
Margot Robbie è semplicemente strepitosa in Tonya (2017). Il ruolo nel film di Craig Gillespie, di cui è anche produttrice, le è infatti valso la prima candidatura all’Oscar nel 2018. La potenza, l’aggressività e l’umorismo della sua interpretazione di Tonya Harding ne fanno un film memorabile. Aggiungendo l’altrettanto grandiosa performance di Allison Janney, il film infatti racconta in maniera esilarante il più grande scandalo sportivo statunitense degli anni Novanta.
La storia di Tonya Harding
Tonya Harding, ex campionessa di pattinaggio di figura, era un’atleta di grande e naturale talento, ma con un’attitudine lontana dalle convenzioni della disciplina artistico-sportiva. Era poco aggraziata, aggressiva, dal carattere indomabile. Questo suo carattere di fuoco creò ostacoli tanto alla sua carriera quanto alla sua immagine, tuttavia sulla pista lasciava sempre senza parole. Storicamente fu la seconda pattinatrice al mondo (e la prima statunitense) a eseguire un triplo axel, un salto sul filo esterno della lama, molto complesso.
Nonostante gli alti risultati raggiunti, le Olimpiadi e i record battuti, il suo nome rimane però legato per lo più al tragico incidente con Nancy Kerrigan. Nel gennaio 1994, dopo un allenamento ai Campionati nazionali, Kerrigan fu aggredita e ferita a un ginocchio. Il suo conseguente ritiro consegnò il titolo nazionale alla Harding, la quale fu però accusata di complicità nell’aggressione.

Struttura del film di Gillespie
Gillespie e lo sceneggiatore Steven Rogers ripercorrono la storia immaginando di intervistare i diretti protagonisti. Il film si basa dunque su due linee temporali intersecanti: quella presente, delle interviste, e quella passata dei flashback. Ogni personaggio ha la sua possibilità di raccontare una versione della storia, spetta al pubblico decidere dove risieda la verità. Gran parte dell’allineamento spettatoriale si crea sulla figura di Tonya (Robbie), naturalmente.
È lei la protagonista, la leggenda, che inizia a raccontare la sua vita sin da bambina, senza alcun filtro. Le fa spesso da controparte la madre (Janney), che pur intervistata in spazi e tempi diversi, sembra sostenere quasi un dialogo e una discussione con la figlia. A loro si aggiungono l’ex marito Jeff (Sebastian Stan) e l’amico Shawn (Paul Walter Hauser), indicati dalle indagini come i responsabili principali dell’aggressione alla Kerrigan.

Una commedia nera e irriverente
Ciò che immediatamente caratterizza lo stile del biopic di Gillespie è il suo umorismo scorretto e quasi cattivo. Oltre che film biografico si può infatti definire, a pieno titolo, una commedia dai toni cupi e sprezzanti. È un film costruito in modo tale da ribaltare situazioni essenzialmente tragiche in momenti paradossali e divertenti. Si trova così un modo per spezzare, con le risate, una tensione drammatica che altrimenti avrebbe dato al film tutto un altro senso. La vita di Tonya, infatti, non è stata facile, costellata di abusi e relazioni disfunzionali.
L’obiettivo del film è quello di creare ugualmente una sensazione di disagio a riguardo, ma di farlo attraverso le battute inaspettate e non attraverso le lacrime. Nonostante possa sembrare, per i toni apparentemente leggeri, un’apologia di Tonya Harding, il film ne tratteggia un ritratto ben poco lusinghiero. L’intenzione del film non sta infatti nel raccontare la storia dello scandalo in sé, ma nel trovare un modo accattivante per farlo.

È la forma, non il contenuto che conta davvero. Bisogna aggiungere, tuttavia, che l’interpretazione di Margot Robbie riesce comunque a restituire la complessità umana di una figura pubblica risucchiata completamente dal circo mediatico.
Articolo di Valeria Verbaro
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