Se ripenso ad anni fa, mi ricordo di un tormentone molto frequente tra i miei coetanei. La frase era questa: “Il Cinema Italiano fa schifo”. Essendo allora un cinefilo in erba, mi adeguavo al clima e concordavo su tutto. Sono passati quasi vent’anni e il Cinema Italiano rimane ancora un’intrigante incognita. Ecco quindi una personale classifica di venti film italiani che non godono sempre della giusta considerazione.

Parliamo di film appartenenti all’ultima decade e non tutti sono capolavori incompresi ma piuttosto esempi di film che sono riusciti a sorprenderci, facendoci capire che quando ci sono il mestiere e la passione, l’Italia riesce a fare cinema con la C maiuscola.

Qualche Nuvola

venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Diego (Michele Alhaique) e Cinzia (Greta Scarano) sono due giovani come tanti: felici del loro lavoro, ricchi di aspettative per il futuro, circondati da amici fidati e pronti a sposarsi. Le cose sembrano cambiare quando Diego si sposta dalla sua amata periferia romana per restaurare l’appartamento di Viola (Aylin Prandi). Nonostante appartenga a un mondo completamente diverso dal suo, Diego rimane subito attratto dalla ragazza, iniziando così una relazione clandestina che porta alla luce alcuni insospettabili lati del suo rapporto con Cinzia.

Esordio cinematografico di Saverio Di Biagio, “Qualche Nuvola” fu criticato da qualcuno di essere “fuori tempo massimo” e persino “irreale”. Evidentemente per molti spettatori era inconcepibile un film con un muratore onesto e disponibile, una fidanzata che, per una volta, non è più antipatica della nuova arrivata e un prete dal comportamento esemplare e che non tollera le parolacce!

qualche nuvola
Qualche nuvola. PhotoCredit: Web

Al di là di questo, “Qualche Nuvola” è un film che soffre di alcuni dei classici limiti delle opere prime ma che non è per nulla disprezzabile. In particolare per il suo tentativo di narrare una storia d’amore in modo poco mieloso e anzi privo di melodramma. Perché spesso nella vita, i tradimenti e i matrimoni nascono e si disfano per motivazioni fin troppo umane.

qualche nuvola
Qualche nuvola. PhotoCredit: Web

Short Skin

venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

L’unica costante che sembra accomunare quasi tutti gli esseri umani durante il passaggio alla maturità è probabilmente la scoperta del sesso. È quasi incredibile constatare come questo argomento sia stato trattato in modo superficiale, ridicolo o addirittura al limite del tabù nel nostro cinema. Per nostra fortuna, ci sono titoli che tentano di affrontarlo senza alcun timore e “Short Skin” rientra in questa deliziosa categoria.

Duccio Chiarini non ha pretese. Non vuole comunicare una verità assoluta ma “solo” narrare una storia. Una storia di gente comune, abitanti di un’esistenza ordinaria in cui si possono scovare sempre riflessioni genuine e utili a ricordarci uno dei momenti più delicati della nostra vita.

short skin
Short Skin. PhotoCredit: Web

Quello di Edoardo (Matteo Creatini) è apparentemente il più classico racconto di formazione che abbiamo visto centinaia di volte al cinema o in televisione (e non dimentichiamoci degli stramaledetti libri!)…e di fatto un po’ lo è. Perché allora io, come spettatore, dovrei interessarmi a una storia del genere? Io credo perché in “Short Skin” ci sia tanta umanità.

Elemento che mi ha davvero colpito in “Short Skin” è l’attenzione rivolta alla sfera sessuale. Invece che puntare sulla goliardia tipicamente adolescenziale, il regista affronta la questione attraverso un ottimo equilibrio tra simpatia e amarezza. Quelli che possono essere ostacoli apparentemente insormontabili (aridità dei sentimenti, distanze geografiche, prospettive professionali ridotte all’osso) non trovano sicuramente una soluzione in maniera semplice e rapida ma solo noi possiamo renderla possibile.

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Short Skin. PhotoCredit: Web

L’Uomo Fiammifero

venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Genere cinematografico annoso ma non del tutto assente nel nostro panorama cinematografico è il fantasy. Eppure sono prodotti che seguono la “moda” del momento o quantomeno i gusti del pubblico odierno. Esistono quindi titoli che rappresentano il Fantasy più puro tra quelli prodotti in Italia? Uno di questi è sicuramente il piccolo film di Marco Chiarini, “L’Uomo Fiammifero”.

