresenta, considerando questa caratterizzazione una semplice preview dell’evoluzione che avverrà nei capitoli successivi. In teoria.
E’ alla nuova Lara, tornata con “Rise of Tomb Raider” nel 2015, a cui il prodotto cinematografico, in uscita nel marzo del 2018, è dedicato. La giovane studentessa deciderà di giungere sulla terra calpestata, l’ultima volta, da suo padre scomparso per risolvere il mistero irrisolto. Nel cast figurano nomi di spicco tra cui annoveriamo : Walton Goggins (interprete in DJango) , Daniel Fu (Warcraft) e Dominic West (300) nei panni di Lord Richard Croft. Non ci resta che attendere con lo spirito più pacifista che la nostra Lara old style ci ha trasmesso:
“Moderazione?! Ne ho abbastanza dei vostri modi parigini, voglio risultati!”Alessia Lio