Il mondo del calcio non racconta soltanto storie a lieto fine. Anzi, la “buona novella” si realizza per un solo club per competizione. Tutti gli altri sono relegati al ruolo di spettatori. Ma, a volte, una sconfitta può diventare più leggendaria di un trofeo, di una vittoria. Non per il ko, ovviamente. Bensì per la cavalcata straordinaria che ha alimentato un sogno imponderabile. La storia del Vicenza in Coppa delle Coppe rientra certamente nelle favole sportive italiane che sono riuscite ad appassionare tutti. Una corsa pazzesca interrotta a Londra, a “Stamford Bridge“, contro il Chelsea dei nostri Roberto Di Matteo, Gianfranco Zola e Gianluca Vialli.
Un Vicenza straordinario sfida il potere
Da un lato lo strapotere del Chelsea di Mark Hughes, Frank Leboeuf, Dan Petrescu e degli italiani mentre dalla parte opposta la favolosa classe operaia del Vicenza di Francesco Guidolin che schierava Pasquale Luiso, Massimo Ambrosini, Lamberto Zauli, Pierluigi Brivio e Marco Schenardi. Ma potremmo citarli tutti: quella squadra aveva stupito l’opinione pubblica in Italia ed arrivò a spaventare tutta Europa.
Torniamo alla magica cavalcata europea. I biancorossi arrivarono alla semifinale di Coppe delle Coppe dopo aver eliminato durante il cammino Legia Varsavia, Shakhtar Donetsk e Roda JC. Una città in apoteosi, una regione col fiato sospeso che veniva osservata con estrema ammirazione dal mondo intero. Prima del sorteggio, Guidolin aveva espresso un innocente pensiero: “Se potessi scegliere eviterei il Chelsea“. Preghiera inascoltata dal Dio del Calcio. L’urna malefica sentenziò la sfida anglo-italiana nella semifinale di Coppa delle Coppe. Ma non importò, nessuno si scompose più del dovuto: quel Vicenza aveva acquisito la licenza di stupire. Ed il Chelsea lo sapeva bene.
La doppia semifinale di Coppa delle Coppe
L’andata del “Romeo Menti” si palesò con un nefasto presagio. Pioveva. Francesco Guidolin ci scherzò su nel pre-partita: “Il Chelsea è talmente più potente di noi che ha trasportato qui il tempo inglese”. Ma quel Vicenza non poteva essere abbattuto nemmeno dal “potere climatico” dell’avversario. Uno stadio colmo, vibrante ed appassionato abbracciò i propri beniamini in quella serata di inizio aprile. Era esattamente il 2 aprile 1998. Una data entrata di diritto nella storia del club veneto. Fu un dominio dei padroni di casa: la gara terminò 1-0 grazie alla rete griffata da Zauli al 16′. Una vittoria può lasciare l’amaro in bocca? Sì. I biancorossi non riuscirono a concretizzare le tante palle goal create e quel risultato magico, ma striminzito, risultò determinante nelle sorti della qualificazione.
Il Vicenza pagò la scarsa vena realizzativa del “Romeo Menti” a caro prezzo. Ma il Dio del Calcio fu ancor più crudele con i veneti. In un’atmosfera incandescente, Luiso spense il ruggito di “Stamford Bridge” segnando il vantaggio dei suoi al 32′. Forse, in quel momento, i biancorossi si scordarono il loro cammino, il motivo per il quale stavano staccando il pass per l’incredibile finale. Oppure tutto lo stress venne a galla in una sola volta falcidiando le speranze di una squadra straordinaria. Ma qualcosa si ruppe, anche solo la magia. Poyet, Zola e Hughes trafissero una volta a testa Brivio e ribaltarono le sorti della qualificazione.
Chelsea avanti, “Lane Rosse” eliminate. Torniamo all’incipit del nostro amarcord: le sconfitte che restano positivamente nella leggenda. Il Vicenza si fermò bruscamente ad un passo dalla finale quel 16 aprile 1998. Quel ko, ancora oggi, racchiude l’orgoglio di una società storica che, attualmente, combatte nelle serie minori del nostro calcio. Una sconfitta storica al culmine di una cavalcata pazzesca: perché dire: “Io c’ero, io me lo ricordo con orgoglio”, equivale ad aver vinto quell’edizione della Coppe delle Coppe 1998.
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