Il Presidente statunitense richiede elezioni libere a Cuba dopo aver annullato l’accordo del suo predecessore Obama. La risposta cubana: “dal presidente retorica ostile”.

E’ in un teatro della little Havana che Donald Trump annuncia la fine degli accordi con Cuba. Toni duri, che definiscono il governo dell’isola un “regime brutale”. Si preannunciano restrizioni commerciali a scapito della fine dell’embargo, sempre più lontana. Un parziale arresto, insomma, del disgelo iniziato il 17 dicembre 2014.

Trump non è certo nella posizione di chiudere nuovamente i rapporti diplomatici riaperti dopo più di 50 anni. L’ambasciata statunitense a l’Avana rimarrà quindi aperta come segno tangibile di dialogo. Si tratta, peraltro, di uno dei tanti compromessi accettati nonostante le sue promesse elettorali. D’altronde gli interessi economici dietro Cuba e USA non sono indifferenti. Trump sottolinea come Obama abbia ignorato “gli abusi sul fronte dei diritti umani” del regime dei Castro. Lancia quindi un appello per la liberazione dei prigionieri politici e chiede un nuovo accordo più giusto.

“L’amministrazione precedente ha annullato le restrizioni al commercio e non ha aiutato il popolo cubano, ma ha solo arricchito regime. I profitti degli investimenti del turismo sono andati direttamente ai militari, il regime prende tutti i soldi”.

La reazione del governo rivoluzionario di Cuba non si fa attendere: “Quello di Trump a Miami è stato un discorso carico di retorica ostile”. Chiaro il parallelismo con i metodi coercitivi già attuati durante la Guerra Fredda. A confermare tale somiglianza è Ben Rhodes, uno dei negoziatori sotto l’amministrazione Obama. Tuttavia Cuba non si tira indietro da un dialogo rispettoso e costruttivo. Conclude infatti: “‘Negli ultimi due anni,  e’ stato dimostrato che i due paesi possono cooperare e convivere in modo civile”.

Così, sotto scroscianti applausi, si torna politicamente indietro di 55 anni. Le conseguenze toccano soprattutto il turismo: gli statunitensi potranno visitare Cuba solo in gruppi organizzati. “Il nostro obiettivo è una Cuba libera, per questo chiediamo al più presto elezioni libere”.  Trump pone quindi diverse condizioni di libertà al regime di Castro, ovviamente inesistenti in alleanze come Arabia Saudita o Egitto. Un classico delle amministrazioni americane: due paesi, due misure.