L’evento VIA FANI 16 MARZO 1978 si è svolto il 16 marzo ed è stato ricco di emozioni: la proiezione del cortometraggio “Valeria”, oltre alla la mostra fotografica: “I particolari della cronaca” ed infine l’intervento dell’Onorevole Gero Grassi che ci ha rivelato tutta la verità sulla morte di Aldo Moro.
Si è svolto ieri pomeriggio, presso ALTRO SPAZIO, in via tiburno 33, a Roma, l’evento VIA FANI 16 MARZO 1978. Una serata in onore di Aldo Moro, il giurista italiano ucciso il 9 maggio 1978 dalla Brigate Rosse.
Durante l’evento ha partecipato l’Onorevole Gero Grasso, dal 2014 presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul rapimento di Aldo Moro, ed è stato proiettato il cortometraggio “Valeria”, realizzato da Matteo Pizziconi e Valerio Schiavilla, oltre alla mostra fotografica di Matteo Pizziconi: I particolari della cronaca, di Matteo Pizziconi.
Ieri, 16 marzo 1978, dopo 40 anni dal rapimento di Aldo Moro, per non dimenticare uno delle pagine più tragiche della storia italiana, CineMa.V, casa di produzione cinematografica, ha presentato l’evento.
Il cortometraggio “Valeria” è stato girato nel giugno 2017 e vede come protagonisti due giovani attori, Maria Cristina Capogrosso e Riccardo Giacomini.
Una trama semplice, comune, tenera, che non lascia troppo spazio all’immaginare un finale tragico, che lascia col fiato corto.
Una giovane coppia è a cena, è il 15 marzo 1978. Lei, dolcissima, lui sveglio e divertente che la guarda innamorato. Dialoghi semplici con sguardi complici “Che pensi di Sanremo?”, “Oh, ma hai visto come era vestita Anna Oxa?”.
Lui però non vuole fare tardi, ha un cambio turno il giorno dopo per sostituire un collega. Lei si altera un pò… “Possibile che devi sempre fare favori agli altri? Tu sei troppo buono”.
I due poi, dopo uno scambio di sorrisi, vanno via.
Il giorno dopo lui rimane ucciso nell’attentato ad Aldo Moro. Era Franco Zizzi, uno dei membri della scorta del presidente del Consiglio Nazionale della DC.
Breve, intenso. Un corto che lascia poco adito alle parole, fa pensare, riflettere. Vite semplici, vite che amano la vita, distrutte all’improvviso dalla crudeltà infondata.
Abbiamo fatto qualche domanda gli autori del cortometraggio, Matteo Pizziconi e Valerio Schiavilla
Matteo ci spiega come è nata la passione per il caso Moro:
“Io con Moro ci sono cresciuto. Vivendo a Roma in quel periodo, anche se ero molto piccolo, ho sentito sempre parlarne tanto. Quindi nel corso degli anni ho seguito le varie vicende del caso, i processi e così via… Cercando di essere sempre attento agli sviluppi del caso.
E poi è il fatto più rilavante mai accaduto da quando esiste l’Italia, non potevamo non trattarlo, facendo questo lavoro. Nell’ideare il corto abbiamo scelto un punto di vista originale: persone comune che vivono l’accaduto all’interno di un contesto totalmente “normale”.
Qual’è il loro obiettivo?
“Il nostro scopo è far conoscere, non denunciare. Ci siamo tirati fuori dal sistema. Ci siamo soffermati sugli uomini, sulla gente normale per la gente normale. Politicizzare non è nel nostro interesse. A noi interessa solo raccontare una storia che serva alla memoria”, così afferma Matteo.
Altri progetti
Valerio, ci parla dei loro progetti, sia passati sia futuri:
“Abbiamo già realizzato altri progetti. Uno su “Ustica” e uno sulla “bomba di Bologna”, che ha partecipato già a molti concorsi. Abbiamo anche altri progetti, peccato che manchino i fondi. Siamo auto-prodotti, per fortuna che abbiamo l’appoggio di altre persone che condividono le nostre passioni, altrimenti non riusciremmo a realizzare tutte queste cose”.
Dopo la proiezione di “Valeria”, è intervenuto l’Onorevole Gero Grassi, invitato all’evento da Matteo e Valerio.
