Il nuovo ceppo di Covid, definito variante Lambda, sta suscitando l’interesse della comunità scientifica, diffusasi principalmente in Sud America ha fatto registrare alcuni casi anche in Europa e negli Stati Uniti. Negli USA i casi identificati sembrano essere stati appena 1.060, ma recenti studi sembrano mettere in luce uno scenario piuttosto agghiacciante con presunte capacità di maggiore trasmissibilità e neutralizzazione degli anticorpi prodotti dai vaccini al momento diffusi.

Dove è diffusa la variante Lambda?

La prima identificazione di questa variante è avvenuta in Perù nell’agosto 2020. L’OMS ha da allora definito questo ceppo come una VOI (variante di interesse). Finora si è diffusa in 29 Paesi, con percentuali altissime in Sud America: in Cile il 33%, in Perù 23%, negli Usa il 20%, in Ecuador il 5%, in Messico il 4%.

La prevalenza globale della variante è già scesa in molte aree del mondo e non sembra poter competere con la Delta, ma presenta alcune mutazioni che potrebbero destare qualche preoccupazione.

In Italia ci sono stati in tutto 13 sequenziamenti, ma solo 1 nelle passate 4 settimane e la prevalenza è allo 0%.

Le mutazioni della nuova variante

La Lambda presenta delle nuove mutazioni rispetto al ceppo originale di Wuhan: di cui 7 nella proteina del picco del virus, la Spike. Tre sono le più rischiose. T76I e L452Q, aumenterebbero il potere di contagiosità e la terza la RSYLTPGD246-253N, che si trova nella parte terminale della proteina Spike, grazie ad essa la Lambda potrebbe avere il potere di sfuggire agli anticorpi creati dai vaccini.

Cosa dicono gli studi al riguardo

L’ultimo studio sulla variante condotto dall’Università di Tokyo e pubblicato il 28 luglio, prende in esame le tre mutazione di cui si è parlato poco sopra:

La proteina Spike della variante Lambda è più infettiva ed è attribuita alle mutazioni T76I e L452Q. La mutazione RSYLTPGD246-253N, un’esclusiva mutazione di delezione di 7 aminoacidi nel dominio N-terminale della proteina Spike-Lambda, è responsabile dell’evasione dagli anticorpi neutralizzanti .

Vaccini e variante Lambda

Uno studio autorevole condotto dalla scuola di medicina di New York, Mount Sinai, ha testato le diverse varianti virali tra cui: B.1.526 (Iota), B.1.1.7+E484K (Alpha), B.1.351 (Beta), B.1.617.2 (Delta) e C.37 (Lambda) su 76 individui vaccinati con mRNA-1273 (Moderna) o BNT162b2 (Pfizer/BioNTech).

La variante che ha dimostrato una riduzione maggiore nel potere neutralizzante dei vaccini è stata la Lambda, con una riduzione di 4,6 volte, ma nella ricerca si specifica che in questi esami si trattava di una sottovariante di Lambda con 84 ulteriori cambiamenti rispetto alla sequenza C.37.

Tutti i 30 sieri hanno mantenuto almeno un’attività di neutralizzazione parziale contro questo virus variante C.37, il che potrebbe indicare che i vaccini mRNA rimarranno efficaci e che l’evasione immunitaria mostrata dovrebbe essere vista come lo scenario peggiore per la variante C.37.

La Delta rimane dominante

Per ora la Lambda globalmente è in salita, ma ha già raggiunto un apice da cui ha poi iniziato a scendere e non è riuscita a prevalere sulla Delta.

Sicuramente presenta mutazioni da tenere in considerazione, ma deve subire ancora nuovi studi, specie nel mondo reale sui vaccinati. Proprio per tale motivo l’OMS le ha assegnato la categoria di VOI, (variante di interesse) e non VOC, (variante di preoccupazione) come successo per la Delta. 


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Franco Ferrari