“Tutto il mio folle amore”, road movie indietro nel tempo tra Pasolini e Modugno

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Di Federica De Candia

Cantava così l’amore intenso e incondizionato Domenico Modugno, in un 45 giri del ’68. Il brano era stato scritto da Pier Paolo Pasolini e il verso di quella canzone dà il titolo a “Tutto il mio folle amore” stasera in tv: “Non ho mai sentito, Che un cuore, un cuore affranto, Si cura, L’unico e tutto il mio folle amore, Lo soffia il cielo..”.

Un mandolino accompagna il testo della canzone “Che cosa sono le nuvole?“, scritto da Pasolini ed incluso nel film a episodi “Capriccio all’italiana“, girato da Pier Paolo e recitato anche da Domenico; con Totò e Ninetto Davoli nella parte di due miserabili marionette specializzate nell’interpretare l’Otello di Shakespeare. L’ultima interpretazione del principe Antonio De Curtis, mentre il netturbino, l’immondezzaio Caronte, altri non era che Modugno. Da qui, l’ispirazione di Gabriele Salvatores regista nel 2019 di “Tutto il mio folle amore“: “Lo so che non mi merito niente, ma lui sta dormendo così tranquillo e io stanotte non ho paura di niente..”, lo dice un padre del proprio figlio nel film. Perché folle e puro è questo amore.

Il mio folle amore è un road movie

Vincent (Giulio Pranno), ha 16 anni e un grave disturbo della personalità che, insieme all’autismo, lo chiude in un universo tutto suo. Anche se nel film la malattia di Vincent non ha nome, solo momenti incontrollabili, cambi di umore, entusiasmi e brusche ricadute. Vive con la madre Elena (Valeria Golino), e il padre adottivo Mario (Diego Abatantuono), editore letterario meneghino, che ha trattato sin da subito il giovane come figlio. Ma una sera, passati sedici anni, torna Willi (Claudio Santamaria), il padre naturale del ragazzo, cantante chiamato il ‘Modugno della Dalmazia’. Che dopo un concerto, e fiumi d’alcol in corpo, irrompe in casa della ex che ha abbandonato nel momento in cui era incinta. In procinto di partire per un nuovo tour, l’uomo vuole conoscere il figlio che non ha mai visto, ma completamente all’oscuro della situazione che l’aspetta.

Vincent Masato, nato a Trieste il 13 luglio del 2003 da Elena Masato adottato dal signor Mario Topoli, tu ti chiami Willy boy e sei il mio papa“. Queste le uniche parole ripetute automaticamente da Vincent, quando il padre cerca di parlargli. E lo farà in un viaggio verso la Slovenia. Dove credeva di andare da solo, fin quando non esce da dietro il furgone il figlio nascosto. Un’avventura che li porterà fino la Croazia. Un viaggio d’iniziazione, un cammino in cui le anime si conoscono. Un tema caro al regista napoletano di “Tutto il mio folle amore“, Gabriele Salvatores. E la bravura del giovane al suo primo ruolo cinematografico, porta a chiedersi se davvero sia disabile. Claudio Santamaria è stato voluto dall’inizio nel ruolo di cantante di matrimoni. E un altro classico del regista, che ritorna anche all’amato rock & roll, è Abatantuono, già protagonista di “Mediterraneo”, “Puerto Escondido”, “Amnésia”, “Io non ho paura”, “Happy Family”, “Kamikazen – Ultima notte a Milano” e “Turné”.

Torna Modugno

Una storia vera, liberamente ispirata al romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas. In cui un padre e figlio autistico, hanno viaggiato in moto per tre mesi tra Stati Uniti e Sud America. E Claudio Santamaria, dopo aver magicamente interpretato Rino Gaetano nella fiction, si scopre imitatore di Modugno in questo film. Tu si’ ‘na cosa grande’, ‘Resta cu’ Mme’, l’intramontabile ‘Nel blu, dipinto di blu‘, tutti successi riproposti dalla voce di Santamaria. Oltre le composizioni del produttore discografico lombardo Mauro Pagani. Il brano che ascoltiamo nel trailer ufficiale di “Tutto il mio folle amore” è “Next to me” degli Image Dragons. La musica è sempre protagonista, il bambino viene chiamato Vincent dalla canzone che il padre dedicò alla fidanzata di allora: il celebre brano di Don McLean che fa parte dell’album del 1971 “American Pie“. E in onore al pittore Vincent Van Gogh e al suo celebre dipinto “Notte stellata“, nonché al disturbo mentale dello stesso pittore.

Di notti stellate ce ne sono diverse in “Tutto il mio folle amore”, e c’è anche la malattia, l’autismo di cui soffre Vincent, che è un personaggio che esiste per davvero“. Dichiara il regista, che continua: “Il viaggio, la musica, le strade senza nome dove emozioni e sentimenti trovano spazio per volare. Insomma, rock and roll! Di nuovo in strada, dove a volte ho bisogno di tornare. Come il Pifferaio Magico o un fool shakespeariano, un ragazzo di sedici anni si trascina dietro, per strade deserte, i tre adulti più importanti della sua vita. E li costringe a fare i conti con sé stessi e con l’amore che ognuno di loro è riuscito a conservare dentro di sé. Visto da vicino, nessuno è normale. E si può scoprire che è possibile amare anche chi è diverso da noi, a patto di non aver paura“.

I paesaggi non sono casuali

Ora capisco cosa cercavi di dirmi e quanto soffrivi sapendo di avere ragione. Ma avrei potuto dirti, Vincent, che questo mondo non è adatto a uno così bello come te. La trama è ambientata a Trieste, che per Salvatores ha molto in comune con la sua Napoli, come la malinconia e la visione fatalista della vita. E la scelta di girare ai Balcani, è perché rappresentano meglio di qualunque altro luogo, un confine. ElenaGolino e MarioAbatantantuono, che cercano disperatamente i due in viaggio, e dietro le loro tracce vagano anch’essi tra paesaggi western e malinconie, li troveranno semi addormentati, cullati dalle poltrone gonfiabili in una piscina a una festa di matrimonio dove Willy aveva cantato..

Federica De Candia per Metropolitan magazine