Matteo pizziconi al riguardo afferma:
“Gero Grassi negli anni ha scoperto molte cose… tant’è che gli interventi che ha fatto in giro per l’Italia sono aumentati in maniera consistente. La verità processuale, che è la Gazzetta ufficiale stilata nel dicembre 2016, racchiude tutto il lavoro della commissione. E’ ricca di dettagli, che prima non erano stati mai esposti. E’ chiaro che c’è ancora tanto da capire e tante posizioni da vagliare”.
Le parole dell’ Onorevole sono dirette, dritte al punto, chiare. E ci parla di “dramma”.
“É un dramma, con famiglie sconvolte dopo 40 anni”. Ripete le parole pronunciate da Moro “Io ci sarò sempre come punto di riferimento per evitare che del paese si faccia quel che se ne fa oggi”.
Il fatto che noi siamo qui, a prescindere dalle proprie valutazioni politiche, a ricordare il 16 marzo, ci unisce.
“Io lo ricordo benissimo, stavo andando all’Università di Bari e non ci andai più” sorride. “Quel giorno feci il primo comizio della mia vita, avevo meno di 20 anni e parlai nella Piazza della mia città, Terlizzi. Parlai per il movimento giovanile della DC, prima di me parlò il segretario della FGC, l’onorevole Nicky Vendola, che aveva già 10 anni di comizi alle spalle, lui era nato con i comizi, per me invece era la prima volta e avevo il terrore”
Continua, “Noi ragazzi, il 16 marzo, invecchiammo, e, provenienti da una generazione che non aveva vissuto la guerra, non eravamo pronti al dramma del terrorismo”.
Grassi ricostruisce in breve la mattina del 16 marzo:
“Aldo Moro si sveglia alle 6 ascolta la radio e legge i giornali. La moglie gli stira l’abito. Barba, doccia, alle 7 la colazione. A casa Moro vive Luca, il figlio di Maria Fida, nato nel 1975. Luca è lì perché Maria Fida dopo aver subito un intervento non può sollevare il bambino, così il piccolo dorme con i nonni.
Aldo Moro la mattina, prima di andare a votare la fiducia per il governo Andreotti in parlamento, va a Messa, nella Chiesa di Santa Chiara. Quella mattina alle 8 Moro , insieme a Luca, apre l’uscio di casa per prendere l’ascensore. Dall’ascensore esce Maria Fida che affannata dice a sua padre di non portare Luca quella mattina. E cosi accade.
Luca per molto tempo dirà “Nonno Aldo l’ho morto io”, volendo dire di averlo mandato a morire dopo essere andato via con la madre. Aldo moro il 15 marzo aveva parlato con il Capo della Polizia dicendogli che temeva di essere ucciso.
La dinamica del 16 marzo
Il 1° agosto 1980, Eleonora Chiavarelli, vedova Moro, dice
“Mio marito non ha mai portato con se danaro, perché considera il danaro “veicolo di sporcizia”, lo portava nel portamonete in una borsa”. Dice questo perché quando le viene riconsegnato il cadavere del marito, in tasca c’erano 1900 Lire, e dichiara difronte il magistrato “Affermo questo orche gli ho stirato l’abito e lui si è vestito in mia presenza. Aveva questi soldi perché forse lo avevano liberato… ed altri lo hanno ucciso”
“Signora ma è una sua supposizione?”, chiede il magistrato. Lei risponde “sì”.
Il 15 marzo, il titolo del giornale OP di Pecorelli fu “ Chi sarà il Novello Bruto che alle Idi di Marzo ucciderà Cesare, futuro Presidente della Repubblica?”
Il 14 marzo alla Sapienza di Roma, dopo una lezione, il professore Francesco Tritto, ricorda a Moro che il 16 marzo ci sarebbe stata una seduta di Laurea e afferma “glie lo ricordo perché potrebbe essere la sua ultima seduta di Laurea. Lo sanno tutti che a breve verra eletto presidente della Repubblica”.
E Moro risponde “Professore lei è affettuoso, ma ingenuo. Non sarò mai eletto Presidente perché farò la fine di John Kennedy ucciso a Dallas il 22 novembre 1963″. I due hanno infatti una cosa in comune: entrambi hanno emesso moneta. Kennedy i 2 dollari e Moro le 500 Lire cartacee.
La verità, come è morto Moro.