Un film girato con pochissimi soldi ma tanto cuore e si vede. “L’Uomo Fiammifero” ha una confezione limitata ma servita con ottimo mestiere, i personaggi sono semplici ed efficaci (compreso l’unica “star” del cast ovvero Francesco Pannofino), l’Abruzzo diventa uno scenario insolito ma efficace e soprattutto Chiarini fa quello che dovrebbe essere il lavoro di un grande cantastorie: stupirci con la sua immaginazione e magari anche divertirci ma senza dimenticare la realtà.

l'uomo fiammifero
L’uomo fiammifero. PhotoCredit: Web

Si può Fare

venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Sono molti i meriti di questo ritratto degli anni ’80, firmato da Fabio Bonifacci e Alessandro Genovesi e diretto da Giulio Manfredonia. A cominciare proprio dalla vicenda che ha come protagonista Nello (un Claudio Bisio in splendida forma), sindacalista iellato che viene trasferito presso una cooperativa ospitante pazienti dimessi dai manicomi, a seguito della legge 180. Ritrovatosi in una nuova realtà, Nello tenta di far comprendere ai suoi “dipendenti” problematici lo spirito di una vera cooperativa e, magari, aiutarli ad avere una vita relativamente normale.

Si può fare” è un film che si regge su elementi vincenti quali una regia misurata, un’ottima sceneggiatura, un cast ricco e ben diretto e soprattutto un buon equilibrio tra la commedia e l’impegno sociale. È proprio su quest’aspetto che il film mostra il suo più grande valore: raccontare il difficile vissuto di quelli che molti definiscono “gli scarti della società” con ironia ma senza scadere nel ridicolo (o peggio nella macchietta) e con il dramma sempre in agguato ma mai enfatico. Avercene di film così.

si può fare
Si può fare. PhotoCredit: Web

Ti Ricordi di Me?

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Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Questo film diretto da Rolando Ravello si basa sull’omonima opera teatrale di Massimiliano Bruno, con protagonisti Edoardo Leo e Ambra Angiolini (presenti anche nell’adattamento cinematografico). Stiamo parlando di una commedia garbata con protagonisti due “emarginati”. Lui è cleptomane e aspirante scrittore, autore di fiabe che guardano alla triste realtà con umorismo nero, e lei è sofferente di narcolessia e vittima di forti amnesie. S’incontrano, s’innamorano, si lasciano e si ritrovano ancora. E ancora.

Oltre la storia romantica atipica e problematica, il film di Ravello può contare su uno stile di racconto semplice e popolato da pochi ma riusciti personaggi, interpretati da attori in splendida forma (oltre a Leo e Angiolini, ottimi Paolo Calabrese e Susy Laude). “Ti Ricordi di Me?” è quel genere di prodotto che bisognerebbe realizzare più spesso, anche solo per ricordare uno dei massimi principi del cinema: raccontare una storia e renderla piacevole da guardare.

ti ricordi di me?
Ti ricordi di me?. PhotoCredit: Web

Saturno Contro

venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Come disse tempo fa un mio professore del Liceo (appassionato di cinema pure lui), Ferzan Ozpetek è IL Regista di un tema specifico: l’amicizia. Per questo e altri motivi, “Saturno Contro” rimane uno dei suoi titoli che preferisco e uno dei pochi melodrammi italiani che riescono a non annoiarmi ma anzi spesso a scuotermi.

Lo sguardo di Ozpetek è forse un po’ surreale ma mai cinico e nemmeno disonesto. Le schegge impazzite che popolano la sua storia sono esseri umani a tutto tondo: malinconici, irascibili, meschini ma spesso anche simpatici e fin troppo vulnerabili. Ozpetek vuole bene a tutti loro e rende contagioso tale affetto, grazie a una storia che vede una “famiglia allargata” di amici (interpretati da un cast in gran forma, supportati anche dalla presenza di gradevoli comprimari come la fantastica Milena Vukotic) alle prese con crisi personali e una grave perdita che minerà gli equilibri del loro rapporto.

Saturno Contro” non pretende di essere il dramma corale definitivo ma perlomeno può contare su una regia convinta e un autore desideroso di raccontare un dramma umano autentico e che possa fare bene al cuore. Perché quando Saturno è Contro, le rotture che ne conseguono possono comportare persino miglioramenti.

saturno contro
Saturno contro. PhotoCredit: Web

L’Intrusa

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Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Il secondo lungometraggio di Leonardo Di Costanzo rientra in un certo cinema “territoriale” che è diventato molto invadente al cinema e non solo. Siamo di nuovo a Napoli e per la precisione in un centro sociale gestito dall’energica Giovanna, donna consapevole delle difficoltà ma decisa a non perdere del tutto la propria bussola morale. Tali principi sono messi a dura prova con la comparsa di Maria e dei suoi due bambini, famigliari di un boss camorrista ricercato per omicidio. Le tensioni e le diffidenze create dalla donna cresceranno sempre di più e per Giovanna non sarà per niente facile prendere la decisione giusta e allo stesso tempo più pratica.

