«Donald Trump ha usato l’inganno per prendere di mira ogni fase del processo elettorale». E ancora. «Donald Trump è ricorso a crimini nel tentativo di restare al potere dopo aver perso le elezioni del 2020». Questo, in sintesi, è quanto si legge nelle 165 pagine di documenti depositate dal procuratore speciale Jack Smith, dopo la sentenza della Corte Suprema sull’immunità dell’ex presidente. Più semplicemente, il tycoon «è ricorso a dei reati» nel tentativo di rimanere al potere dopo aver perso le elezioni del 2020.
Nelle 165 pagine, il procuratore speciale sottolinea, a più riprese, come Trump avrebbe cercato di raggiungere il suo scopo (ribaltare il risultato delle elezioni) agendo «necessariamente da privato».
In un’ampia memoria legale, in parte desecretata ieri, Smith ha esposto le sue argomentazioni sul perché l’ex presidente non sia immune da procedimenti penali per le accuse di complotto per annullare le elezioni del 2020. “Il potere esecutivo non ha alcuna autorità o funzione per scegliere il prossimo presidente”, scrive Smith, sostenendo che il tentativo di Trump di ribaltare le elezioni era necessariamente privato, perché la Costituzione non conferisce a un presidente alcuna autorità ufficiale per scegliere il suo successore.
«Ha cercato di invadere i poteri specificatamente assegnati dalla costituzione ad altri rami per promuovere il suo interesse personale a restare al potere, contrariamente alla volontà degli elettori», si legge ancora nei documenti di Smith. «Anche se era il presidente in carica durante le cospirazioni, il suo piano era fondamentalmente privato. Ha usato attori privati e l’infrastruttura della sua campagna per cercare di capovolgere il risultato delle elezioni», si legge ancora nei documenti, in cui Smith sottolinea le ragioni per cui il tycoon non dovrebbe essere protetto dall’immunità presidenziale. La sua condotta, in particolare, è stata criminale quando «come privato cittadino» ha lanciato una serie di «piani disperati per cercare di capovolgere il legittimo risultato delle elezioni».
Sebbene un’indagine del Congresso durata mesi e l’atto d’accusa stesso abbiano descritto nei minimi dettagli gli sforzi di Trump per annullare le elezioni del 2020 con vari crimini. Il documento cita testimonianze inedite offerte dai più stretti collaboratori di Trump per dipingere il ritratto di un presidente “sempre più disperato” che, mentre perdeva la presa sulla Casa Bianca, “ha usato l’inganno per colpire ogni fase del processo elettorale”.
Certamente, la risposta del tycoon ai documenti non ha tardato ad arrivare. Sul suo social Truth, Trump ha innanzitutto puntato il dito contro i tempi di pubblicazione, che «sembravano coincidere con il dibattito di martedì sera tra il suo vicepresidente JD Vance e il democratico Tim Walz». Ma non è tutto. «La pubblicazione di questo dossier J6 falso e incostituzionale, subito dopo la disastrosa performance di Tim Walz al dibattito e 33 giorni prima dell’elezione più importante nella storia del nostro Paese, è un altro evidente tentativo del regime Harris-Biden di minare e armare la democrazia americana e di interferire nelle elezioni presidenziali del 2024», ha scritto il tycoon su Truth, prima di attaccare Smith.