Per anni tutti abbiamo ritenuto che la verità su Aldo moro fosse il Memoriale Morucci- Faranda, che raccontava tutta la dinamica del rapimento e che diventa la verità giudiziaria senza prove.
Il Memoriale dice che Moro viene ucciso alle 6:30 di mattina. Ma recenti indagini ci dicono che l’orario esatto della morte corrisponde alle 4:35. Prosegue affermando che i colpi di pistola fossero stati 11, mentre erano 12 i colpi veri. I due terroristi in tribunale dicono che Moro era morto sul colpo mentre sul bavero dell’abito di Moro c’ero un rigurgito salivare di almeno 20 minuti dopo essere stato sparato.
Moro aveva una ferita sul pollice, ma nell’auto, una volta ritrovato era disteso con a faccia verso il tettuccio con la mano dietro. Il colpo passante non c’era perché i 12 colpi che uccisero moro sona rosata intorno al cuore. I colpi vanno dal basso verso l’alto, quindi chi gli ha sparato era più basso di lui.
Tutto ciò ci dice che Moro non era nella Renault quando gli hanno sparato.
Lo Stato che fa?
Ci sono due foto del cadavere di Moro. Grasso afferma di averla viste. Ritarevano Moro con in testa un passamontagna color rosa pallido. Era anomalo, senza buchi e arrivava all’ombelico.
In realtà era la pelle. Lo avevano squoiato per analizzare se avesse nel corpo sostanze stupefacienti e per dimostrare che quello che aveva scritto nei 55 giorni non era il suo pensiero.
Lo stato tenta di dimostrare che Moro era Pazzo.
Il Memoriale era frutto di un accordo con Cossiga che afferma di averlo avuto nel 1990, quando irrealtà era esistente una copia già nell’88. Cossiga lo manda ad Antonio GAva al ministro degli interni. Tanto che la prigione di via Montalcini viene indicata prigione per deduzione.
Scopriamo che nel ’78, in via massimi 91, Prospero Gallinari viene protetto per due mesi nella casa di due coniugi insospettabili e insospettati. Lui collaborava con la NAto, lei una docente universitaria. Questa zona venne individuata come possibile prigione di Moro.
Grassi celebra Moro, ripetendo le sue parole:
“Questo paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera e non sorgere un nuovo senso del dovere. Io ci sarò sempre come punto di riferimento, per evitare che del paese si faccia quel che se ne fa oggi. Attenzione ai giovani, perché senza giovani non c’è futuro soltanto attraverso i giovani il paese potrà crescere. Loro hanno i loro meriti e le nostre colpe. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo, se ci fosse luce sarebbe bellissimo”.
Grassi infine afferma di aver conosciuto Aldo Moro a 5 anni, incuriosito dal ricamo di sua nonna sulle lenzuola “Vota Aldo Moro”. Lo conosce durante un comizio a Terlizzi, sua città natale. Lì Moro parla della scuola “ la scuola deve basarsi sul merito e il costo per far studiare il figlio dell’operaio non è spesa, ma investimento. Perché senza la scuola il paese non crescerà mai”.
Questo era Aldo Moro.
Interessante è stato anche il successivo intervento dell’Onorevole Benedetto Nicotra. Il quale ha sottolineato che ciò che accade oggi nel paese non è un capolavoro di democrazia, ed invita i giovani ad impegnarsi, a far sentire che nella società non è il potere della finanza che deve contare, ma la possibilità che ciascuno esprima la sua personalità come punto di riferimento, di partenza e di arrivo di qualunque società o comunità.
“Siamo Canne pensanti, cerchiamo di dimostrare nel nostro impegno familiare, scolastico e politico che siamo canne pensanti”.
Inoltre, a rendere ancora più interessante l’evento è stata la mostra fotografica di Matteo Pizziconi: I particolari della cronaca, in cui ogni foto è un particolare caso di cronaca.
Al riguardo Matteo ci spiega:
“Noi abbiamo scelto, di ogni caso di cronaca, un particolare che c’ha colpito e su quello abbiamo lavorato per reinterpretarlo”.
Ecco alcune foto che ci hanno particolarmente colpito:
Un evento che ha commosso ed emozionato tutti, specie chi ricorda Aldo Moro come un grande uomo che amava il suo paese e la sua gente, promulgatore dell’istruzione e della democrazia, che è stato ucciso, ingiustamente.
Martina Onorati