Di Costanzo ci sa fare. Lo sguardo che rivolge agli ambienti e ai personaggi è quello di un documentarista navigato che cerca anche di scuotere gli animi senza però ricorrere alla retorica più facile. Le riflessioni morali ci sono ma il regista riesce a rendere un contesto quotidiano crudo e a tratti agghiacciante, quasi naturale (i bambini che parlano con noncuranza di criminalità e morte). La stessa Giovanna è un personaggio ancorato alla nostra realtà, essendo non una paladina della giustizia ma piuttosto una donna che vuole credere ancora nell’esistenza di buoni valori come la fiducia e il rispetto reciproco.

L’Intrusa” non è un film per il grande pubblico ma risulta invece uno spaccato sociale convincente e ipnotico nel suo insieme. Avercene.

l'intrusa
L’Intrusa. PhotoCredit: Web

Il Papà di Giovanna

Venti film italiani
Venti film italiani. PhotoCredit: Web

Se c’è un genere che si è un po’ perso nel nostro cinema è il dramma storico. Quando è stata l’ultima volta che avete visto una pellicola ambientata nell’Italia dei primi anni del Novecento? Fu per me una sorpresa quindi vedere “Il Papà di Giovanna”, uno dei migliori film di Pupi Avati e uno di quelli che bisognerebbe riscoprire più spesso.

Avati non è nuovo ai rapporti famigliari complicati e solitamente è molto abile nel renderli appetibili a un pubblico esigente. “Il Papà di Giovanna” conferma tale abilità, regalandoci un solido dramma popolato da personaggi fin troppo umani e schiacciati da un destino beffardo. Il regista azzecca inoltre la ricostruzione storica e tira fuori il meglio dal piccolo ma vitale cast, soprattutto dal bravissimo Silvio Orlando che si porta sulle spalle l’onere di dare vita a un personaggio non semplice e che non riusciamo a giustificare fino alla fine. “Il Papà di Giovanna” non offre infatti soluzioni ma solo riflessioni. E questo non è un male, qualche volta.

il papà di Giovanna
Il papà di Giovanna. PhotoCredit: Web

Basilicata Coast to Coast

basilicata coast to coast
Basilicata Coast to Coast. PhotoCredit: Web

Basilicata Coast to Coast” è la cosa più vicina a un racconto picaresco, ambientato ai giorni nostri e con uno degli scenari più bizzarri mai visti: la Basilicata. La storia è quella di una sgangherata banda musicale soprannominatosi “Le Pale Eoliche”. Nicola (Rocco Papaleo) è un insegnante di matematica che ama la musica, Rocco (Alessandro Gassman) è un affascinante divo televisivo che però non riesce a trovare lavoro da due anni, Salvatore (Paolo Briguglia) studia medicina ma non è laureato ed è sfortunato in amore e Franco (Max Gazzè) è un eccentrico falegname che si è votato al silenzio dopo la perdita della donna amata.

I quattro non sono uomini dalle grandi ambizioni eppure cercano, quando possono, di abbandonare la loro vita quotidiana per suonare come se non ci fosse un domani. Decisi a partecipare al festival musicale di Scanzano Jonico, Nicola propone di organizzare una sorta di pellegrinaggio che possa aiutarli a riscoprire il senso della loro vita.

L’idea è semplice, i personaggi sono simpatici e realistici nelle loro condizioni e nevrosi e la Basilicata è uno di quegli scenari che si dovrebbero vedere più spesso al cinema. Ciò che sorprende di questo film è anche il sottotesto amaro che lo permea sin dall’inizio, senza però renderlo melodrammatico o patetico. Perché l’insegnamento di questo film è semplice: certe volte dobbiamo vedere le nostre aspettative infrante e i desideri accantonati ma non bisogna mai smettere di sognare.

basilicata coast to coast
Basilicata coast to coast. PhotoCredit: Web

Che vuoi che sia

che vuoi che sia
Che vuoi che sia. PhotoCredit: Web

I tempi sono cambiati. La tecnologia ha fatto passi da gigante e adesso governa le nostre vite. A volte, grazie ad essa, riusciamo a mostrare un lato artistico e spesso umano che non credevamo di avere ma talvolta fa anche scaturire il peggio di noi stessi. La condivisione di opinioni spesso permette conversazioni costruttive ma mette anche a rischio il nostro raziocinio e spesso la nostra dignità. Il film di Edoardo Leo parla proprio di questo.

