È possibile mescolare violenza e risata? A quanto pare sì, almeno per il leggendario regista Takeshi Kitano, sbarcato a Venezia 81 per presentare la sua ultima opera, Broken Rage. Si tratta di un film diviso in due parti; la prima metà è, a tutti gli effetti, un violento action movie, ambientato nei bassifondi della malavita giapponese. L’azione ruota intorno a un sicario e alla sua lotta per la sopravvivenza dal momento in cui si ritrova incastrato tra la polizia e la yakuza. La seconda metà della pellicola vira bruscamente verso la commedia, pur seguendo la trama, di cui diventa, in realtà, una parodia, scena per scena, della sezione precedente.

Kitano, spesso definito il Quentin Tarantino del Sol Levante”, non è un novellino della Mostra del Cinema. Nel 1997 ha portato a casa il Leone d’oro per il thriller Hana-bi – Fiori di fuoco, mentre, nel 2003, ha vinto il Leone d’argento per la regia di Zatōichi. Anche se questa volta è sbarcato in laguna fuori concorso, si è detto entusiasta dell’opportunità.«Sono molto onorato di essere stato invitato all’ottantunesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia per l’anteprima mondiale di Broken Rage»- ha dichiarato-«È davvero un film che azzarda un nuovo stile. Se piacesse a tutti ne sarei entuasiasta.».

Broken Rage, il genio di Takeshi Kitano a Venezia 81

Broken Rage Venezia 81
La locandina di Broken Rage, presentato fuori concorso a Venezia 81

Presenti alla conferenza stampa i due attori Tadanobu Asano e Nao Ômori, insieme al regista. Quest’ultimo, sin dalla prima domanda, mette simpaticamente le mani avanti. «Ho iniziato a girare Broken Rage a cuor leggero, e con l’idea di creare qualcosa di facile, perché in principio non era destinato al grande schermo, ma per far divertire il pubblico nel salotto della loro casa. Volevo portare idee che non avevo ancora realizzato, ma non immaginavo di poter essere qui, a Venezia. Forse avrei dovuto fare meglio!».

Kitano è di sicuro una delle autorità più originali ed eccentriche del panorama cinematografico nipponico, e ai due interpreti viene chiesto come sia stato lavorare nuovamente con lui. A prendere la parola è Nao Ômori: «Con Kitano la tensione è diversa rispetto agli altri registi. Con lui si comincia a girare subito e i ritmi sono serrati. In questo film avevamo tanti elementi comici e avevamo intenzione di creare un’atmosfera da commedia. Tutti i suoi film sono diversi l’uno dall’altro, e questo è davvero particolare e nuovo.».

Nemo propheta in patria

Takeshi Kitano è molto apprezzato in Giappone e nel resto del mondo. Gli viene dunque chiesto che esperienza sia mostrare a un pubblico straniero i suoi lungometraggi. Risponde il regista: «La mia è una storia particolare. Ho iniziato come stand up comedian e poi, piano piano, sono diventato un regista. Questo, però, non è stato visto di buon occhio. In Giappone è bene restare dove si è iniziato, troppi cambiamenti non piacciono. All’inizio è stata dura, pensavo di aver fatto bei film, che però non erano mai apprezzati. Paradossalmente, la prima risposta buona è arrivata dall’Europa. In Giappone siamo ancora molto aggrappati alle tradizioni, partecipando ai festival internazionali ho notato le differenze con casa. Alla fine, dopo il successo in Europa, è arrivato anche quello in Giappone.».

In Broken Rage c’è un grande uso delle chat, mostrate sullo schermo. «Ultimamente sto usando spesso le chat », confida Kitano, «e ho pensato che fosse una buona idea. Le chat hanno la funzione di riempire il cambio delle scene durante il film, per non lasciare lo schermo buio per qualche secondo. Avendo introdotto questa novità, ero convinto di aver fatto un film lunghissimo, e invece è venuto fuori molto corto! Do la colpa alle chat, mi hanno dato l’illusione di una pienezza e lunghezza che non esistevano.».

Il segreto per una buona parodia

La peculiarità di Broken Rage è certamente il deciso cambio di registro a metà della pellicola. Ma come calibrare al meglio due elementi così dissonanti? «Una parodia deve avere una buona storia di base», pondera il regista, «ed è fondamentale. Ad esempio, tutti conosciamo Via col Vento. Altri, magari, ne fanno una parodia, e questa funziona subito perché tutti conoscono la storia originale dietro di essa. Broken Rage è stato una sfida per me, non volevo che uscisse troppo lungo per non annoiare. Alla fine ho raggiunto un compromesso e mi sono detto “Nella prima parte li faccio annoiare un po’, poi li faccio divertire!”. Forse, però, ho sbagliato a misurare il tempo.».

La nomination agli Emmy Awards è di sicuro un incentivo per la carriera di tutte le persone coinvolte nel film. Per Tadanobu Asano è un momento di grande soddisfazione: «Questa nomination è stata importante, ed è stato bello ritrovare Kitano. Imparo sempre qualcosa dai registi con cui lavoro, e da lui ho appreso moltissimo. È stata una bella esperienza.».

Venezia 81: in Broken Rage violenza e risata vanno di pari passo

Coniugare umorismo e violenza è sempre una prova ardua, e farli dialogare al cinema ancora di più. Secondo Kitano, però, le due cose hanno più di un punto in comune. «Sia la violenza che la commedia rispondono ai nostri sentimenti, anche se in maniera diversa. La violenza è qualcosa di fisico, si usa il corpo per provocare dolore fisicamente e mentalmente. Per certi versi, ridere è la stessa cosa, anche se con un altro intento. Il cinema deve fare questo: spiegarle entrambe e, se possibile, combinarle. Stessa cosa vale per l’amore. L’amore può avere un lato triste, e usare la violenza potrebbe essere causato dall’amore. Questi sentimenti contrastanti possono coesistere e, dalla loro unione, può nascere una commedia.».

I due attori principali ricordano l’esperienza del set come una fonte perpetua di risate. «Per me era divertente recitare con Takeshi alla regia», sostiene Nao Ômori, «e il mio obiettivo era farlo ridere e dimostrare il mio lato comico. Non so, però, se ci sono riuscito». Tadanobu Asano aggiunge: «Solo leggendo la sceneggiatura morivo dal ridere. Si può immaginare cosa sia potuto succedere sul set!».

Ma cosa fa ridere Takeshi Kitano? «Mi piacciono tanto gli attori comici europei. Ho avuto molte influenze straniere, che ho tentato di portare nei miei film. Alla fine, però, sono giapponese, e mi piacciono le nostre commedie tradizionali. Per me il lavoro del comico è come quello dell’atleta. In alcuni periodi sei in forma e produci tanro, ma dopo un po’ il tuo passo diventa più lento e le idee diminuiscono. Allora ti attacchi a quelle poche idee e tenti di tirar fuori il meglio da quello che hai.».

Federica Checchia

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