Che vuoi che sia” non è “Black Mirror” ma non ne ha bisogno, dato che il materiale è tutto davanti a noi. Precari che hanno studiato ma che non riescono a trovare finanziamenti o impiego, giovani privi di talento ma a cui basta un portatile e un’esibizione degna di un avanspettacolo di quarto livello per diventare celebri, anziani che a malapena sanno cos’è il web e soprattutto una quasi totale incapacità di capire cosa è giusto o sbagliato in un’epoca in cui la dignità sembra l’ultima delle nostre preoccupazioni.

Grazie ad una sceneggiatura che fila liscia nei suoi tre atti e servita da una regia che conferisce ritmo ad un film che comunque si regge non tanto sulle azioni ma bensì sui rapporti spesso assurdi ma per questo più reali tra i vari personaggi, “Che vuoi che sia” è molto esplicito nella sua tesi: i tempi sono cambiati e apparentemente non nel modo migliore eccetto per i rapporti umani. E in fondo cosa volete che sia un video porno in confronto alla possibilità di concepire una nuova creatura che popolerà questo folle, talvolta becero ma anche irresistibile mondo?

Che vuoi che sia
Che vuoi che sia. PhotoCredit: Web

Nuovomondo

Nuovomondo
Nuovomondo. PhotoCredit: Web

Il film che rivelò il talento di Emanuele Crialese è quello che esprime non solo la poetica del suo autore ma anche il dramma dell’emigrazione da un punto di vista più storico e “interno”. Non osserviamo, infatti, le vicende di una famiglia dei giorni nostri ma quelle del vedovo Salvatore Mancuso (Vincenzo Amato) all’interno dell’appena giunto XX Secolo. L’uomo è insoddisfatto della sua terra e prende la decisione di partire, insieme alla famiglia, verso il Nuovo Mondo, apparentemente ricco di opportunità e ricchezze.

È difficile trovare qualcuno come Crialese, ovvero un regista che ha saputo cogliere pienamente lo spirito di uno degli aspetti più “scomodi” del nostro passato. Non cercando una furba sottigliezza ma anzi sbattendoci in faccia la cruda realtà. Il “Nuovomondo” non è rappresentato solo dalla fantomatica America che si ergeva come terra delle opportunità ma da una, per l’appunto, nuova realtà che sconvolge l’esistenza dei Mancuso. Costoro sono i rappresentanti di quel Vecchio Mondo che Crialese ci mostra con uno sguardo commosso poiché sono gli “eroi” ideali per una genuina ricerca della bellezza (la Lucy di Charlotte Gainsbourg) in un’era che li sta, inevitabilmente, schiacciando.

Nuovomondo” ha raccolto molti ammiratori (cinefili ma non solo) nel corso degli anni ma non è spesso apprezzato per il suo grande valore, al di là dell’innegabile talento di Crialese come regista. Si tratta, infatti, di quei rari casi di un cinema non solo bello da vedere ma anche necessario per vivere.

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Nuovomondo. PhotoCredit: Web

La Bellezza del Somaro

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Venti film italiani. PhotoCredit: Web

La Bellezza del Somaro” è un film particolare nella filmografia di Sergio Castellitto. Rispetto ai suoi più ben noti drammi umani, qu ci troviamo più sul territorio di un certo cinema europeo (francese, inglese ma persino echi a Bergman e alla letteratura russa) che spesso divide pubblico e critica con enorme facilità. Il motivo principale? È un film che osa.

La Bellezza del Somaro” ha una delle trame più classiche del mondo ma è il modo con cui viene esposta che colpisce nel segno. Castellitto riesce a sorprenderci con una comicità molto surreale, spesso graffiante e cinica ma contestualizzata e soprattutto (questo sì che è un miracolo) con un senso del grottesco ben congeniato che non sembra mai gratuito.

Oltre a questo, “La Bellezza del Somaro” riesce anche a trattare in modo interessante e, per una volta, non eccessivamente stereotipato il rapporto burrascoso tra genitori e figli, mostrando entrambi i “fronti” con le proprie motivazioni ma anche colpe e tic nervosi.

La bellezza del somaro. PhotoCredit: Web

Per scoprire gli altri titoli, vi aspettiamo la prossima settimana. Stesso luogo, stessa ora!

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